Tuscia in pillole. Porchetta? No thanks

di Vincenzo Ceniti*

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Avrebbe risposto così ad un “porchettaro” di Bagnaia che gli porgeva un assaggio di maialino arrosto, aggiungendo che preferiva i sandwiches portati da Londra. Sarà stato vero? Il cliente era il Principe di Galles Carlo (oggi Carlo III re d’Inghilterra) quando venne a Viterbo e a Villa Lante nel settembre del 1991 per assistere a una lezione con i venticinque studenti della Scuola Estiva di Architettura Civile da lui fondata ad Oxford.

Carlo nel frattempo ha fatto carriera, mentre i “porchettari”  hanno fatto retromarcia e si sono dovuti arrendere già da tempo alla superstrada, esterna all’abitato, che ha azzerato il traffico al suo interno. Ne è rimasto sì e no uno a continuare  le antiche tradizioni, nel ricordo dei bei tempi (anni Cinquanta-Sessanta) quando Bagnaia eccelleva nella preparazione della porchetta avvolta da un profumato manto “scrocchiarello” e imbottita di finocchio, fegatelli, aglio, sale e pepe. In piazza XX Settembre c’erano almeno quattro-cinque banchetti in pianta stabile con altrettanti “porchettari” di ogni età armati di camice bianco, coltelli, stadera e carta paglia per il cartoccio.  Ecco qualche nome e soprannome a caso e a memoria: Guido, Occhialone, Cencio, Raniero, Strappengo, Gino, Bizzoco, Secondo, Massimo, Eraldo, Franco. Negli anni d’oro riuscivano a vendere fino a 15/16 porchette a settimana.

I maiali venivano dalle porcarecce del posto o delle vicinanze: Vitorchiano, Canepina, Soriano nel Cimino, Grotte Santo Stefano, Viterbo… Dove erano allevati allo stato brado a bocconi di ghiande e “pastoni” casarecci. Una volta acquistati, il “porchettaro” li portava al vecchio mattatoio di Bagnaia sotto il ponte in strada Pierina. Dopo la pesa sulla bascula e le operazioni della mattanza, il maiale veniva sbollito con acqua calda in una grande “callara” di rame e pulito dai peli con robuste spazzolate. Poi il trasporto col furgone nel laboratorio, attrezzato di tavolo per la lavorazione, ganci, uncini e cella frigorifera. I  laboratori si  trovavano sia dentro che fuori al borgo. Ne ricordo uno in via Malatesta.

Qui si completava la depilazione a fiamma viva. Si procedeva quindi al condimento usando tra l’altro, come detto, abbondanti manciate di finocchio selvatico gelosamente conservato in sacchi di iuta. Si sistemava il palo detto la “stanca” (di solito di legno) e si cuciva dalla testa al ventre con un ago d’acciaio di grandi dimensioni che intrecciava lo spago di sutura.

Per  l’ultima operazione, la più delicata, quella della cottura, ci  pensava la Laurina col suo forno a legna, un antro sacro intriso di odori e annerito dal fumo,  lungo la Fontanella, la strada che scende al passaggio a livello in direzione di Orte. Poteva accogliere  3-4 maiali per volta. Di questi panicocoli ce n’erano altri come quelli di via Gianbologna e di via Ragonesi. Tempo di cottura 5/7 ore, sotto la diretta sorveglianza del “porchettaro” che usava una cannuccia, tipo spillo da conficcare nella carne. Il colore del liquido che ne usciva dava il segnale desiderato.

Una volta sfornata, la porchetta veniva portata a spalla trionfalmente in piazza, dove erano ad attenderla crocchi di avventori. Tra questi si sono fatti notare negli anni numerosi personaggi del mondo dello spettacolo e non solo: Gigi Proietti, Domenico Modugno, Raffaella Carrà, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Laura Antonelli, Aldo Fabrizi, Virna Lisi,  Moira Orfei quando il suo circo sostava a Viterbo. Sguardi interessati e incuriositi anche da parte di altri big come Mussolini nel 1932 (in occasione della inaugurazione della ferrovia Roma-Nord), Aldo Moro e Hailè Selassiè. 1991. Durante il tragitto forno-piazza, l’aria si inebriava di profumi irripetibili.

Con l’apertura della superstrada Viterbo-Orte, il traffico che interessava il centro di Bagnaia è stato dirottato altrove. Si aggiunga che i gusti alimentari sono cambiati e che oggi i giovani preferiscono gli apericena, il sushi e gli hamburger. Noi, da parte nostra, ci teniamo caro il ricordo di quegli uomini in camice bianco che con le loro porchette profumavano i nostri cuori e la nostra giovinezza.

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L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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