Eleonora Rava: entusiasmo e professionalità il segreto del Centro Studi Santa Rosa

Rossella Cravero

Sarà l’accento toscano a trasmettere quella carica che fa la differenza. Il piglio da imprenditrice è un’eredità paterna, l’entusiasmo contagioso è nel suo Dna e lo attribuisce alla fortuna di essersi dedicata a ciò che ama, la storia medioevale, dopo un percorso lavorativo non appena uscita dal liceo. Eleonora Rava arriva a Viterbo con due figli, seguendo il marito militare in carriera. Era il 1995. Nel suo corredo porta una laurea con lode all’università di Pisa e un dottorato in Scienze del testo presso l’università di Siena. Oggi è research fellow presso l’Università di St Andrews in Scozia. Tra le mura del monastero di Santa Rosa entra grazie alla tesi sulla “Reclusione urbana a Viterbo ai tempi di santa Rosa”. Oggi il monastero, con l’operato delle suore francescane alcantarine che lo gestiscono da quasi quattro anni, ha cambiato volto. Ha aperto le porte al mondo. Ha fatto entrare in questo scrigno di storia, arte e cultura, il pulsare vitale del fuori. Da parte sua, Eleonora Rava ha portato un’aria nuova tra le antiche mura: un vento di scientificità, professionalità e dedizione soffia tra i corridoi delle celle e i refettori, in parte restaurati e portati all’antico splendore. E’ il lavoro costante del Centro Studi Santa Rosa.

Un’associazione nata, come spesso succede con le sfide più grandi, da una semplice chiacchierata tra Eleonora Rava, Alessandro Finzi dell’Università della Tuscia, Filippo Sedda della Pontificia Università Antonianum e suor Chiara Agulli. Per tutti lo scopo era quello di tutelare e valorizzare questo grande tesoro insito nella città di Viterbo: il monastero.

«Perché tutto potesse realizzarsi concretamente era necessario il parere delle monache, racconta la Rava, e le suore dell’epoca hanno detto sì e la Curia non ha mai posto ostacoli all’iniziativa. Così abbiamo cominciato: agli inizi eravamo un’associazione non riconosciuta e formalizzata solo da una scrittura privata, poi siamo diventati una ONLUS e pian piano, passo dopo passo, grazie al nostro curriculum sia come persone che fanno parte del Centro Studi sia per l’attività svolta siamo arrivati ad avere la personalità giuridica con l’iscrizione in prefettura. Questo ci ha dato la possibilità di accedere da quest’anno ai fondi del 5 per mille destinati alla Tutela dei Beni culturali. In tutta Italia sono solo una settantina le associazioni che vantano questo status.

Con la nostra attività di volontariato oltre a valorizzare il patrimonio del monastero puntiamo a dare lavoro ai giovani. Facciamo formazione a vari livelli, anche universitaria e post lauream. Abbiamo, per esempio, attivato nel 2016 un Laboratorio di agiografia presso la Scuola di studi medievali e francescani della Pontificia Università Antonianum, e ora siamo in procinto di firmare convenzioni con l’università della Tuscia, l’università Federico II di Napoli e l’università di Chieti per istituire delle scuole per l’edizione e interpretazione delle fonti storiche. Lo stage di archivistica dell’Unitus si svolgerà da noi sotto la direzione della professoressa Gilda Nicolai, così come il Laboratorio di restauro con il professor Giorgio Capriotti. I ragazzi avranno la possibilità di lavorare concretamente sui documenti e sui manufatti da restaurare, trovando inoltre la splendida accoglienza delle suore. Il nostro presidente è uno dei più grandi paleografi al mondo, Attilio Bartoli Langeli, massimo esperto degli scritti di San Francesco. Il Centro Studi è anche editore sia di fonti storiche che di testi divulgativi. Quest’anno ha attivato anche una borsa di studio Santa Rosa 2019 con il bando: Un monastero, una città, un territorio.  

Siamo partiti quasi dieci anni fa con un bilancio annuo di meno 700 euro, oggi siamo arrivati a bandire una borsa di studio. Tutto quello che stiamo facendo è fonte di sacrificio e trasparenza assoluta (sul sito è possibile vedere fino all’ultimo centesimo dove viene impiegato). Siamo riusciti come Federazione delle Clarisse, il cui archivio è gestito dal Centro Studi, ad avere i finanziamenti dalla Cei che ci permettono di pagare le diverse prestazioni professionali occasionali di cui ci avvaliamo. Dovunque ci sono finanziamenti noi cerchiamo di accedere.Il mio sogno è presentare un grande progetto europeo per questo monastero».

E proprio la dottoressa Rava è già vincitrice di una borsa di studio “Marie Curie” della Comunità Europea (Grant Agreement n. 751526), La Rava sta studiando il fenomeno della reclusione volontaria come modo per la donna medioevale di emanciparsi e di affermare la propria autonomia. Quando sei sola con te stessa in una cella acquisti una potenza enorme; l’eremita più si nasconde e più diventa visibile.

E se come tutto questo operato non avesse già del miracoloso, scopriamo che in questo monastero si raccoglie il materiale storico documentario dell’Archivio Generale della Federazione delle Clarisse urbaniste d’Italia. Vale a dire che tutti i monasteri clariani urbanisti, quelli cioè che si ispirano alla regola di Urbano IV promulgata nel 1263, sotto indicazione della Chiesa dal 1958 si sono riuniti in Federazione per potersi vicendevolmente aiutare. I monasteri che nel corso degli anni vanno scomparendo hanno la possibilità di vedere preservato, conservato e catalogato tutto il loro prezioso materiale a Viterbo. L’archivio di concentrazione è quindi un importante punto di riferimento per gli studiosi di tutta Italia e non solo. Dal 2015 anche questo preziosissimo scrigno di sapere è stato affidato alle cure del Centro Studi.

E chissà quanti viterbesi devoti di Santa Rosa sanno che la processione civica fu istituita nel 1512 per volontà del Comune di Viterbo e non delle suore. Oggi nel Monastero è custodito il documento originale, nel quale si dice che il Comune da quella data si impegnava ogni anno a fornire la cera per Santa Rosa. Nel 1450 il monastero grazie alla fama di santità di Rosa raccoglieva oltre 5mila scudi, una cifra iperbolica per l’epoca, con cui le suore commissionarono gli affreschi della chiesa a Benozzo Gozzoli, diedero il via anche a Francesco di Antonio Zacchi per la realizzazione del Polittico (1450-1462), fecero costruire, migliorare, restaurare il monastero.

«Il prossimo obiettivo – aggiunge l’inarrestabile Rava – è quello di rendere accessibili al pubblico anche altre parti del monastero: in primis le cucine monastiche; poi speriamo i locali del corridoio delle Vergini, sopra il Refettorio Antico. Naturalmente servono fondi, il Mibac nel 2016 ha stanziato 2miloni di euro per l’adeguamento alle norme sismiche del monastero. Ad oggi i fondi non sono ancora arrivati. Ma aspettiamo fiduciosi, sotto la guida di santa Rosa».

 

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