Per favore mi passi ll’acqua?
Quella è la commare di battesimo.
Hai comprato la varecchina?
Sì, a Viterbo abbiamo il vizio di raddoppiare le consonanti.
Racconto sempre che una volta dissi “vado in cammera mia” e mio marito, che non è viterbese, rispose “con quante m?” al che mi resi conto che dicevo cammera invece che camera però solo quando parlavo della stanza nella mia casa (sita in Viterbo) perché poi correttamente pronunziavo: la camera dei deputati, la camera dei lord, la camera oscura, ecc.
Nel linguaggio parlato alcune parole così storpiate sono talmente di uso comune che non ci fai caso al punto che sei convinta siano italiano corretto, ogni tanto ti viene il dubbio mentre scrivi qualcosa, in particolare ti fermi dubbiosa sul numero delle g, ma in generale vale la convinzione di sopra.
Così l’altro giorno, tornando da un concerto che mi aveva entusiasmato, essendomi messa a scrivere le mie impressioni, non appena ho digitato “Le note eccheggiavano nella stanza” subito il pc mi ha sottolineato in rosso eccheggiavano. E perché? Ho pensato, ah forse si scrive con una g, ok. Ribatto ecchegiavano. Macché, di nuovo sottolineatura rossa. Allora rimetto la g, il rosso rimane, tolgo una c, il segno va via. Echeggiare? E che parola è? Non convinta prendo il cellulare e faccio una ricerca su Google, digito eccheggiare. Google risponde acido come uno che la sa lunga “forse cercavi echeggiare”. Riscrivo eccheggiare e lui pronto “forse cercavi beccheggiare”. Uff che stress.
Allora la forma corretta è echeggiare, non convinta guardo il significato: “risuonare facendo eco” “detto di suoni o rumori, risuonare nell’aria con effetti di eco”. Ma no, non è questo che intendevo, l’eco è un suono riprodotto, morto a modo suo, finto, anche un po’ beffeggiante talvolta, e moscio, queste note no, erano vive, prorompenti, vere, sincere, scoppiettanti. Creavano un bell’effetto sorprendente, riempivano la stanza che risuonava tutta, niente a che vedere con l’eco che al massimo ti sorprende in una vallata o sotto un ponte e tu ripeti l’ultima parola per giocarci un po’ e lui ti risponde, sempre uguale, ripetitivo. Echeggiavano. Non rende l’idea. Eccheggiavano, con due c, sì! Fa sentire l’importanza del suono. Potrebbe essere un neologismo, se detto da scrittore o poeta affermato; detto da me, è solo un errore di ortografia, se sei una persona comune non ti è lecito creare una nuova parola. Orba del mio neologismo, mortificata nella mia creatività, ho cambiato verbo.
foto: locandina del Premio poesia dialettale La lèngua viterbese