Rosanna De Marchi: raccontare la storia serve a non far dimenticare

Questa è una storia di donne e di memoria. Di una nonna che raccontava episodi di vita vissuta alla sua nipotina. Racconti di fame, di tessere annonarie e di orti di guerra. Storie di bombe che come una pioggia metallica di morte, cadevano su case e chiese radendo al suolo intere città. “Mia nonna materna sapeva leggere e far di conto, un’eccezione per l’epoca. Ma soprattutto era ricca dentro, e amava trasmettermi i suoi ricordi”. Rosanna De Marchi, scrittrice e poetessa viterbese, cavaliere della Repubblica, ha preso da sua nonna la capacità di raccontare la nostra storia. Per interesse e passione, la ricostruisce dedicandosi a minuziose ricerche negli archivi. E riporta fedelmente le testimonianze di chi quel periodo l’ha vissuto e ancora ne porta addosso i segni, che siano fisici o impressi in modo indelebile negli occhi e nella memoria.
Dall’estate del 1943 fino alla metà dell’anno successivo, Viterbo fu letteralmente distrutta dai bombardamenti alleati, che non facevano distinzione fra obiettivi militari ed edifici civili. Tra le macerie di case e di chiese trovarono la morte più di un migliaio di uomini, donne e bambini inermi. Dopo Cassino, fu la città più martoriata dalle bombe. “Nel 2010, per la commemorazione dell’anniversario del devastante bombardamento del 17 gennaio ’44, incontrai Francesco Morelli, vera memoria storica di Viterbo. Il mio intento iniziale era quello di farmi raccontare episodi relativi a mia nonna” racconta Rosanna. “Mi incantai ad ascoltarlo: era una vera miniera di ricordi e di storie relative alla nostra città in quel periodo travagliato. Mi venne l’idea di raccogliere le memorie viterbesi della seconda guerra mondiale: sicuramente c’era qualcun altro che aveva voglia di raccontarmi le sue esperienze”. Cominciarono ad arrivarle molte richieste di contatto. “Andavo a casa della gente con il mio registratore, e ascoltavo le storie di chi aveva vissuto quei terribili giorni di guerra. Le ristrettezze, la miseria, il terrore. Ma anche grandi prove di solidarietà”. Rosanna mantenne la promessa di pubblicare il risultato delle sue ricerche l’anno successivo. Il libro si intitolò “17 gennaio 1944: in quell’attimo anche gli angeli si misero a piangere”. Una frase che qualcuno dei sopravvissuti aveva pronunciato, sull’onda dei ricordi e della commozione. La ricostruzione del dramma viterbese dal 1926 fino alla fine del secondo conflitto ha avuto e ha tutt’ora grande successo, anche in Europa e oltreoceano. È stata anche materia di tesi universitarie.
L’interesse di Rosanna De Marchi è spaziato poi verso l’Italia del Novecento. “Passata la guerra, nel nostro Paese c’era tanta miseria. Analfabetismo. Si emigrava alla ricerca di un lavoro. Le condizioni erano difficili, ma piano piano l’Italia riuscì a risollevarsi e a scoprire che esistevano le lavatrici, le automobili, i frigoriferi. Che dalle macerie si poteva aspirare alla rinascita, economica e culturale. A un futuro migliore” continua De Marchi. Tutto quello che si ritrova nell’opera successiva di Rosanna, “Cent’anni di storie italiane”, edita nel 2014, che contiene un intero capitolo dedicato al capoluogo della Tuscia. Attualmente Rosanna De Marchi sta lavorando ad un nuovo progetto. E giovedì 13 ottobre alle 17, presso la sala Coronas della Prefettura di Viterbo, interverrà all’incontro organizzato per ricordare i settant’anni della Repubblica Italiana. Un incontro coniugato al femminile: solo in occasione delle elezioni del 2 giugno 1946, alle donne italiane fu riconosciuto finalmente il diritto di voto. “Bisognerebbe parlare a lungo delle donne e della loro importanza in ogni epoca. Pensiamo a quante durante il secondo conflitto si fecero partigiane. A differenza degli uomini, le donne divennero partigiane per amore del loro compagno, o del loro fratello. Pensiamo a come dispensavano cure e solidarietà nei confronti di chiunque ne avesse bisogno. Era cuore”. Donne che durante i conflitti mondiali avevano dovuto occupare i posti che i loro uomini avevano lasciato liberi per andare a combattere al fronte. Nelle fabbriche, negli uffici. “L’Italia non sarebbe stata in grado di risollevarsi senza il contributo delle donne, che la società avrebbe voluto confinate a casa a fare le mogli e le madri”. Un’importanza cruciale che le donne rivestono ancora oggi. “Le madri per prime dovrebbero insegnare ai loro figli il valore del rispetto, nei confronti della società e della donna stessa”. Valori che si ricavano anche e soprattutto dalla storia. “Se non ci fosse il seme della memoria non potremmo conoscere il nostro passato, vivere degnamente il nostro presente e immaginare il nostro futuro”. Tra non troppi anni non ci sarà nessun testimone diretto che possa raccontare la storia dell’Italia e di Viterbo. “Da quando ho fatto ricerche e scritto sulla nostra città, la respiro in maniera diversa. La guardo con gli occhi di chi l’ha vista lacerata e in ginocchio. Qui sono le mie radici, tra le fontane stupende e le mura antiche. Per me piazza del Sacrario è il luogo dove vennero ammucchiate le macerie dei bombardamenti. E via Marconi è il rifugio antiaereo dove cercarono scampo tanti viterbesi, e dove avvennero anche nascite di bambini. Per questo mi piacerebbe che questi luoghi venissero rivalutati, anche alla luce di quello che furono”, conclude Rosanna. Perché i ricordi, a differenza delle ferite, non si devono rimarginare. E devono continuare a rammentarci le lotte di chi ci ha preceduto per offrirci un futuro degno di questo nome.

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