Pasolini nasce poeta, di Rosella Lisoni

Rosella Lisoni

Pasolini100.Analizzare i sentimenti  con il poeta Pasolini.Con il suo trepido desiderio di poesia.

L’uomo tende a addormentarsi nella propria normalità, si dimentica di riflettersi, si perde l’abitudine di giudicarsi, non sa più chiedersi chi è. E’ allora che va creato artificialmente lo stato d’emergenza: a crearlo ci pensano i poeti. I poeti, questi eterni indignati, questi campioni della rabbia intellettuale, della furia filosofica”.

Pasolini nasce poeta.

Compone la sua prima poesia all’età di 7 anni, in risposta ad un componimento che sua madre, Susanna Colussi, gli dedicò.

In quel preciso istante comprende che i sentimenti da lui provati, le sue gioie, i sui dolori, i suoi tormenti potevano essere reso in versi. Fu questo l’incipit di una produzione artistica immensa, inesauribile, sterminata che rese immortale l’opera del più grande intellettuale del secolo scorso, di un poeta sublime, delicato, soave che ha intriso di poesia ogni sua opera.

La poesia rappresenta per Pasolini la sua ancora di salvezza, il suo volano, unico strumento di rifondazione dell’umano, strumento in grado di salvare e ricreare il mondo, di restituirgli la sua “sacralità”.

La sua infinita ricerca formale altro non è che una ricerca di una nuva forma di vita che il poeta inseguirà sempre, senza sosta, senza tregua.

Sotto questa luce infatti va interpretato il suo ultimo tremendo e sublime film Salò o le 120 giornate di Sodoma: una lucida e amara riflessione sull’impossibilità della poesia di porsi ormai come mezzo in grado di ridisegnare il mondo.

Nelle buie stanze di Salò non sopravvive neppure la poesia, che da sempre è incaricata di esprimere l’ideologia, i valori, l’impegno e la visione del mondo dell’autore.

Il percorso è complesso, lungo e affascinante e investe ogni ambito da lui sfiorato: quello letterario, saggistico, giornalistico, cinematografico.

Un punto di arrivo che approda da molto lontano.

La poesia lo travolge, lo illumina, lo insegue, senza tregua. Lo conduce su sentieri differenti: poesia lirica, civile, epica-didascalica, elegiaca.

Già nell’iniziale Poesie a Casarsa (1942) è rintracciabile una poesia capace di parlare alla realtà, di riflettere le contraddizioni del presente storico, ma qui la visione mitica dei personaggi, dei luoghi, degli eventi tengono la storia fuori dall’orizzonte poetico pasoliniano.

Ciò che più lo attrae è il mondo contadino e popolare verso il quale il poeta mostra una profonda e partecipe attenzione attraverso un tracciato realistico di immagini, nate dalla memoria ad evocare una religiosità arcaica, sottoposte dall’autore ad un’operazione di forte stilizzazione formale.

I temi cari al primo Pasolini poeta sono: il dissidio tra istinto e ragione, il tema della vita tragicamente intrecciato a quello della morte, il legame fisico, biologico con la propria terra che lo condurrà a comporre in dialetto friulano, idioma che gli permette di immergersi nel cuore delle cose e comprendere “qualcosa del vero contadino.”

Successivamente con Le ceneri di Gramsci (1957), in cui l’ideologia marxista convive con le predisposizioni giovanili pasoliniane, giungeranno le determinazioni storiche in cui si trova preso l’individuo.

Qui verrà palesato un Cristianesimo inteso come mito primigenio e l’ideologia marxista sarà resa come sentimento più che come lotta di classe: “attratto da una vita proletaria/a te anteriore, è per me religione/ la sua allegria, non la millenaria/ sua lotta: la sua natura non la sua coscienza.”

Le ceneri di Gramsci segnano il passaggio dal comporre in dialetto allo scrivere in lingua e il successivo  passaggio dalla fase lirica ad una epica didascalica della maturità, da una lingua idillica ad una ancorata alla realtà del suo tempo che intende ora evocare.

Con L’usignolo della Chiesa cattolica (1958) si fa più evidente, a livello tematico, il contrasto tra il desiderio di una vita arcaica e il desiderio di non negarsi alla storia, ad un’esperienza altra di vita.

La descrizione dell’età giovanile, età felice delle composizioni in lingua dialettale è , nelle poesie in italiano, pervasa da un senso di peccato: “lasciami o Fatale, / sciogli la delicata/ stretta nella tua mano/ che mi incanta di male.”

Il rapporto purezza-peccato rimanda al tema vita-morte de La meglio gioventù (1954) con il suo mito della natura “sensuale” mentre ne L’usignolo della Chiesa cattolica assistiamo alla comparsa del mito della religione “fanciulla” in cui purezza e peccato si intreccaino nell’estasi dei sensi:” Cristo il tuo corpo/ e il drappo trema/sopra il tuo ventre.”

La religione del mio tempo (1961) e Poesia in forma di rosa (1964) segnano un’ulteriore svolta nel percorso creativo pasoliniano.

Il poeta comprende che allo spietato avanzare del capitale non è più possibile contrapporre i miti positivi di un tempo.

L’elegia lascia il posto all’invettiva, all’ironia amara di colui che ha abbandonato l’idea di una poesia quale confessione lirica  e approda al tono retorico della poesia civile.

Il Pasolini degli anni Sessanta è un Pasolini critico nei confronti  della modernità derivante dalla omologazione delle coscienze seppure in maniera contraddittoria: “La rivoluzione non è più che un sentimento.”

Tuttavia tutto ciò non gli impedisce di far sempre salde le ragioni della poesia senza piegare la personale tematica dell’impegno al prospettivismo tipico dell’ideologia marxista del tempo.

Con Poesia in forma di rosa (1964) il suo “furor poetico” si  dimena tra un passato che non è in grado di schiudersi al futuro: ” Io sono una forza del passato/ solo nella tradizione è il mio amore.”

Trasumanar e organizzar (1971), la raccolta di versi che apre gli anni Settanta ha quasi l’intento di svuotare ogni cosa del suo reale significato, la  poesia è ormai testimone di un fallimento, non più in grado di esprimere il reale.

E l’inutilità dell’attività poetica, sarà appunto, come ricordato in precedenza, uno dei motivi di fondo del film Salò o le 120 giornate di Sodoma.

Film che chiude la sua produzione artistica, che disegna un universo orrendo, film che indaga sulla crudeltà del cuore umano e rimanda al mistero dell’esistenza ponendo infiniti interrogativi.

Film che induce lo spettatore ad interrogarsi a lungo sulle atrocità della vita.

Film  magico e immensamente poetico nella sua crudeltà al limite del sopportabile, in cui viene esplicitata la filosofia del suo “cinema di poesia”.

 

 

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