Colombo Bastianelli: ecco i segreti dell’Abbazia di San Martino

A San Martino al Cimino difficilmente si capita per caso, ci si arriva volutamente.
Entrando nel paese, si legge sotto il nome del borgo la scritta “Principato“. Fu Donna Olimpia Pamphili, cognata di papa Innocenzo X, talmente affezionata al borgo, tanto da riceverne il titolo di Principessa di San Martino al Cimino, ad eleggerlo tale. La nobildonna ne affidò al Borromini la ristrutturazione architettonica e l’artista si occupò anche dei lavori nell’abbazia cistercense risalente al XII secolo, il capolavoro di cui è custode lo studioso appassionato Colombo Bastianelli, che qui vi è nato e ne conosce tutti i segreti. E ce li espone..

San Martino al Cimino, un “principato” eretto nel 1645 da Olimpia Pamphili da cui la chiesa si distacca … Cosa accadde?
Su Donna Olimpia Maidalchini è stato scritto proprio di tutto, bene e male, verità e menzogne; pochi anni dopo la sua morte le vennero attribuite relazioni amorose persino con il cognato papa Innocenzo X, frutto di autentiche maldicenze non provate da nessun documento storico. Olimpia fu senza dubbio un personaggio emblematico del suo secolo, della Roma dei papi nepotisti, dotata di un ingegno e un intelletto certamente superiore. Fu durante il pontificato di Alessandro VII che la chiesa e in modo particolare il collegio dei cardinali filo-francesi, che aveva subito la politica e le ideologie del pontificato Innocenziano favorevole alla corona spagnola, che iniziò una campagna mediatica negativa del personaggio. Come ricorda Giacinto Gigli, cronista del tempo, la chiesa non perdonò la donna che per quindici anni governò lo stato pontificio tramite la figura del cognato, pur riconoscendole grandi capacità politico organizzative. Chi fu veramente Olimpia lo possiamo desumere dell’ambasciatore francese Valencais suo acerrimo nemico che di lei scrisse:
“Donna di austera personalità. Ambiziosa fin dall’infanzia, salì da modeste origini fino alla nobiltà delle famiglie romane. Nonostante la sua avidità di potere e ricchezza, Olimpia Maidalchini, fu certamente una “gran donna”, dal carattere forte, risoluto, dall’intelligenza pronta e razionale, che sapeva con esattezza ciò che voleva e dove voleva arrivare” . Il cardinale Decio Azzolini di lei disse: “Donna di intelligenza straordinaria, nata in un tempo non certo il suo, troppo avanti per questi anni”.

Lei è nato nel borgo, di professione ha fatto l’Ufficiale dell’Esercito, cosa la spinge a tale dedizione.. la partecipazione storica o l’amore per il luogo in cui è nato?

L’interesse per la storia l’ho sempre avuta in modo particolare per il mio paese. Fin da bambino passavo molto tempo all’interno del complesso abbaziale e ricordo che quel luogo che oserei definire “magico” mi catturava, così come mi attraeva la figura di Donna Olimpia, che al tempo della mia infanzia veniva ricordata nelle leggende popolari tramandate di padre in figlio come una donna malvagia che al suo tempo avrebbe oppresso le famiglie sammartinesi di cui ne era padrona. Ricordo che gli anziani del posto, nei loro racconti la ritenevano colpevole della sparizione di molti giovani uomini, che secondo loro avveniva nelle segrete del suo palazzo. Tutte dizioni orali tramandate, ma di documenti e di storia certa in quegli anni ancora non si conosceva. Dopo anni passati fuori, negli anni Ottanta mi sono definitivamente stabilito a S. Martino e permanendo ancora l’interesse e l’amore per questo luogo, ho iniziato un percorso di ricerca storica negli archivi abbaziali e di altri luoghi o famiglie che comunque erano legati alle vicissitudine storiche del nostro territorio.

Dall’Abbazia si gode di una vista mozzafiato che dalla valle volge verso l’Argentario. E’ qui che vive ancora?

Nel mio “Principato” ci sono nato il 24 febbraio del 1955 e ci vivo tutt’ora con la mia famiglia. Un luogo impregnato di storia e di bellezza ambientale e confesso che tante volte, nelle giornate limpide di tramontana, dall’abbazia si scorge il mare e come dice lei si ha lo sguardo diretto all’Argentario, e allora riaffiora la storia di questo luogo, nel pensiero di papa Pio II Piccolomini che nell’estate del 1462 dimorando nell’abbazia per sfuggire la peste di Roma volse lo sguardo e “potè godere a spingere lo sguardo fin all’Amiata e all’Argentario……”.

Ci narri l’Abbazia nel suo significato storico..
La prima menzione di una “Ecclesia S.cti Martinii de Monte Foglianis” risale all’anno 838. Ben presto il cenobio ospitò il primo nucleo di una comunità di monaci benedettini che vi risedettero sino all’inizio del XI secolo. Nel 1145 il pontefice Eugenio III sostituì i benedettini con una colonia di monaci cistercensi provenienti dal monastero savoiardo di S.Sulpice. Nel 1207, per volere di Innocenzo III, altri monaci cistercensi, provenienti dall’abbazia “madre” di Pontigny rafforzarono la piccola comunità monastica. Lo stesso pontefice nel 1208 donò all’abbazia una considerevole somma di denaro per risollevare le esigue casse abbaziali. Sotto il governo dell’abate Giovanni II e per interessamento diretto del cardinale Raniero Capocci, vescovo di Viterbo iniziarono i lavori di ampliamento della chiesa e dei locali abbaziali. La chiesa fu consacrata nell’anno 1225. Nella prima metà del XIV secolo, Silvestro Gatti, signore di Viterbo si impadronì con la forza del monastero, ne sequestrò i beni e solo nel 1448 sotto il pontificato di Niccolò V i monaci rientrarono in possesso dell’abbazia. Nel 1462 papa Pio II (1458-1464) concede l’abbazia in commenda al nipote il cardinal Francesco Piccolomini, che iniziò un intenso ciclo di lavori di restauro. Rimasta a lungo nelle mani di molti commendatari tra cui ricordiamo oltre al Piccolomini, i cardinali Alessandro Farnese ( Paolo III), Raffaele Riario, Giuliano Della Rovere, Ottaviano Visconti, nel 1564 sotto il pontificato di Pio IV, il cardinale Ranuccio Farnese lo restituì al Capitolo di S.Pietro in Roma. Con la decadenza dell’abbazia, il piccolo nucleo di abitanti che aveva sostituito i monaci nei lavori più pesanti, al momento dell’abbandono del monastero si era costituito in congregazione laica. Infatti, a capo della comunità venivano eletti tre Priori della Compagnia della Misericordia, espressione dell’attuale Confraternita di S.Martino.

La Sala Capitolare del XIII° secolo è dal 1905 sede della Confraternita di cui lei è Presidente.
Qual è il ruolo della Confraternita
?

La Confraternita persegue gli stessi fini come nei secoli passati, che sono:
Mantenimento del culto pubblico e della religiosità popolare;
Tutela dei monumenti storici dell’abbazia e del borgo in collaborazione con la Sopraintendenza ai Monumenti
Studio e cura dell’archivio storico, della sala Capitolare e delle sue suppellettili;
Attività culturali, e apertura dei locali abbaziali a favore delle scuole e dei turisti.
Fattiva collaborazione sociale nell’ambito della comunità;.

Cosa custodisce l ’Abbazia di più bello da far scoprire al visitatore neofita?

E’ davvero difficile fare una classifica delle opere che si conservano in abbazia, ma se debbo, allora vorrei mettere in risalto lo stendardo processionale di Mattia Preti. Sicuramente un’opera unica realizzata da uno dei più grandi pittori del seicento, voluto da Donna Olimpia Maidalchini Pamphilj e commissionato dalla nostra Confraternita per le celebrazioni del giubileo del 1650. Continuamente richiesto per mostre nazionali ed internazionali. Posso dire con certezza che questa opera è il nostro marchio, l’orgoglio sammartinese.

Qual è il profilo del visitatore? Giovane, meno giovane …..

Prevalentemente non giovani, ma con un notevole livello culturale. Tantissimi gli stranieri che arrivano veramente preparati circa le tecniche di costruzione medioevale, le vicissitudini storiche dell’abbazia a cui si deve saper dare una risposta anche per indurli a un ritorno..

Secondo lei è aperta ai visitatori nel modo giusto? Farebbe pagare un biglietto?

La chiesa abbaziale è dal 1902 monumento nazionale e da allora è stata sempre aperta per l’intera giornata ai tanti visitatori e studiosi interessati a questa importante opera di architettura medioevale. Io credo che ancora oggi sia il modo giusto per poterla visitare, accedere senza nessun ticket, senza ristrettezze imposte, poter gustare in armonia le forme di un gotico autentico, il gioco di luci differenti in ogni ora del giorno e la sacralità del luogo.
Cosa serve all’Abbazia per migliorare gli standard di servizio al pubblico e avere una propria autonoma finanziaria?
Come per molte altre abbazie, la nostra non ha rendite che possono identificarsi in terreni, boschi, redditi o lasciti, come avveniva fino al la fine del XV secolo, quando nei documenti veniva annoverata tra le più floride e meglio conservate . Oggi il mantenimento dei riti avviene mediante la donazione volontaria dei fedeli, mentre per il mantenimento strutturale dell’intero complesso abbaziale mancano i finanziamenti degli Organi preposti. Nell’oggi ci magnifichiamo di una bellezza unica che non ha eguali, amandola e rispettandola.

Ogni pietra del luogo continua a parlare… Ha individuato un suo successore che possa prendere il testimone?
Attualmente ancora no, anche se ho avuto promessa da tanti ricercatori e studenti che hanno consultato i nostri archivi per ricerche o studi di laurea, che agli inizi erano davvero interessati e che pian piano hanno rinunciato al progetto, perché sicuramente ritenuto un impegno gravoso e non remunerativo. Sono comunque fiducioso che a qualche giovane possa nascere l’interesse e che continui i miei studi. Intanto io sono qui, capace di aspettare..

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