Dolcissima è la patrona di Sutri che viene onorata dai fornai del posto con le gustose ciambelline, cui si uniscono amaretti, tozzetti, pizze e crostate da acquistare nelle botteghe del centro storico. I sutrini la festeggiano il 16-17 settembre, nella ricorrenza del suo martirio, con messa, processione, trasporto della statua lignea settecentesca che la raffigura, con tanto di vescovo, confraternite, fedeli e fiaccolata finale. all’anfiteatro dove un tempo si faceva anche la giostra della bufalata.
Leggenda e tradizione sostengono che trattenne con la sua veste due palle di cannone quando apparve sulle mura della città per impedire un massacro da parte delle soldatesche napoleoniche. I cimeli bellici sono conservati sotto il terzo altare di destra della cattedrale. Per proteggere Sutri, Dolcissima si fa aiutare da San Liberato, abate di un monastero africano martirizzato insieme ad altri monaci.
“Vergine sutrina del III secolo, martire per la fede”. Così si legge nelle numerose immagini devozionali di Dolcissima, anche se la santa non risulta mai menzionata da fonti martirologiche e agiografiche. Né farebbe testo l’epigrafe marmorea, a lei dedicata, nella cappella seicentesca della cattedrale, composta molti anni dopo la sua morte. Comunque il suo culto viene da lontano, quanto meno dal 1371, quando si fa accenno a santa Dolcissima nelle “Constitutiones” episcopali, asserendo che il suo corpo doveva già essere conservato nella cattedrale.
Il particolare non venne, però, annotato nei verbali della Visita Apostolica del 1574 che non fa alcun accenno alle spoglie della martire. Sta di fatto che i sutrini l’hanno eletta patrona della città nel 1657, al tempo della costruzione di una cappella all’interno della cattedrale a lei dedicata. E’opinione sostenuta dalla fede che le sue spoglie siano state traslate in quella circostanza; è radicata anche la consuetudine da parte della comunità del posto di provvedere a fornire due boccali d’olio per alimentare e mantenere la lampada ardente dinnanzi al suo altare.
Una tarda iconografia del XVIII secolo vede rappresentata la santa con la corona e la palma, simboli del martirio. Così appare sia nella sua statua lignea particolarmente legata alla devozione dei fedeli, che nel quadro realizzato nel 1793 da Heinrich Schmidt e posto sull’altare della cappella a lei dedicata e nell’affresco ottocentesco di Luigi Fontana sulla volta della navata centrale della cattedrale..
L’amore dei sutrini per Dolcissima viene diviso con quello per Sant’Antonio abate (Coma, ca. 250 – Tebaide, 356) cui sono dedicate una solenne processione (16 gennaio) e una manifestazione ultrasecolare da doppio asterisco. Due capi-famiglia (appartenenti rispettivamente alla “Società vecchia” e alla “Società nuova”) vengono ogni anno estratti a sorte per custodire nelle loro case, in coincidenza con la festa, lo stendardo del santo (uno per ciascuna delle due famiglie) che viene collocato su coloriti altarini, nella camera più bella.
Per una settimana, dal 17 gennaio, le porte sono aperte a chiunque voglia far visita per una sosta di preghiera con il gradito impegno da parte dei padroni di casa di offrire agli occasionali avventori dolcetti, vino ed altre specialità locali. La mattina del 17 gennaio si svolge la “Cavalleria”: i rappresentanti delle due “Società”, preceduti dai capi-famiglia con lo stendardo in mano, dopo la benedizione, sfilano in sella ai cavalli per le vie del centro storico tra le acclamazioni dei sutrini e la curiosità dei forestieri.
Non dimentichiamoci di San Pio V, alias Antonio Ghisleri, che nel 1556 venne consacrato vescovo della locale diocesi di Nepi-Sutri. L’anno dopo sarà cardinale e “inquisitore maggiore”. Nel 1566, alla morte di Pio IV, venne eletto papa col nome di Pio V. Prima della storica battaglia contro i Turchi a Lepanto (1571), invitò i suoi confratelli domenicani e soprattutto quelli del convento di Santa Maria della Quercia (Viterbo) a pregare la Vergine del Rosario per la vittoria. Fu lui a donare al Santuario le due bandiere turche (tuttora visibili) catturate nella storica battaglia. Nella cattedrale di Sutri si trova l’altare cinquecentesco a lui dedicato con la maschera funebre e un prezioso reliquario di scuola francese del XVIII secolo.
Ed eccoci al fagioli di Sutri prodotto tipico del posto che meritano anch’essi tutta la nostra devozione. Vanno in sagra nel secondo fine settimana di Settembre, quando si allestiscono fuochi e cucine occasionali per la degustazione all’aperto di alcuni piatti tradizionali tra cui i fagioli “regina”. Sono di grandi dimensioni, colore bianco crema con screziature rosse, tipo borlotto. Carlo Magno, secondo la leggenda, risolse i suoi problemi di gotta dopo averli mangiati a Sutri. La morte loro è in umido con la cotica di maiale, ma anche più semplicemente lessati con olio, sale aceto ed extravergine di Sutri.
Nella foto cover, la processione di Santa Dolcissima
L’autore*
Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.