Un appuntamento il primo e il terzo giovedì del mese in cui la scrittrice Maria Teresa Muratore ci fa entrare nel suo mondo, “un mondo tutto mio, un po’ fantastico”.
Mi chiamo Maria Teresa, Maria come la mia nonna materna della quale ho solo una foto e dalla quale, a giudicare dal cappello che indossa, devo avere ereditato l’amore per i cappelli, Teresa come la sorella di papà dalla quale ho preso il naso all’insù e la gioia di vivere. Il seguito lo scoprirete se avrete la pazienza e la curiosità di leggermi fino alla fine.
Papà, Mamma e gli abbracci
E’ incredibile come oggi sia io ad essere gelosa di mia sorella o meglio dell’amore di mia madre nei suoi confronti, ma piano piano lo sto superando, dopo che durante la mia infanzia ogni tanto sentivo ripetere dalla zia ai miei che ero la loro preferita tanto che me ne facevo una colpa e un pomeriggio d’estate che eravamo a Gallese andai in camera dei miei a dire che per favore volessero bene a Maria Paola quanto me!
Nello stesso tempo però non volendo facevano delle ingiustizie: a Maria Paola comprarono in seconda elementare un bellissimo astuccio di pelle rossa con ventiquattro colori che io avrei avuto solo in quinta! E anche la cartella la mia prima era di plastica e graffiava un po’ le gambe se non stavi attenta quando camminavi (perché allora si portavano i calzettoni anche d’inverno e le gonne corte).La stessa ingiustizia fu ripetuta all’università quando a mia sorella comprarono una bellissima valigia di cuoio tutta per lei mentre io viaggiavo con una non male di stoffa e pelle lucida ma che avevamo già in casa.
Non mi sento meschina a sottolineare queste cose adesso perché all’epoca mi ci fecero proprio star male!
Si la mia fu in infanzia felice perché completa dal punto di vista educativo e della formazione, i miei genitori ci dettero tutto con naturalezza e in più si amavano e ci amavano.
Papà era un artista, pittore e scultore, ma anche arredatore e affrescatore, era anche insegnante di storia dell’arte.
Papà era di Gallese, di una famiglia antica dove tutti i figli maschi si chiamavano Publio o Pietro, ma un po’ provato perché aveva perso la madre in tenera età, la sorella giovane, il padre mentre era in guerra (lui non il padre), perché aveva fatto la prigionia in Germania, perché aveva assistito a delle liti in casa.
Al ritorno dalla guerra, per riconoscenza di essere tornato a casa, dipinse un’edicola a Gallese “la Sacra Famiglia”, si rimise a studiare, si diplomò all’Accademia delle Belle Arti, fece lo scenografo per il teatro dell’Opera di Roma, e non so che altro, fece degli affreschi in alcune chiese, i carri di carnevale a Ronciglione, iniziò a insegnare.
Credo che con la pittura della Sacra Famiglia come ex voto papà chiudesse per sempre il periodo tremendo della guerra e tutte le sue atrocità, e voltasse pagina una volta per tutte guardando con ottimismo alla nuova vita che ricominciava, le fotografie di papà giovane e scapolo sono tutte sorridenti, in alcune addirittura è un po’ burlone, parlò sempre pochissimo della guerra e della prigionia, in casa non si parlava mai di politica, e si arrabbiava moltissimo se ci sentiva, tra sorelle, bisticciare. Era una persona generosissima, solo era tirchio nell’affettare il pane a tavola (poche sottili fettine per volta) e nel non riempirti il bicchiere d’acqua quando gliela chiedevi e questo era il ricordo delle privazioni della prigionia, le uniche cose a cui avevano diritto –il pane e l’acqua – che erano razionate all’inverosimile, e continuavano a non dovere essere sprecate neanche nell’era del benessere.
Conobbe la mamma che era una collega e se ne innamorò, si innamorò anche della sua famiglia che lo accolse come un figlio.
I primi anni di matrimonio papà fu trasferito per insegnare a Cosenza e Foligno, con scandalo dei colleghi scriveva ogni giorno alla mamma appassionate lettere d’amore e lei gli rispondeva.
Eravamo in un periodo in cui una volta che papà per il corso di Viterbo passeggiava tenendo una mano sulla spalla della mamma fu ripreso dal nonno per atteggiamento riprovevole (ed erano già sposati!).
Noi abbiamo sempre avuto sotto gli occhi gli abbracci di papà per la mamma, fino anche da grandi, ma con la stessa freschezza con lo stesso gioioso impeto con lo stesso felice, ricambiato, entusiasmo.
(Segue il 16 marzo)
Per rileggere La vita nei ricordi dell’Infanzia /1: La Maggioretta, clicca QUI
Per rileggere La vita nei ricordi dell’Infanzia/2: Dovrò smettere di mettere la minigonna?, clicca QUI
L’autrice*
Maria Teresa Muratore è nata e vive a Viterbo.Una laurea in Scienze Biologiche all’Università di Pisa, con una specializzazione in PatologiaGenerale. Come scrittrice ha ottenuto diversi riconoscimenti.Ha pubblicato per Alter Ego “Scartini d’Amore, la silloge “In terza persona“(2017) che ha vinto la XXXI edizione del Premio Internazionale Internazionale “Letteratura,poesia, narrativa, saggistica, sezione inediti, organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli e dalla rivista “Nuove Lettere“. In ambito narrativo, ha pubblicato”Pensieri Vaganti” nel 2020 per Alter Ego, e “Un lungo racconto delle cose perse e ritrovate” nel 2021 per Nolica Edizioni. Dal 2019 collabora con la nostra testata.