Le tante vite della Grotta Scalina perla dell’Etruria Meridionale

Due vite, anzi di più. Perché la tomba rupestre di Grotte Scalina è stata scoperta e riscoperta più volte nella sua millenaria esistenza che parte verosimilmente intorno al quarto secolo avanti Cristo. Era svanita nei primi decenni successivi alla caduta dell’impero romano, era riemersa con la presenza di alcuni eremiti, era di nuovo sprofondata nelle viscere della terra, tornata alla luce con i giubilei del tredicesimo e quattordicesimo secolo come testimonia una medaglia in bronzo rinvenuta nelle sue adiacenze, di nuovo inghiottita dalla vegetazione, infine ritrovata da due illustri viterbesi (Andrea Scriattoli e Luigi Rossi Danielli) agli inizi del secolo scorso. A riportarla completamente alla luce un gruppo di archeologi francesi, guidati dal professor Vincent Jolivet, che in pochi anni ha riesumato quello che del tempio resta dopo le inevitabili e disastrose incursioni degli immancabili tombaroli. Quelli di ieri l’altro e quelli di un passato più recente. Comunque una perla del patrimonio archeologico della Tuscia.
Il monumento funebre di Grotte Scalina sorge su una proprietà privata (famiglia Pepponi) a circa dieci chilometri da Viterbo, direzione Tuscania. Per la sua descrizione, purtroppo sintetica, bisogna far riferimento ad un lungo e dettagliato articolo della rivista Archeo: “Facciata larga 14 metri, altezza 12, si divide in tre distinti piani collegati tra loro da due scale…la terrazza inferiore dava accesso a una sala banchetto di 4 x 10 metri che non ha confronti in Etruria…su ambedue i lati del dromos sono stati scolpiti un totale di sei letti, larghi 1,20 metri per una lunghezza che va da 1,50 a 2 metri…la base delle colonne e le pareti conservano anche labili strati di una preparazione bianca e di intonaco dipinto…verso ovest una scala contigua alla sala banchetto porta al livello intermedio del monumento, alto 4 metri…”. Ai fianchi due scale, di cui una usurata nei gradini, conseguenza delle secolari risalite in ginocchio dei vari fedeli allorchè il manufatto etrusco si trasformò in un punto di sosta sacro lungo la via Francigena che dista appena sette chilometri.
Il professor Jolivet in conferenza stampa venerdi mattina, nella sala consiliare di palazzo dei Priori, ha illustrato la rilevanza della scoperta (“Che non ha uguali nell’Etruria meridionale”) ma ha fatto anche intendere che probabilmente il gruppo francese con la riscoperta della tomba di Grotte Scalina ha esaurito i compiti della spedizione nella Tuscia. Verosimilmente sono esauriti i fondi per sostenere una nuova campagna di scavi e altri non arriveranno. Si vedrà. Per ora il sindaco, Leonardo Michelini e la Fondazione Carivit hanno garantito solennemente l’incondizionato appoggio morale. “Anzi – ha puntualizzato il primo cittadino – vogliamo fare di Viterbo un centro di coordinamento di tutte le attività relative alla storia e alle scoperte del mondo etrusco. Sugli etruschi vogliamo investire”. Intanto non si è ben capito se e quando il sito potrà essere aperto al pubblico, in compenso domani sera accoglierà una sorta di cena di inaugurazione. Ben venga, magari sarà di buon auspicio per il futuro.

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