Elisabetta Piciollo, quelle sculture con materiali che non t’aspetti

Sara Grassotti

Quando pensiamo alla scultura ci viene in mente un materiale come il marmo che si presta a infinite possibilità espressive. Ma, oltre ai materiali tradizionali come pietra, argilla e bronzo, si possono realizzare sculture con un’infinità di altri materiali poveri, che pure riservano una grande potenzialità comunicativa ed estetica. Materiali che sembrano volerci dire che anche ciò che è imperfetto nasconde una scintilla di bellezza, capace di risplendere se viene rivelata.
Le creazioni di Elisabetta Piciollo appaiono impalpabili. Il materiale scelto, infatti, si presta alla realizzazione di forme evanescenti e delicate.
Un approccio quello della giovane artista dell’alta Tuscia verso i materiali che le permette di superare lo stereotipo e di trovare nuovi significati concettuali e formali. L’incontro con lei è stato puramente casuale, siamo rimasti attratti dalle opere che realizza. Giovanissima, classe 1993, proviamo a farci spiegare come nasce la sua arte.

Innanzitutto, quando si è scoperta artista?
La vita di provincia ha senz’altro i suoi lati negativi e di quelli è facile parlare ma la quiete, la confidenza che si ottiene, vivendo sempre nel medesimo luogo, con le strade, i vicoli, la gente… a me queste cose sono servite come fonte d’ispirazione, in città avrei trovato tutti gli agi ma anche uno stile di vita frenetico che non avrei amato e non avrebbe reso più facile il mio percorso.

Dove sono i suoi luoghi?
L’autenticità di luoghi intatti, lontani dal caos quotidiano sono in alta Tuscia la zona settentrionale della provincia di Viterbo, ovvero la parte a nord del capoluogo Viterbo situata nell’alto Lazio, un territorio collinare che pure ha affascinato artisti come il grande Escher. Io vivo a Ischia di Castro.

Come crea le sue sculture?
Le mie opere traggono forma dall’utilizzo della materia prima, quella che sprigiona dalla madre terra: procurarmi la base prima di realizzare la scultura sarebbe senz’altro più logico e funzionale ma la ricerca (che può durare giorni) della “pietra perfetta” offerta direttamente dalla natura è, per me, parte di una serie di rituali necessari tanto quanto l’opera stessa. I materiali sono la mia fonte ispiratrice.

Che tipologia di materiali usa?
Alcuni dei miei lavori sono in cera, altri in resina o ceramica, altri ancora sono polimaterici (composti da più materiali), tutti questi materiali oltre alle loro caratteristiche tecniche sono dotati di una, per me significativa, carica simbolica.

Come li unisce e li preserva?
Ritengo essenziale lasciare il giusto spazio al caso ed al tempo: dal primo mi lascio spesso guidare, soprattutto nella scelta dei soggetti (tratti per lo più dall’immaginario onirico o da ciò che la natura stessa mi suggerisce) al secondo lascio in custodia le mie opere affinché, in un certo senso, le completi. Per molti dei miei soggetti utilizzo materiali deperibili sui quali il tempo avrà presto la meglio. Mi piace pensare che, almeno idealmente, le parti della singola scultura non abbiano la stessa durata, la parola d’ordine è “instabilità”.

Ci spieghi nel dettaglio il tipo di materiale
La cera raffigura sempre qualcosa di effimero, qualcosa destinato a morire, a svanire. La ceramica è invece l’eterno, il duraturo. Un soggetto può essere composto da entrambi i materiali solo se la sua natura è ambigua o misteriosa; questo potrebbe credersi eterno e non esserlo affatto o, viceversa, temere la morte senza sapere che non è suo destino affrontarla. La resina: per mezzo della resina sintetica cerco di rallentare il normale processo di decomposizione dei materiali organici che inserisco nelle mie opere. Si tratta di elementi naturali come rami e fiori ma anche pietre, piume ed ossa.

Alla fine qual è il significato dei suoi lavori?
Riporto nello specifico un passo della mia tesi di laurea: “Tutte le foglie salvate dal diluvio, tutti i frutti e i ramoscelli rubati al sottobosco (e che ora si conservano, cristallizzati, all’interno della resina) cederanno comunque, presto o tardi, all’erosione del tempo. Di questo sono pienamente consapevole. Il mio scopo infatti non è quello di rendere letteralmente eterne le mie opere (sarebbe un po’ presuntuoso, oltre che impossibile) ma quello di prelevare questi elementi ed alienarli, per un lasso di tempo più o meno lungo, dal loro ciclo naturale. Se non posso sottrarli alla morte, allora posticiperò l’inevitabile”.

In sintesi dai solchi della terra la materia, il territorio fonte di creatività…
La mia Ischia di Castro, il luogo d’spirazione: Abitare a pochi chilometri da un luogo tanto particolare e vivo come la selva del Lamone ha di certo influito sullo sviluppo del mio lavoro. L’autenticità di luoghi intatti, lontani dal caos quotidiano ti entra dentro. Presto, molto presto. Ho iniziato a quattordici anni, con la scelta del liceo, per poi proseguire gli studi all’Accademia, indirizzo di scultura. Il mio sogno, in realtà, era quello di diventare un’insegnante. Nella progettazione delle mie sculture il territorio che mi ospita ha avuto davvero un ruolo determinante; io sono cresciuta e vivo tutt’oggi a Ischia di Castro, luogo noto per il suo patrimonio storico, ma anche naturalistico. Pur essendo una studiosa d’arte ammetto di essere legata molto di più al secondo.

Come intende sviluppare il suo percorso artistico?
Vivere facendo ciò che ti piace è quanto di meglio si possa chiedere ma ancor più bello è trasmettere agli altri la tua passione. Cercherò di allestire mostre, senza fermare il progetto d’insegnare perché entrare negli altri senza scalfirli è il modo di lasciare tracce autentiche visibili dentro e fuori di noi.

 

 

 

COMMENTA SU FACEBOOK