Vincenzo Ridolfi Valentini, esploro le viscere della mia terra per ritrovarne la storia

di Nicole Chiassarini

Abbiamo pensato che solo chi entra nelle viscere della terra può vedere la piccola cosa e darne il senso della grandezza. Vincenzo Ridolfi Valentini lo abbiamo scoperto per il pregio della sua fotografia, di come le sue foto riescano ad esprimere l’ambiente ed il particolare. Dalla sua narrazione abbiamo scoperto che è tante cose, studioso, speleologo, curioso, il tutto espressione non solo di una passione, ma di un amore grande per quel paesaggio dell’Agro falisco che in pochi conosciamo nella sua immensa valenza storica oltreché per la bellezza naturale.

Una laurea in Agraria all’Università della Tuscia, per seguire quel percorso che l’ha portato, oggi a 39 anni, a diventare agricoltore e mastro frantoiano, e condurre un’azienda agricola. Ma la vita di Vincenzo Ridolfi Valentini è fatta di curiosità e scoperta, nonché per quell’amore per l’ignoto che lo ha portato a diventare speleologo, alla ricerca di luoghi magnifici sulle tracce della tradizione falisca, ad apprezzarne caratteristiche e potenzialità.

Il suo cognome infatti, oltre che nel rispetto delle donne, ci riporta proprio alla popolazione dei Falisci, molto matriarcale. “Il doppio cognome è una tradizione di famiglia – ci racconta Vincenzo Ridolfi Valentini. Siccome sono anche figlio di mia madre, lo affianchiamo sempre al nome di gens. Un omaggio alle donne che ci riporta alla cultura falisca, una popolazione matriarcale, tant’è vero che nei vari rilievi speleologici nelle tombe a camera di epoca falisca, quelle più grandi con il cuscino scolpito nel tufo erano per la matriarca. Avevano sempre un posto centrale, sia in famiglia, sia a livello politico e sociale”.

Vincenzo è membro della Fondazione Corchiano, nata circa dieci anni fa. Si occupa di Ricerca e Studio nei territori dell’Agro Falisco, in merito ad aspetti storici, culturali, archeologici e ambientali, di entrare in questi nuovi mondi per esplorarli e riportare a noi nuove scoperte e conoscenze.

“Operiamo anche su tutto il Lazio, dove c’è un mistero da risolvere, io mi occupo del gruppo speleologico. Vivendo a Corchiano, quando ero piccolo, non avevamo grandi attività da svolgere, quindi il mio passatempo era quello di infilarmi nelle grotte paleolitiche che ci offrono queste forre. La mia prima esplorazione risale all’infanzia, entravamo ancora con le candele. La prima ufficiale però, con la Fondazione, come gruppo speleologico, l’ho fatta con il botto. Assieme al mio amico Stefano Ortenzi, abbiamo ritrovato, infatti, l’acquedotto fescennino falisco. Una grande scoperta che passa proprio sotto i piedi dei corchianesi”.

Nella speleologia i componenti della spedizione sono una cordata che si fida reciprocamente l’uno dell’altro. Amici con i quali si passa del tempo di grande qualità, ad ammirare e scoprire le maestosità che ci regalano natura e storia.

Infatti, le emozioni sono infinite e sempre nuove, anche quando si tratta della stessa forra o grotta vista più volte. Nel caso di Vincenzo, la scoperta più emozionante è sicuramente quella della grotta paleolitica rinominata Iacint, in onore di Giacinto, un cacciatore che per sbaglio si imbatté nel suo ingresso, dando la possibilità a Vincenzo e il suo gruppo di portare alla luce un tesoro speleologico e archeologico.

“Una grotta paleolitica intatta, di circa 200 mq, su due livelli. Nella cavità inferiore, che si accede tramite un pozzo, aveva e ha il pavimento intatto, non era mai stato calpestato da nessuno da 40 mila anni. Lì, c’è tutta la storia dell’umanità”.

Ma un tema molto caro a Vincenzo è anche quello dei cambiamenti climatici, i quali rischiano di poter, un giorno, far finire per sempre questo che oggi iniziamo a conoscere meglio.

“Parlo sia da agricoltore che da appassionato di forre. Queste sono un gioiello della natura e hanno avuto la fortuna di non essere antropizzate, mantenendo l’aspetto originale preistorico, quella verginità che le rende, appunto, la spia d’allarme di tutto quello che avviene a livello globale. Tutti i cambiamenti che avvengono, lì si verificano e si possono vedere in maniera amplificata. La forra è viva a livello geologico, quindi la preoccupazione è che, venendo meno alcune varietà arboree, le radici che stanno ancorate sulla forra verranno a mancare. Come Fondazione ci stiamo adoperando per preservare il discorso geologico della forre, oltreché botanico”.

Vincenzo, assieme alla Fondazione Corchiano, si occupa della ricerca e della valorizzazione, perché è importante poter continuare a vivere e scoprire luoghi che hanno letteralmente fatto la storia dell’umanità che conosciamo oggi. Per vedere le meraviglie che esistono sotto terra non serve andare molto lontano. Tutto il basso Lazio, infatti, è composto da infiniti cunicoli e percorsi sotterranei. Una tesoro per gli occhi, soprattutto per gli amanti della speleologia.

“Il mio sogno e progetto, nonché della Fondazione stessa – conclude Vincenzo –, è quello di esplorare le cavità sotterranee del borgo di Corchiano e magari creare un percorso speleo-turistico di una Corchiano Sotterranea”.

Corchiano è un luogo da riscoprire per condividere il viaggio verso una corretta conservazione, valorizzazione e fruizione del territorio di cui Vincenzo Ridolfi Valentini è un appassionato garante.

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI