Antonio Arévalo, a Sipicciano il primo polo culturale d’arte contemporanea sulle orme di Castellani, Pasolini, Balthus

di Donatella Agostini

Dalla grande vetrata del salone, lo sguardo spazia verso il paesaggio scolpito dalle rughe poetiche dei calanchi. È mattina a Sipicciano, e la luce autunnale indugia sulle antiche pietre. Nel borgo silenzioso, presenze furtive e soffici di gatti multicolori. Antonio Arévalo ci ha accolto nella sua dimora, un palazzetto cielo terra in cui la pietra smussa i suoi spigoli nel tepore del legno. Ovunque disegni, dipinti, sculture, libri e cataloghi d’arte, dettagli vivi e parlanti del suo trascorso. Il gatto Luce ronfa pigro sul divano. Curatore d’arte, poeta, scrittore, giornalista, organizzatore culturale, Arévalo ha eletto questo piccolo borgo della Tuscia a suo buen retiro. Un’evasione dal mondo soltanto apparente la sua se è vero, come scrisse Goethe, che “non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte; ma non c’è legame più sicuro con esso che l’arte”. E il mondo dell’arte contemporanea è a breve atteso a Sipicciano: in questi giorni Arévalo sta dando gli ultimi ritocchi all’evento “Graffignano Sipicciano: la Festa dell’Arte”, che si svolgerà qui l’11 dicembre, in occasione della Giornata Nazionale del Contemporaneo.

Con il suo accento dolce e musicale, Arévalo ci racconta il suo presente, denso di riferimenti ad un passato ricco e pieno. Nato a Santiago del Cile, egli infatti è costretto a lasciare la sua terra sedicenne, dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet. Arrivato in Italia si stabilisce a Roma nel 1975. Qui collabora a diverse testate giornalistiche italiane ed estere, si dedica alla stesura di adattamenti teatrali e pubblica le sue prime raccolte di poesie. Il mondo culturale italiano della fine degli anni Ottanta è effervescente e denso di innovazioni. Antonio Arévalo si immerge nella poesia visiva, nel Teatro Immagine, così intimamente connesso all’arte contemporanea. A quest’ultima decide di dedicarsi anima e corpo, curando eventi culturali e prestigiose esposizioni di artisti contemporanei internazionali anche presso la Biennale di Venezia. Nel 2014 viene nominato addetto culturale presso l’ambasciata del Cile in Italia, incarico che svolge fino al 2018.

La cultura e l’arte sono le àncore di salvataggio a cui lui, e centinaia di altri intellettuali cileni lontani dalla patria, si sono aggrappati per ricostruire le proprie identità disperse. La cultura cilena dell’esilio non rappresenta soltanto denuncia nei confronti di una dittatura buia e brutale, né la mera storia di una migrazione intellettuale: è soprattutto la necessità di avvicinarsi alle culture altre, e collaborare nei più diversi ambiti artistici; è mantenere a tutt’oggi vivo e proficuo il dialogo tra Europa ed America Latina, promuovendo sinergie tra artisti latinoamericani e italiani. È in quest’ottica che va considerato il valore di ciò che Arévalo organizza nella nostra Tuscia.

«Per cominciare, l’11 dicembre a Graffignano viene inaugurata una mostra collettiva di pittura, una ricognizione di quello che è oggi la pittura contemporanea attraverso le opere di sette artisti di grande caratura», esordisce Arévalo. «Poi qui a Sipicciano verrà aperta la torre di origine medioevale». È l’antica struttura che sovrasta il borgo, infatti, il cuore pulsante del suo progetto. Da lui recentemente acquistata, negli anni Cinquanta era stata già ristrutturata e convertita in torretta dell’Enel. «Era il luogo da cui si dava luce a questo paesino. Per riprendere metaforicamente la sua antica funzione, è nata l’idea di farla diventare un luogo espositivo, un Micro Museo della Tuscia, dove esporre opere realizzate da artisti chiamati a risiedere qui per un mese, lavorando in questo contesto». Il progetto riqualificativo prevede di esporre le opere al piano terra, un primo piano adibito a biblioteca d’arte contemporanea e il locale in cima dedicato a residenza artistica. «La torre verrà inaugurata ufficialmente nel 2022, perché quest’anno non ho trovato un solo operaio disponibile. Come primo artista residente, ho pensato ad Iván Navarro, che avevo già portato alla biennale di Venezia nel 2009. Nato nell’alternanza tra luce e buio del coprifuoco cileno del ’72, lavora sul tema della luce e dell’elettricità». Navarro è noto per aver già realizzato un’installazione a Roma, presso la Fondazione Volume! di Trastevere, dedicata all’eccidio delle Fosse Ardeatine. «Realizzò sette pozzi illuminati da scritte al neon, che illuminavano il buio della Fondazione. Ti affacciavi sul bordo di questi pozzi e leggevi parole come ODIO, ECCIDIO, ECO, ripetute all’infinito. Mi ha detto, la torre di Sipicciano mi richiama un po’ l’eco: l’eco delle battaglie, l’eco della memoria. Per la prossima edizione realizzeremo un pozzo, in cui la parola ECO si ripeterà all’infinito… Invece di guardare la torre da sotto in su, la guarderemo dall’alto. Quest’anno faremo un’anticipazione con una performance musicale di Francesco Pecorari dal nome ECO, nel solco dell’opera di Navarro, direttamente dall’interno della torre». Nell’ambito della manifestazione ci saranno sculture galleggianti sui terrazzi, proiezioni sulle mura, una mostra di Enrico Paris nella Cappella Baglioni e l’esposizione di una bandiera del Guggenheim, recentemente restaurata dagli studenti dell’Accademia di Brera, presso la sala baronale. Le mostre rimarranno aperte un mese. È la quarta volta che Sipicciano partecipa, attraverso me, alla Giornata Nazionale del Contemporaneo».

C’è da domandarsi come mai una personalità del calibro di Antonio Arévalo abbia scelto come residenza un piccolo borgo appartato del nostro territorio. «Io non guido nulla, ma per me è molto facile camminare fino alla stazione e prendere il treno per Roma. Sipicciano è molto ben collegata. Sono molto affascinato dalla Tuscia in genere, un po’ portato qui dal cileno Roberto Sebastián Matta, l’ultimo surrealista morto qualche anno fa a Tarquinia, che mi diceva “la Tuscia non è la Toscana, è un posto ancora vergine, qui non vivono celebrità, però ci hanno vissuto Castellani, Pasolini, Balthus…”. Non è l’aristocrazia che ha salvato questo luogo ma gli artisti, che rendendosi aristocratici hanno comprato e rinnovato dimore, lavorando con gli artigiani locali. Sono venuto a vedere questa casa, con le finestre che danno sulla Valle dei calanchi. Una cosa unica. L’ho presa. Sentivo che ero venuto con un compito, dovevo solo cercare di capire quale fosse». Il progetto prende lentamente forma nella sua mente, terminato il periodo di incarico come addetto culturale del Cile. «Avevo già fatto due edizioni della Giornata Nazionale, e non volevo seguire il filone dei vari paesini che si chiamano il Paese che muore, il Borgo fantasma, il Borgo delle fiabe… perché non il contemporaneo? Perché non riprendere questo alone dei Balthus, dei Castellani, dei Pasolini, e fare delle cose contemporanee?». L’intuizione si è rivelata esatta. «Alle Feste dell’arte di Sipicciano viene sempre moltissima gente. L’importante è coinvolgere le istituzioni. Per il futuro, mi piacerebbe che venisse qui qualcuno e diventasse un incisore. Creargli le condizioni per avere un grande torchio e che gli artisti di Firenze, di Viterbo venissero a lavorare qui. Attraverso quello, che so, si potrebbe creare indotto. Io ci credo profondamente in questo luogo, ho fatto comprare case a degli amici, hanno realizzato case vacanze che ora sono prenotate fino a dicembre. A Sipicciano, dove c’era il nulla. Perché bisogna crederci».

  

 

 

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