Lo spazio narrato
La scenografia nell’opera di Publio Muratore
Viterbo –Teatro dell’Unione
9/12/2023 – 06/01/2024
Mostra a cura di Vincenzo Publio Mongiardo
La mostra
Il lavoro sullo spazio caratterizza l’opera di Publio Muratore sin dai tempi della sua formazione; lo studio della Scenografia e dell’Architettura e poi della Decorazione murale sembrano far emergere in lui il desiderio di comprendere lo spazio nel profondo e da tutte le sue angolazioni, con un approccio che sembra emanare direttamente dai concetti vitruviani di Utilitas, Firmitas e Venustas. La sua conoscenza dello spazio via via si completa, e la costruzione di esso migra dalle tre alle due dimensioni: col tempo, il racconto della scena che si svolge sulla parete affrescata passa sempre più spesso sulla tela, che diventerà il supporto privilegiato di tutta la sua produzione successiva.
I suoi primi anni di lavoro lo vedono collaborare con il teatro dell’Opera di Roma e con i teatri di posa di Cinecittà: dai disegni preparatori di queste scenografie nasce una mostra che vuole raccontare un approccio alla concezione dello spazio di matrice classica, e che allestita nel ridotto di un teatro così architettonicamente caratterizzato come quello dell’Unione, archetipo del teatro neoclassico italiano, rappresenta un’opportunità unica in quanto pienamente contestualizzata: prima e dopo le rappresentazioni il pubblico si muove liberamente tra i bozzetti delle scenografie, attraversando l’opera, diventando esso stesso protagonista dello spazio scenografico costruito all’interno del ridotto.
Spazio che diventerà il luogo della rappresentazione e che comprende oggetti, arredi e
pannelli dipinti, la scenografia è quindi una rappresentazione che riunisce tridimensionale e
bidimensionale, realtà e immaginazione: il punto di incontro, per Muratore, di architettura e
pittura. La scenografia accoglie i corpi in movimento: la relazione tra questi e lo spazio
realizzato permetterà la nascita e lo sviluppo della scena. È parso quindi naturale allargare la narrazione al corpo: misura dello spazio, nasce dalla matita empatica di Muratore per
diventare protagonista di quelle scene, mostrate nell’ultima parte della mostra, che
manterranno i piani differenti di matrice scenografica, grazie alla presenza di arredi, oggetti, che dimostrano il ruolo primigenio della Scenografia di permettere un allargamento dello spazio, della visuale, e quindi della scena stessa. Nel migrare sulla tela lo spazio rimane ampio, grazie all’inquadratura che sembra volutamente imperfetta ma anche al rilievo conferito dalla spatola; questa, in uno slancio astrattista, permette l’allontanamento da un ambito figurativo facendo emergere una sensazione di indefinito che lascia spazio all’empatia.
Scenografia, corpo e scena: la narrazione dello spazio e la sua misura con il corpo
come cifra della visione della vita di un artista.
L’artista
Publio Muratore nasce il 26 gennaio 1918 a Gallese (Viterbo).
Diplomatosi all’Istituto d’Arte “Bernardino di Betto” di Perugia nel 1937, si iscrive
all’Accademia delle Belle Arti di Roma e contemporaneamente frequenta la Facoltà di
Architettura dell’Università La Sapienza. Dopo la drammatica esperienza della Seconda guerra mondiale, al ritorno in Italia riprende gli studi all’Accademia di Roma, da cui esce diplomato in Scenografia nel 1948; nello stesso anno si diploma anche presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia in Decorazione murale.
L’inizio della sua carriera si divide tra la scenografia a Roma (Teatro dell’Opera, Cinecittà) e i primi incarichi per affreschi in chiese del Lazio (Capranica, Ronciglione), oltre alla volta del
teatro di Amelia. Nel 1951 inizia la carriera dell’insegnamento di Disegno e Storia dell’Arte;
nello stesso anno conosce la sua futura moglie Anna Rita Meschini, insegnante di francese,
che sposerà nel 1954 e da cui avrà tre figlie; amata compagna di vita, con lei condividerà il
resto della sua esistenza, traendo calore e ispirazione da lei, dalla famiglia, dalla scuola, dai
sempre nuovi orizzonti conosciuti durante i lunghi viaggi. La casa alla Grotticella, da lui
progettata, con il suo studio aperto sullo spazio di vita della casa rispecchia questo scambio
continuo con il mondo che lo circonda. Scambio che si conclude al termine della sua esistenza nel 1998, ma che prosegue vivo attraverso la sua opera, rappresentativa di una sensibilità non comune nella rielaborazione dei rapporti umani e delle prove della vita.
L’artista Muratore può essere considerato una figura poliedrica, figlia delle antiche botteghe
d’arte. La sua produzione si concretizza in una molteplicità di medium, che spaziano dal
disegno alla pittura, dalla scultura alla ceramica, nessuno mai abbandonato; ben presto però la pittura diventa il suo modo espressivo principale, dagli affreschi alle tele, protagoniste sin dalla sua prima mostra nel 1948 a Ronciglione. Dal 1960 inizia ad esporre all’estero (Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Stati Uniti, Canada), nell’ambito di personali e collettive, ricevendo numerosi premi. La pittura – prima tempera, poi acquerelli e oli – lo accompagnerà sempre. L’olio a spatola diverrà la sua cifra principale, con una produzione vastissima e uno stile peculiare, figurativo ma tendente all’astrazione, con quel rilievo che nasce dalla spatola e che sembra creare una spazialità che emerge dal supporto invitando lo spettatore a entrare nella scena.