Tuscia in Pillole. Tutti in gabbia all’ex Tribunale di Viterbo

di Vincenzo Ceniti*

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Quelli rinchiusi nella gabbia (vedi foto) non appartengono al clan di Gennaro Cuocolo, né alla banda di Salvatore Giuliano. Sono solo innocenti tifosi di cultura e belle arti che si sono ritrovati nella chiesa dei SS. Giuseppe e Teresa, a piazza Fontana Grande, a Viterbo (conosciuta come ex Tribunale), per curiosare sul ciclo pittorico del Giudizio finale che Marco Zappa sta realizzando su grandi tele appese nell’abside e nella parete d’ingresso.

La chiesa, oggi in ristrutturazione, ha ospitato fino ai primi anni del Duemila il Tribunale di Viterbo (in precedenza pure la Corte d’Assise). Venne completata nella seconda metà del Settecento, anche se la facciata riporta la data dell’Anno Santo del 1675.

La cupola fu sistemata negli ultimi decenni del XVIII sec. All’interno le cappelle vennero assegnate a famiglie gentilizie locali. In una di queste fu collocata la tomba del pittore viterbese Giovanni Francesco Romanelli, morto nel 1662, segnalata da una sua tela, l‘Annunciazione (oggi al Museo Civico di Viterbo). Nella chiesa si elevavano salmodie e silenzi dei Carmelitani Scalzi dell’annesso convento, già attivo a Viterbo agli inizi del Seicento.

Nel 1873, dopo la soppressione degli ordini religiosi, la chiesa subì la destinazione ad aula di  Giustizia e come tale  operò  fino al 2005. Ciò comportò uno sconvolgimento radicale dell’assetto  interno con la edificazione  di una esedra davanti all’altare maggiore ritenuta funzionale alle attività giudiziarie, della sistemazione della gabbia degli imputati e del box per i testimoni.

Tanti i processi che si sono celebrati tra le sue mura. Alcuni passati alla storia, come quello della banda Cuocolo del  1911 che vide la presenza di una trentina di imputati, peraltro tutti condannati per l’uccisione del camorrista Vincenzo Cuocolo e della moglie Maria.

Il processo della banda Giuliano degli anni Cinquanta vide come protagonista  Gaspare Pisciotta accusato di aver ucciso Salvatore Giuliano in seguito alla strage di Portella della Ginestra del 1947.  La mamma di  Pisciotta, Rosalia, prese dimora in quegli anni a Viterbo in una abitazione a via Cavour. Per paura che il figlio venisse avvelenato nel carcere di Santa Maria in Gradi dove era recluso, provvedeva a preparargli ella stessa il cibo. Precauzione amorevole, quanto vana, in quanto Gaspare morirà di  stricnina nel carcere dell’Ucciardone di Palermo,.dove era stato successivamente trasferito. .

La chiesa, ha fatto da scenario a numerosi film, tra cui  “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi (1961) con Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli e “Salvatore Giuliano” di Francesco Rosi (1962) con Frank Wolff, Salvo Randone e Renato Pinciroli.

Per il suo “Giudizio” Marco Zappa ha usato il poliestere che in genere viene utilizzato  per rivestire i palazzi durante i lavori di restauro. La tecnica di esecuzione è quella tradizionale della pittura italiana, mentre il concetto di base si riconduce al “Dinamismo” futurista  che avviene attraverso la deformazione dei corpi umani realizzati con più punti di vista che modificano le forme senza scomporle.

Il colore, dal canto suo,  non ha una logica naturalistica: i corpi non sono uniformemente colorati, ma seguono i movimenti della luce e i diversi piani prospettici. Ne risultano immagini apparentemente viste attraverso lenti deformanti che sono la concettualizzazione del modo di vedere dell’occhio umano.

Spazio ideale quello dell’ex Tribunale, per un’opera che propone  in una ex aula di giustizia, un giudizio ultraterreno ma d’impianto laico, senza Dio, angeli e santi. Separa, comunque, il bene dal male secondo le leggi di una giustizia universale eguale per tutti, come recita la frase che campeggia sotto l’arco trionfale.

Marco Zappa, fra gli artisti più quotati delle nuove generazioni, si è formato all’Accademia di Belle Arti di Viterbo fondata dal padre Ausonio.  Ha esposto non solo in Italia ma in molte altre parti del mondo fra cui Cina e Stati Uniti. Attualmente è docente presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e di Roma. Il suo” Giudizio”, come tiene e ribadire, non è influenzato da nessuna religione: ognuno vi si può riconoscere, dai cattolici, agli ebrei, agli islamici.

 

Nella foto, la gabbia degli imputati occupata da un gruppo di visitatori

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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