Sergio Cesarini, uno storico appassionato alla scoperta della Viterbo che sta “sotto”

di Donatella Agostini

Oggi vi porteremo a fare un viaggio nel grembo misterioso e accogliente della nostra città. Ma non pensate solo a cunicoli, grotte e passaggi segreti, che sappiamo esistere sotto i nostri piedi: visitare Viterbo Sotterranea non è soltanto questo. Il nostro sarà un sorprendente viaggio di terra, acqua e stelle; un vertiginoso salto agli albori della civiltà umana, e un rotolare rapido nei millenni per ritornare ai giorni nostri. Ci accompagnerà una guida d’eccezione, Sergio Cesarini, fondatore di Viterbo Sotterranea e di Tesori di Etruria, sorta di marchio che contraddistingue una serie di punti di accoglienza turistica dislocati in città e in provincia. Per cominciare la sua narrazione, Cesarini sceglie un tavolo vicino alla fontana di piazza della Morte. È qui che è sorto il primo bookshop di Tesori d’Etruria, in cui trovare prodotti tipici della nostra terra e punto di partenza per visite guidate; è qui che è stato aperto, sei anni fa, il primo accesso a una piccola e suggestiva parte di Viterbo Sotterranea. Intorno, i rumori attutiti di una città che, indifferente, continua la sua vita frenetica di superficie. «Mi piace molto il suono dell’acqua», esordisce Cesarini, nativo di Tarquinia, indicando la fontana a fuso che zampilla quietamente. «Crea armonia e concentrazione. E questa bellissima fontana… Se io la mostro e non dico che è una delle più antiche fontane medievali d’Italia, non creo coinvolgimento, empatia nel visitatore. Ai miei collaboratori dico sempre: tenete a mente l’a.p.e.: accoglienza, professionalità e soprattutto emozione. È il segreto per diventare finalmente una città ricettiva dal punto di vista turistico».
Sergio Cesarini parla con autentica e coinvolgente passione della sua esperienza di studioso e di divulgatore. Un passato di regista e giornalista, Cesarini è stato il più giovane conduttore televisivo Rai ai tempi del Dipartimento Scuola Educazione (l’attuale Rai Educational), per il quale presentava il programma “L’uomo e il suo ambiente”, su arte, archeologia e natura. Per la sua professione è venuto a contatto con persone che lui definisce “speciali”, archeologi e studiosi che lo hanno introdotto a mondi a lui ancora sconosciuti e infinitamente affascinanti. Ma la sua passione per la storia più remota nasce ancora prima. «Fin da piccolo ero attratto da tutto ciò che riguarda la nostra antica civiltà. A Tarquinia mi recavo spesso in un luogo dove di solito non va nessuno, vicino ai resti di una necropoli, dove un torrente divide la città dei vivi dalla città dei morti. Acqua, appunto». Una civiltà, la nostra, che affonda le sue radici negli Etruschi, che veneravano Suri, il dio della divinazione. «Suri dà l’antico nome a Viterbo, Sur-na, Sorrina… ma anche a Sutri, a Soriano, al Soratte, a Sorano, a Sovana… l’Etruria intera gli rende omaggio. Ma è sbagliato pensare agli Etruschi come ai nostri più remoti antenati. Prima di loro, e parliamo del 4.000 fino al 2.000 avanti Cristo, ci furono altre civiltà che vissero qui, nell’area che oggi suddividiamo tra alto Lazio e Toscana, ma che allora e per molti versi, ancora oggi, forma un tutt’uno. Antichi popoli misconosciuti, portatori di culti e sapienza, che trasmisero come eredità preziose a coloro che sono venuti dopo. E che qui hanno lasciato tracce importanti. Quelle in superficie sono quasi tutte andate perdute, quelle sotto terra no».
Ci incamminiamo verso il nuovo percorso di Viterbo Sotterranea, i locali recentemente aperti in via Chigi, che ospitano anche il primo museo dei Cavalieri Templari in Italia. «Viterbo è molto di più del suo essere città etrusca o città dei papi», continua Sergio Cesarini. «In tempi remotissimi, la zona del colle del Duomo era sacra e vi era stato eretto un bellissimo tempio. Anche lì passava vicino un torrente, che divideva acropoli e necropoli. Vivi e morti divisi come sempre dalle acque». Acqua che torna, come fluido vivificante a percorrere le vene dell’Etruria, insieme al terroso tufo, scavato in tagliate da Sovana fino alla nostra bellissima strada Signorino. Che al contrario delle vie cave toscane è inspiegabilmente trascurata. «Nel 1999 metto su famiglia a Viterbo. Mi accorgo che qui c’è un’energia potenziale ed inespressa, e che manca qualcosa rispetto a quello che è il mondo del turismo in generale. Penso: voglio fare qualcosa per rilanciare questa città». Nasce l’idea di Viterbo Sotterranea, che come tutte le buone idee, all’inizio viene un po’ sottovalutata. «Oggi il progetto di Viterbo Sotterranea è accolto molto bene, anche e soprattutto dai bambini, che spesso tornano più volte con la famiglia. Si sentono attratti, in un modo che forse è precluso a noi adulti». Siamo all’imboccatura del sotterraneo: luci illuminano discretamente una scalinata. Scendiamo. «Qui ci troviamo in un crocevia di passaggi sotterranei, di cunicoli e di ambienti scavati in epoche lontanissime, che poi sono stati riutilizzati in vari modi nel corso dei secoli», spiega Cesarini, guidandoci all’interno. «Stiamo crescendo: spazi privati rimasti inutilizzati a lungo ci vengono affidati per essere valorizzati e offerti ai visitatori. Ad esempio, questa nuova ed estesa area di Viterbo Sotterranea è rimasta chiusa per decenni». Gli spazi che stiamo percorrendo sono stati via via adibiti a luoghi di culto, studi alchemici, vie segrete di comunicazione per i Templari, cantine e dispense, sede di traffici illeciti, nascondigli negli assedi, dai briganti, dai bombardamenti. Fino all’oblio di oggi. Intorno a noi sembrano ruotare i volti di chi qua dentro ha pregato, ha cercato riparo, ha sperato in un rifugio, in una nuova insperata ricchezza. Ci posizioniamo sotto un’apertura circolare. Attraverso di essa, vediamo altre bocche speculari nei piani superiori, come eclissi di pianeti vuoti. Sono le aperture dei “butti”, pozzi in cui in passato veniva gettato di tutto, e che furono preda fino agli anni Ottanta di chi cercava pezzi preziosi da rivendere al mercato nero. Un patrimonio sottratto per sempre all’intera collettività. Nella stanza è stato ritrovato e ricreato appunto uno studiolo dei “buttaroli”, con un tavolo sul quale sono allineati cocci e reperti. Ci troviamo venti metri sotto piazza del Gesù, con la sua magnifica torre, ma all’improvviso alzando gli occhi vediamo una galassia. «Guardate che bello questo cielo stellato fatto dalla natura. È un segno d’amore di chi ha voluto scavare proprio qui». La volta infatti è ricavata da un ammasso di leucite, la roccia lavica nera puntinata di particelle bianche. L’effetto è straordinario. Scendiamo finalmente nella cripta, perché altro non è questo ancestrale luogo di culto illuminato da fiaccole e riportato a come doveva essere migliaia di anni fa. Un sistema di canalizzazione portava al suo interno l’acqua piovana. Ancora l’acqua, l’elemento sacro per eccellenza che serviva ai rituali. Alle pareti, arcani simboli incisi da popoli sicuramente pre-etruschi. In fondo, un altare in pietra con il simbolo templare del Golgota. Verrebbe il desiderio di isolarsi per qualche momento e di assorbire la misteriosa energia positiva che si avverte, in questa che è una chiesa trasversale e sincretica, che trascende i millenni e i singoli culti. «Se si ha l’umiltà di avvicinarsi con il corpo, lo spirito e il cuore, questo luogo ti porta anche ad aprirli», conclude sotto voce la nostra guida. «Questo era un luogo che meritava di tornare ad essere come era: ora dobbiamo difenderlo e tutelarlo. Per secoli e secoli sono scesi qui sotto a pregare. Anche voi oggi siete scesi insieme a me». Usciamo infine, ma non per riveder le stelle. Quelle ci aspettano nei meandri di Viterbo Sotterranea

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI