Marta Nori e Kyanos: pronte per favorire una migliore qualità della vita delle donne

di Nicoletta Di Luigi

Marta Nori è la presidente dell’associazione Kyanos di Viterbo, una realtà presente nel nostro territorio dal 2016 nativa di Milano, per anni vissuta tra Orte, Roma, e poi trasferitasi definitivamente nella Tuscia, affezionatissima alla città, ha dato vita a una prima versione dell’associazione. Ci racconta che nonostante le difficoltà l’ha desiderata “come fosse la sua terza figlia” per l’importanza dei temi affrontati; il suo percorso formativo e lavorativo le ha fatto scoprire e sentire profondamente quale fosse la sua attitudine interiore.
All’inizio infatti Kyanos aveva più una connotazione legata al benessere femminile, toccando argomenti come il parto naturale dopo il parto cesareo con un importante convegno organizzato nel 2016 con medici da tutta Italia, ma poi si è evoluta e trasformata, aprendosi ai temi quali la violenza di genere e l’immigrazione.

Cosa significa toccare con mano la solidarietà in una forma così impegnata?

Ritengo che le mani che aiutano siano quelle sporche. Noi abbiamo attivo uno sportello da un anno e mezzo con cui aiutiamo i migranti usciti dai progetti di accoglienza dopo il decreto Salvini: li aiutiamo per quanto riguarda le pratiche burocratiche e sanitarie, e per le donne vittime di violenza abbiamo istituito un numero verde. Toccare con mano la solidarietà non vuol dire mettersi dietro una tastiera e cercare fondi, ma aiutare con uscite sul territorio, con convegni, incontri con le persone che si vogliono davvero aiutare; abbiamo aderito al protocollo Asl Non Aver Paura, e siamo tra le poche associazioni con un numero reperibile h24 che ci giriamo io, la segretaria e la psicologa dell’associazione. Toccare con mano la solidarietà vuol dire essere disposti a dedicare le proprie conoscenze e tempo a chi ha bisogno.

L’impegno forte di Kyanos è sulla violenza contro le donne. Non si può parlare di violenza di genere escludendo gli uomini. Come vi approcciate nella sensibilizzazione nell’educare proprio loro?
Kyanos si occupa di due temi fondamentali: l’immigrazione e le donne. Ci siamo inimicate però alcune associazioni femministe non solo del territorio ma anche nazionali perché spesso si parla di violenza di genere come fosse solo tema riguardante le donne, ma è anche la violenza che subisce un uomo da un ex compagna, ex moglie…In questo senso parliamo di violenza di genere, e riguardo le persone che subiscono violenza sia uomo sia donna, i danni purtroppo sono collaterali, ossia di tutta la famiglia, in primis dei bambini. La nostra rivoluzione, quella che ci ha inimicato diverse associazioni sul territorio, è proprio quella di essere andati incontro alla parte sempre ritenuta forte e contro…pensiamo per esempio anche alla forma di violenza economica subita da un uomo dopo una separazione. Esiste tutta una serie di violenze che va conosciuta e non sotterrata, perché se c’è una grossa difficoltà per la donna a denunciare la violenza subita, per un uomo è ancora più difficile. E’ ovvio che la nostra prioritaria lotta è contro i femminicidi purtroppo in costante aumento, però ci apriamo anche ad altro.

Ci descriva lo scenario della nostra città oggi. Cosa servirebbe per migliorare il confronto e la partecipazione ..
Per quanto riguarda lo scenario di Viterbo se ne inizia a parlare e questo è sicuramente un primo passo: abbiamo partecipato ad un convegno organizzato dalla Asl che presentava il dipartimento per la donna e durante questa giornata abbiamo affrontato la violenza di genere; per la giornata internazionale contro la violenza di genere abbiamo organizzato insieme al comune e alla questura un convegno in sala regia che raccoglieva diverse forme di arte e dava una prospettiva diversa al tema. Viterbo non è una città pronta, ma di fronte a temi così non si è mai pronti. La manifestazione di interesse da parte del comune per l’istituzione di una casa rifugio nella nostra città ci fa però ben pensare che sia il primo passo per un’evoluzione e un’apertura verso il fenomeno. Noi crediamo inoltre che la parte formativa rispetto alle nuove generazioni sia fondamentale, per questo abbiamo tenuto delle lezioni sulla violenza di genere e organizzato nelle scuole mostre fotografiche sull’argomento. Riteniamo che quella sia la fascia d’età da coinvolgere per poter veramente combattere la violenza di genere e la risposta da parte dei ragazzi è stata davvero positiva.

L’associazione svolge un lavoro di rete, ci sono volontari? Come siete strutturati… Accompagnate le donne che vivono una sofferenza fisica, sessuale o psicologica ?In che modo?
L’associazione ha un direttivo che è formato da me come presidente, da una segretaria e da un vice presidente, poi ci sono i volontari che nel 2019 erano 32 e nel corso dell’anno faremo un nuovo tesseramento. Il ruolo che Kyanos ha avuto in questi anni sia nel campo della violenza che dell’immigrazione è stato un ruolo di ponte, tra la donna, l’immigrato e le istituzioni. L’associazione non ha un capitale importante per poter aprire in autonomia una casa rifugio o uno sportello antiviolenza, quindi la nostra deve essere ed è una fonte di informazioni e un accompagnamento verso la giusta istituzione, verso le persone che possano veramente aiutare: abbiamo la nostra psicologa e secondo l’andamento dei colloqui, con il supporto della asl e dei servizi sociali, la donna viene indirizzata verso il giusto luogo, ascolto e aiuto concreto. Tutto questo avviene sia per l’immigrazione sia per le donne vittime di violenza. Ad oggi la Asl di Viterbo ha attivato il protocollo rosa e il codice rosa al pronto soccorso, quindi le istituzioni si stanno muovendo con maggiori attenzioni che prima non c’erano. Noi abbiamo partecipato al bando per l’apertura della casa rifugio e dello sportello antiviolenza insieme ad una cooperativa di Roma che si occupa di violenza di genere e stiamo aspettando la manifestazione di interesse. Chiunque vinca, l’aiuto sul territorio sarà sicuramente più strutturato con un luogo protetto dove le donne potranno essere inserite.

La vostra mission fa rotta tra sofferenza, ribellione, coraggio … quale delle tre espressioni ha ritrovato dominante all’inizio del suo percorso, e quale quella che ritiene oggi prevalente?
Sofferenza è la parte che Kyanos ha conosciuto con maggior rilievo e insieme alle donne che ne fanno parte si è scoperta rivoluzionaria e ha trovato il coraggio di cambiare. Questo è il percorso fatto dal 90 % delle donne che hanno ruotato intorno all’associazione, ma anche da me stessa e dall’associazione che ha rispecchiato l’iter dell’evoluzione. Per quanto riguarda la violenza io non riesco a discernere dalla questione dell’immigrazione, perché ci siamo avvicinate al tema della violenza di genere quando ci siamo occupate di casi di donne immigrate arrivate sul territorio. Lavoro per una cooperativa e per tre anni mi sono occupata di case che ospitavano donne sole immigrate a Viterbo e provincia. Lì ho conosciuto il fenomeno della violenza e non riesco a parlarne senza riuscire ad essere particolarmente provata. La mia esperienza è stata fatta sul campo…le donne migranti mi hanno insegnato ad aspettare i tempi dei loro racconti, i tempi della loro realtà, per ogni verità e storia raccontata, bisogna aspettare che la persona sia pronta, perché le loro cose da raccontare sono davvero tante: esiste il loro tempo di metabolizzare, di esternare, il tempo di fidarsi di te per raccontare…In progetto c’era un libro fotografico, ma ora sono io ad attendere il mio tempo: ho scattato un centinaio di foto di segni di violenza sul corpo delle donne e sto aspettando di avere il coraggio di riguardarle e farne un libro. Per le donne non migranti, lo stiamo affrontando dal punto di vista della promozione e raccolta dati; abbiamo aderito al protocollo Non aver paura della Asl e Comune da pochissimo, ma le telefonate risultano essere poche. Lo ritengo funzionale ma non è facile per una donna chiamare un numero e non sapere chi c’è dall’altra parte, è molto più semplice che la donna cerchi il contatto e l’incontro. Tutta l’esperienza dell’associazione mi ha insegnato a rispettare i tempi dell’altro, noi siamo qua e abbiamo tutta la voglia e la professionalità per aiutare. E’un fenomeno che a largo spettro è molto vicino a tutte noi più di quanto pensiamo: noi viviamo in una società patriarcale, dove fin da bambine ci sono stati trasmessi alcuni insegnamenti, in cui il confronto con altre realtà completamente diverse con alcuni atteggiamenti portati all’eccesso, ti fa comprendere che la violenza per essere esplicita non deve arrivare a quel punto.

Trova la provincia Viterbese preparata ad arginare il fenomeno?
La provincia di Viterbo è faticosa perché non si riesce a lavorare in rete, non con le istituzioni ma con altre realtà del terzo settore che lavorano su questi temi. Con le istituzioni si sta iniziando adesso…
Ogni anno la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne una data identificativa forte, secondo lei riesce veramente ad esprimere quelle attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in quel giorno…
Non è sufficiente; quella giornata è importante per avvicinare l’opinione pubblica a certi temi, ma è un lavoro che va fatto quotidiano, a partire dalle scuole con i ragazzi. Il 25 novembre può essere una giornata di vetrina rispetto ad alcune attività che si fanno sul territorio tutto l’anno. E’ importante che ci sia ma non è sufficiente.

E nella quotidianità quali sono i servizi necessari per vittime e potenziali tali a Viterbo?
I servizi necessari nella quotidianità sono in primo luogo gli sportelli d’ascolto, perché un luogo protetto dove la donna può venire in anonimato, raccontare e raccontarsi è il primo passo verso il coraggio. E’ per questo che per noi è fondamentale questo servizio, al di là dell’esito della manifestazione di interesse del bando, entro aprile attiveremo uno sportello con la presenza di una psicologa, inizialmente una volta a settimana e poi vedremo come va. Abbiamo volontarie ed assistenti e psicologhe che credono nel nostro progetto. Inoltre, importante e continuativa è la formazione degli operatori, dal comprendere il significato di vittima di violenza per poi iniziare a gestirla. Noi crediamo molto nella formazione e informazione, perché nel momento in cui la donna capisce che non è sola riesce ad uscirne, riesce a considerare il fenomeno come una cosa che può succedere e che non si vergogna di denunciare.

Avete una sede operativa a Viterbo in via Garbini,51 come trova Viterbo oggi, cosa le piace e in cosa deve migliorarsi…
Non mi piace che venga strumentalizzato tutto e riconosco un provincialismo molto forte nella città. Viterbo è una città bellissima ma negli anni passati era anche più viva e più pulita; vedo tanta tristezza in realtà e vivendo in centro storico la percepisco molto. E’ fondamentale che ci sia un’organizzazione degli eventi che sembra invece essere molto approssimativa ed è importante che il Festival Caffeina estivo rimanga a Viterbo.

Avete dichiarato il 2019 per voi un anno ricco di esperienze, conoscenze e condivisione. Cosa vi aspettate dal 2020?
Ci aspettiamo di iniziare a vincere qualche bando perché ce lo meritiamo e crediamo tanto in quello che facciamo. Ci sporchiamo sempre le mani…e credo che nel 2020 ci sarà quello slancio che cerchiamo da qualche mese e non da prima, perché ora siamo pronte: abbiamo infatti avuto bisogno di tempo per crescere e capire come funzionano determinate dinamiche. Sì, credo che ora siamo pronte.

 

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