La vita nei ricordi dell’infanzia/8: Gli adulti

l'albero della vita

Siamo alle battute finali con l’ottavo racconto sui dieci programmati il primo e il terzo giovedì del mese dalla scrittrice Maria Teresa Muratore per entrare nel suo mondo, “un mondo tutto mio, un po’ fantastico”.                                                        

Gli adulti

Gli adulti sono gli zii, gli amici dei tuoi, i conoscenti, i genitori delle compagne di scuola.

Gli adulti sono gli adulti.

I genitori delle compagne di scuola sono figure nebulose, le conosci più che altro dai racconti delle loro figlie- una volta una compagna la cui madre mi sembrava una persona semplice raccontò invece che il padre,  in occasione delle varie ricorrenze, le comprava dei gioielli importanti addirittura l’ultima volta le aveva regalato un diadema , la cosa mi stupì non poco e mi sono sempre chiesta se era una cosa vera oppure no- e poi li vedevi all’uscita di scuola o quando si affacciavano con una merenda quando andavi a casa di qualcuna per fare i compiti , più che altro le madri.

Figure silenziose che apparivano in sala o nella cameretta e come ombre scomparivano in corridoio o in cucina, un po’ tristi.

I conoscenti erano per lo più colleghi di papà e la mamma, qualcuno più frequentante; papà aveva due colleghi che ogni tanto lo venivano a trovare, ogni volta che succedeva, sarà stata una coincidenza, a me e a mia sorella veniva la febbre, a un certo punto avevamo paura di vederli arrivare specie se eravamo vicini ai giorni di vacanza!

Con gli adulti non si aveva una grande confidenza, quando un genitore di qualche compagna entrava nella stanza ci si alzava in piedi, si parlava solo se interrogati.

Invece qualche anno fa un amico di mio figlio piccolo,quando cominciavano la prima media telefonò a casa e chiese di parlare con mio marito poi gli disse: ”Scusa Bruno, ma perché voi a Gioacchino non gli comprate il motorino?” e mio marito, molto democraticamente, rispose “perché abitiamo in campagna, per la strada provinciale è pericoloso” e lui “ lo so, per questo abbiamo pensato che potrebbe lasciarlo dalla nonna cha abita a Viterbo!!!”

Con gli amici dei tuoi hai un po’ più di confidenza nel senso che li conosci un po’ di più specialmente se hanno i figli della tua età, e sono un metro di paragone per giudicare i tuoi genitori: devo dire che i miei sono usciti sempre bene da questo confronto.

Anche i miei erano severi ma alcuni erano proprio despoti. Esagerati nella disciplina e nelle punizioni, un brutto esempio.

Anch’io ho preso dei ceffoni da mio padre e me li ricordo molto bene ma sono stati immediati, improvvisi, di reazione ad una parolaccia; una volta eravamo in Spagna improvvisamente era cambiato il tempo e la mamma, non sapendo come coprirmi, mi fece indossare il gilet bianco di lana di papà ed io esclamai” non lo voglio ‘sto fregno buffo”.Pah! arrivò il ceffone, non dovevo usare questa espressione “fregno buffo” che peraltro papà usava normalmente.

La mamma era più per le sculacciate, ponderate, educative; ma qualche amichetto assaggiava la cinghia.

Gli zii sono personaggi importanti nel percorso dell’infanzia, sono come segnali lungo una strada, divieto di accesso, curva pericolosa, divieto di sorpasso, doppi senso di circolazione, ecc.

Diciamo che ti accompagnano e ti aiutano, in un modo o nell’altro.

Lo zio Fausto era il fratello piccolo della mamma, all’epoca già pediatra, quando andammo a Torino per il matrimonio dello zio Cesare la nonna e il nonno andarono in vagone letto mentre la mamma papà io e mia sorella la zia Emma e lo zio Fausto andammo tutti insieme in una cuccetta da sei: io ero nella cuccetta di sotto e non riuscivo a dormire, mi giravo e rigiravo ma non c’era verso di prendere sonno, a un certo punto lo zio Fausto mi fece salire sulla cuccetta in alto insieme a lui e mi fece guardare la lucina blu accesa per la notte sul soffitto  e guardando al lucina riuscii, come ipnotizzata, ad addormentarmi.

Da allora lo zio Fausto è sempre stato il mio “angelo custode”, ogni volta che ho affrontato un cambiamento nella vita dal matrimonio al lavoro al parto è sempre stato lì e lo è ancora con i suoi consigli e la sua lucina blu.

Lo zio Cesare aveva un’aria più severa, lo vedevamo più raramente perché viveva a Torino, era considerato un personaggio importante perché aveva diretto i lavori del Traforo del Monte Bianco che a quell’epoca era stata un’impresa epica e mi sentivo più in soggezione con lui, così ogni tanto in sua presenza mi veniva da piangere.

Ma questa non era una rarità infatti mi chiamavano lacrime in tasca.

Ancora oggi purtroppo alla mia venerabile età ancora questo difetto mi affligge, mi succede soprattutto quando sono molto arrabbiata in qualche situazione che mi sembra di subire con un senso di impotenza e così mi arrabbio ancora di più.

La zia Emma era la sorella della mamma, all’epoca signorina e faceva “la signorina” nel senso che stava in casa e non lavorava.

Guadagnò diecimila punti nella mia considerazione un anno al ritorno dal saggio di danza.

Per il saggio ci truccavano un po’, un velo di rossetto e soprattutto un po’ di matita sugli occhi, la mia mamma all’epoca ancora non si truccava a parte il rossetto, passammo allora da casa della nonna e la zia mi struccò, in camera sua sul comò c’era il latte detergente e il tonico! mi sembrò, come dire, una cosa da favola. Era come riscoprire una nuova identità alla zia che improvvisamente appariva moderna ed emancipata. Ricordo ancora la carezza del batuffolo d’ovatta sul mio viso, la cremosità del latte detergente e la freschezza del tonico sulla pelle, mi sembrava di essere un’attrice dopo lo spettacolo.

La zia non si sposò mai come lo zio Franco e la zia Annina e anche lo zio Serafino che stava al negozio col nonno era scapolo. Poiché in ogni famiglia sembrava che ci fosse uno che non si sposava noi bambine ci chiedevamo a chi toccherà di noi? E ce lo chiedevamo un po’ preoccupate.

Della zia Annina, la cugina di papà, ho già detto ma non potrò mai dimenticare la volta che mi regalò un paio di zoccoletti di legno con la fascia azzurra di pelle e un fiore rosso sopra. Li vendevano in un negozio di scarpe vicino a quello dei nonni e li tenevano tutti attaccati al muro fuori la porta, averli fu una grandissima gioia, perché li desideravo tantissimo e i miei non me li avrebbero mai comprati! (forse perché facevano rumore).

 

L’autrice*

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Maria Teresa Muratore è nata e vive a Viterbo. Una laurea in Scienze Biologiche all’Università di Pisa, con una specializzazione in Patologia Generale. Come scrittrice ha ottenuto diversi riconoscimenti. Ha pubblicato per Alter Ego “Scartini d’Amore, la silloge “In terza persona“(2017) che ha vinto la XXXI edizione del Premio Internazionale Internazionale “Letteratura, poesia, narrativa, saggistica, sezione inediti, organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli e dalla rivista “Nuove Lettere“. In ambito narrativo, ha pubblicato “Pensieri Vaganti” nel 2020 per Alter Ego, e “Un lungo racconto delle cose perse e ritrovate” nel 2021 per Nolica Edizioni. Ha recentemente aperto una pagina Facebook “Le parole di Maria Teresa” dove legge passi dei suoi libri. Dal 2019 collabora con la nostra testata.

 

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Prossimo appuntamento il 1 Giugno 2023

 

 

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