James P Graham, Bagnoregio cantiere di idee

Paola Maruzzi

Non un incontro fortuito ma una decisione calcolata al millimetro: l’artista scozzese James P Graham cercava una terra d’ispirazione, dove la natura avesse ancora qualcosa da raccontare all’uomo, e viceversa. Tutto questo l’ha trovato nella Tuscia.

Da diversi anni ha lasciato Londra per trasferire casa e studio nei pressi di Bagnoregio, in un contesto rurale disseminato da antichi reperti etruschi. “Ho cominciato facendo delle ricerche su internet sondando varie zone dell’Italia. Io e mia moglie sognavamo un posto collinare, lontano dai grandi centri abitati ma non troppo periferico”, ci racconta.

Video, scultura, fotografia e installazione sono i campi esplorati dall’artista a partire dagli anni Duemila. Osservazione della natura (un processo senza fine che coinvolge anche lo spettatore) e sacralità dello spazio sono temi centrali nella sua ricerca, come testimonia “Iddu”, approdato nel 2010 al Busan Biennale, in Corea del Sud: un film a 360 gradi girato da dodici telecamere strategicamente posizionate sul Vulcano di Stromboli.

Notato da importanti gallerie inglesi e francesi, l’arte di Graham continua a interrogare il territorio che lo ospita, scavando al suo interno nuovi percorsi. Tra le sue recenti opere troviamo l’installazione “Frutto proibito” realizzata alla Serpara di Civitella d’Agliano per la collezione privata dell’artista Paul Wiedmer: si tratta di melo piantato all’interno di una gabbia metallica, una provocazione diretta alla vanità delle strutture artificiali e, al tempo stesso, un inno alla potenza della natura che non si lascia dominare.

Tra i progetti in cantiere c’è quello di coivolgere diversi artisti, molti dei quali residenti nella Tuscia (Riccardo Murelli, Pasquale Altieri, Massimo De Giovanni, Hans-Hermann Koopman, Carmine Leta, Chiara Tomasi, Eva Gerd, Michael Franke, Alessandro Twombly, Samuele Vesuvio e Paul Weidmer) per una sorta di “collettiva” sull’inquinamento del pianeta dovuto alla plastica; un impegno ecologista che James vuole portare fino in fondo attraverso un ambizioso progetto locale.

L’artista, infatti, grazie anche al supporto del movimento internazionale A Plastic Planet di cui fa parte, ha proposto all’amministrazione locale di fare di Civita di Bagnoregio la prima vetrina “plastic free” d’Italia. Il sindaco Francesco Bigiotti si è detto entusiasta dell’iniziativa che consisterà, tra le tante cose, nell’introduzione di piatti, posate e bicchieri biodegradabili durante le sagre e gli eventi promossi dal Comune. “Inoltre vorremmo coinvolgere i commercianti della zona affinché abbraccino pratiche virtuose – spiega –. Forse non tutti sanno che anche in Italia esistono diverse aziende all’avanguardia che offrono soluzioni di imballaggio sostenibili. Novamont, per esempio, produce il mater-bi, una famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili.

In attesa che il progetto “plastic free” venga preso in carico dal Comune, si pensa a un tavolo di riflessione di più ampio respiro: a luglio, infatti, James ospiterà a Bagnoregio Satish Kumar, fondatore dello Schumacher College, centro internazionale di studi ecologici, ed ex editor della rivista inglese Resurgence/Ecologist. “Mi sento ospite della Tuscia, non ho nessuna pretesa di insegnare nulla ma vorrei portare il mio contributo. Oltre che intimo amico, Kumar è una fonte di ispirazione. Siamo stati di recente in Cina, invitati dall’University of Forestry and Agriculture della Provincia del Fujian. Con grande sorpresa abbiamo appreso che la Cina ha intenzione di diventare la più grande civiltà ecologica del mondo, un piano a cui il governo sta lavorando dal 2007. Una sfida non facile ma che ci dimostra che i tempi sono ormai maturi per ripensare lo sfruttamento delle risorse del pianeta”.

 

Credit foto@Darren Fikins

 

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