Valerio Villani: orgoglioso di associare la mia arte a Viterbo

Rossella Cravero

C’è tanto orgoglio nel suo essere romano, ma nel rivendicare Viterbo come scelta di vita. C’è un’ostinata volontà nel portare al di là dei confini regionali e nazionali il nome della Città dei Papi come propria residenza e rifugio creativo. Valerio Villani, pittore, ha deciso di mettere le sue radici nella Tuscia, sposandosi, facendo nascere qui la figlia, dopo esserci approdato nel 1999. A far scattare l’amore è stata l’Accademia di Belle Arti. A fargli scuola nomi importanti da Alessio Paternesi a Gabriele Simongini a Felice Ludovisi.

«Quando sono arrivato era appena andato via Vespignani, ma era l’aria che si respirava a fare la differenza». La passione per i pennelli l’ha ereditata dalla mamma. Poi i fatti della vita segnano strade impensate. All’inizio era Sociologia a Roma, poi la perdita dei genitori, e i lavori di ogni tipo per andare avanti e pagarsi gli studi. Ed è stato proprio uno di questi lavori che lo ha portato a Viterbo, ma qui l’amore per l’arte ha trovato la sua dimensione.

«Quando sono entrato in Accademia ero uno dei più grandi, io avevo già 26 anni. Ero quello che restava di più in aula, mi fermavo a pulire, a mettere a posto, avevo bisogno di prendere tutta l’energia che trovavo in quel luogo. L’Accademia è una tappa e non un punto d’arrivo, è il tuo impegno a fare la differenza. Fare pittura e saper dipingere sono cose diverse a me mancava il “fare pittura” ed era quello che cercavo, Paternesi mi ha dato tanto».

L’impegno costante, a testa bassa, ha portato i primi frutti. Villani viene notato, nel 2012 è scelto da Claudio Strinati e inserito nel premio Catel. Selezionato con una natura morta, lascerà spazio, successivamente, alla rappresentazione della figura umana perché è questo che Villani ormai mette sempre al centro delle sue opere. La possenza del corpo che travalica l’essenza dell’essere e viceversa, in un surreale che fa i conti tra le luci e le ombre che albergano in ognuno, «un po’ come la nostra vita, sempre in bilico tra il lato malinconico e angosciante e la luce abbagliante che ci illumina quando decidiamo di metterci a nudo anche di fronte agli altri».

Villani che non vuole chiamarsi artista, ma rubando una citazione di Paternesi, si definisce un “pescatore di immagini” trova spazio in Austria, Germania, Inghilterra, Svizzera, lo scorso anno viene selezionato per il catalogo curato da Philipe Daverio, nel 2017 arriva secondo al premio Tommaso Cascella, quest’anno si è aggiudicato il premio Palladio 2019, “Italian Portraits Exhibition”.

Lei dichiara tanto amore per questa città eppure qui non è conosciuto?

«E’ vero, qui non ho mai fatto nemmeno una mostra. Ma non ha importanza. E’ difficile muovere qualcosa in questa realtà. Ho delle persone care , con cui mi confronto, primo tra tutti l’architetto Giorgio Pulselli. A Viterbo con un’associazione culturale ho avviato una scuola di pittura che mi dà grande soddisfazione. Lavoriamo sull’emozione del disegno. Saper dipingere è un’abilità tecnica che si ferma lì se non arrivi all’emozione. Quando sperimenti e riesci ad andare oltre le regole, solo allora, secondo me, si può parlare di pittura».

C’è domanda in questo campo?

«Quest’anno i corsi li facciamo a Santa Barbara all’oratorio, perché don Claudio sta facendo da tempo un lavoro molto importante di rivalutazione del quartiere con un polo didattico culturale. Vengono proposti corsi con sconti per gli over 65 e under 17. L’obiettivo è divulgare cultura. Questa è una passione, dove guadagno nel vedere la gente contenta di dipingere quello che non pensava di essere in grado di fare».

Questa città, tanto chiusa tra le sue mura, riesce a ispirare una mente creativa

«Certamente sì. A testimoniarlo i tanti ragazzi americani che passano ore a disegnare le nostre fontane e i nostri palazzi, bisogna avere la sensibilità per vedere tutto con gli occhi dell’emozionale e non solo dell’analitico».

Se dovesse dare consigli a un giovane che vuole intraprendere la sua strada ?

«Ci vuole tanta passione, ci si deve adattare, pensare di vivere con l’arte non è facile. Io mi sono creato un giro di collezionisti, interessati alle mie opere. Poi lavoro con i falsi d’autore in questo settore a Viterbo c’è richiesta. Inoltre ho fatto la scelta di un’arte approcciabile, ai giorni nostri non ha senso richiedere cifre alte per le opere, resterebbero invendute Tutto il mercato ha avuto una forte contrazione».

Com è la vita di un’artista?

«Come quella di una persona qualunque. Devi fare i conti con la quotidianità, io accetto anche lavori saltuari di tutti i tipi per un reddito certo. Poi mi ritaglio il tempo da dedicare all’arte. Oggi rispetto a ieri, avendo ottenuto una visibilità maggiore, posso permettermi anche di scegliere e di ritagliarmi degli spazi tutti miei per lavorare. Per anni, la pittura è stata la mia compagna notturna. Per me dipingere è liberatorio. Non penso mai a quello che sto per produrre come qualcosa che possa interessare a qualcuno o avere uno scopo preciso. Ho sempre un taccuino con me e tutto ciò che mi ispira lo catturo, dovunque sono e in qualsiasi momento».

 

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