Bagnaia ricorda e onora il generale Antonio Gandin

generale gandin

Bagnaia ha celebrato lo  scorso 24 settembre  in modo degno un suo figlio e un suo eroe, ovverosia il generale Antonio Gandin, comandante della Divisione “Aqui” che fu massacrata dai tedeschi tra il 15 e il 22 settembre 1943. In suo onore una Messa celebrata nella chiesa di Sant’Antonio, e la deposizione di una corona d’alloro sotto la lapide che si trova all’esterno della casa dove il militare aveva abitato.

Ma chi era Gandin? Lui era nato ad Avezzano nel 1891, figlio di Pietro, prefetto del regno, e di Colomba Desideri. Ma la sua famiglia proveniva da Bagnaia e tornò nella frazione viterbese quando il padre fu messo a riposo per limiti di età. Una famiglia di forti tradizioni militari, (anche il fratello Aldo, nato nel 1895, era generale allo stato maggiore del regio esercito, mentre suo fratello Vittorio era un ingegnere. Suo nipote Ugo, figlio della sorella Lucia fu un noto magistrato). Gandin era laureato in lettere, frequentò la Regia Accademia Militare di Modena ed ottenne il grado di sottotenente nel 1910. Partecipò alla guerra italo-turca sul fronte libico tra il 1911 e il 1912. Diventato tenente, combatté la guerra contro l’impero austro-ungarico nelle file del 136º reggimento, guadagnandosi una medaglia d’argento, una di bronzo e due Croci di guerra al valor militare.

Dopo la fine della prima guerra mondiale espletò importanti incarichi per conto del Ministero della Guerra, poi del Sim, quindi insegnò alla Scuola di guerra. Fu promosso colonnello nel 1935 ed ebbe il comando del 40º Reggimento fanteria; nel 1937 entrò nello Stato Maggiore del Regio Esercito.

Promosso generale di brigata nel 1940, fino al 1942 fece parte del Comando supremo militare italiano, quando divenne generale di divisione del Regio Esercito Italiano e ottenne un’onorificenza tedesca durante i combattimenti sul fronte russo.

Dal 16 giugno 1943 fu comandante della Divisione “Acqui”, di stanza a Cefalonia, dove si consumò una delle vicende più tragiche per l’esercito italiano, subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre. Dopo alcuni giorni di trattative infatti, cominciò lo scontro armato nel quale l’esercito italiano ebbe la peggio. Così il 22 settembre fu proprio il generale Gandin a convocare un consiglio di guerra nel quale si decise di arrendersi ai tedeschi.

La tovaglia bianca sulla quale i comandanti mangiavano tutte le sere venne issata sul balcone della casa che era sede del comando tattico in segno di resa. A questo punto, Hitler in persona ordinò che i soldati italiani fossero considerati come traditori e fucilati. I soldati che erano stati in precedenza catturati e fatti prigionieri furono immediatamente e sommariamente giustiziati. I rastrellamenti e le fucilazioni andarono avanti anche nei giorni seguenti e si fermarono solo il 28 settembre non risparmiando neanche Gandin, morto la mattina del 24. In particolare, 129 ufficiali furono fucilati presso una villa chiamata Casa Rossa e sette subirono la stessa sorte il 25 settembre perché, nell’ospedale dove erano ricoverati, il giorno prima si era verificata la fuga di due ufficiali.

Gandin è stato poi decorato con la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. E a lui è dedicata la caserma del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna” di Roma.

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