Osvaldo Velo, un milanese che ha scelto come stile di vita la Tuscia e l’affascinante pesca a mosca

di Sara Grassotti

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

L’incontro è davvero casuale con Osvaldo Velo, Presidente Tuscia Fly Club ASD, ma inusuale è la sua storia. E non rimane che ascoltarla dalle sue stesse parole…

Il prologo di questa bella avventura si può far risalire alla fine degli anni ’70. Era infatti un pomeriggio del dicembre 1977 quando, passeggiando con mia moglie in pieno centro a Milano, decisi di entrare nel negozio “Ravizza”, allora punto di ritrovo della Milano bene, che esponeva in mezzo ai manichini addobbati da giocatori di golf e cacciatori di beccacce, un pescatore in puro stile inglese con tanto di pipa, guadino a tracolla ed una canna da mosca perfettamente equipaggiata. Sul cappello, una dozzina di ami dotati di piume variopinte e, sulla parete di sfondo, la magnifica immagine di un corso d’acqua da sogno. Ammetto che mi colpì”.

Tutto ha inizio varcando la soglia di quel negozio…

Entrai, più per curiosità che altro. All’interno, un commesso di mezza età (scoprii dopo che era uno dei massimi esperti in fatto di pesca a mosca di Milano) in grembiule grigio tipico del periodo mi intrattenne per poco più di mezz’ora sulla magia della pesca a mosca – di cui non sapevo proprio nulla – le informazioni che ricevetti le assimilai come una spugna.

E come ne fece uso?

Ero sposato da poco e la mia signora già mal sopportava la presenza di cagnotti, vermi e larve di ogni genere che periodicamente pernottavano nel frigorifero debitamente chiusi nei loro contenitori, segni di una grande passione, quella per la pesca che praticavo da quando avevo 6 anni. Ma quell’hobby poteva divenire qualcosa di più.

Si convinse che la pesca a mosca potesse essere più di un hobby?

La mia dolce metà non si oppose all’idea che mi dedicassi a quello che doveva essere unicamente un nuovo “passatempo” esercitato nella salvaguardia della natura. Fu così che nel giro di pochi giorni ritornammo in quel negozio uscendo con una canna da pesca a mosca in bambù (una Palakona 7,6” con due cimini) che costava uno sproposito. Ma si era sotto Natale, e ci permisero di pagarla a rate.

Fu il primo passo di un lunghissimo cammino…

Mi iscrissi infatti al Fly Angling Club di Milano (il più importante club di pesca a mosca di Milano in quel periodo) dove entrai in un mondo che mi si rivelò meraviglioso. Frequentai tutti i corsi possibili ed immaginabili che proponeva e divorai tutti i libri che aveva nella sua fornitissima libreria (quasi tutti in inglese e francese; in italiano c’erano solo poche pagine gettate qua e là). Il presidente Carlo Rancati comprese la mia passione pura e segnò una nuova tappa della mia vita.

Come furono gli inizi di questa avventura?

Divenni segretario del club e per una quindicina d’anni il giovedi sera fu il nostro giorno fisso di frequentazione, senza mai saltarne uno. Fui spinto negli anni successivi, durante le vacanze, ad andare a visitare personalmente le numerose sezioni del Fly Angling Club – Mosca Club d’Italia – sparse in tutta il nostro Paese. Arrivai a gestire oltre 600 soci. Una mole di lavoro enorme.

Come il tutto inizia a prendere forma?

Trasferendomi in un paesino non distante da Crema per motivi logistici mi distaccai , dal Fly dando vita  al Fish & Flies di Crema; qui  riuscii a far istituire un tratto di pesca a mosca-nokill (quindi con l’obbligo di reimmettere in acqua il pescato) gestito dalla Provincia di Cremona con la partecipazione dei soci e da me nel ruolo di guardapesca volontario.

Cosa ne venne fuori?

Diedi vita al Coordinamento Pescatori a Mosca Lombardia (formato da alcuni club della regione) e successivamente entrai in contatto con l’UNPeM (Unione Nazionale Pescatori a Mosca) di cui divenni Coordinatore Regionale. Lo scopo era sempre lo stesso: promuovere la pesca con la mosca ed il miglioramento della gestione delle acque con regole più incisive e propositive. Mi perfezionai, frequentai corsi per istruttore di lancio della SNL-UNPeM (Scuola Nazionale di Lancio) e ricoprii diverse cariche ed incarichi in seno ad UNPeM: Direttore Responsabile della Rivista “La Mosca in Italia”, responsabile nazionale del corpo di Guardia Pesca Volontari, Segretario della Scuola Nazionale di Lancio, Segretario Nazionale, Presidente Nazionale.

E nella Tuscia come ci arriva?

Nella primavera del 2005. Venni a San Martino al Cimino  per mia figlia che doveva seguire un corso specialistico riabilitativo in una struttura qualificata del luogo e rimasi affascinato dalla zona, a me ancora sconosciuta: offriva, grazie alla bellezza degli ambienti ed alla presenza di laghi ed in prossimità di  corsi d’acqua nobili, un perfetto connubio in grado di rendere felice un amante della natura, della storia e della pesca. Complice fu un pensionamento precoce, che mi spinse a deporre armi e bagagli con direzione Soriano nel Cimino. Dove vivo tuttora.

Perché Soriano nel Cimino?

Per la sua connotazione, aria salubre, collegamenti viari soddisfacenti e intorno un patrimonio firmato Unesco per rigenerarsi anima e corpo. Ovvero la Faggeta del Monte Cimino. Il paradiso in terra. Poi la gustosissima castagna a cui è dedicata una sagra annuale.

E l’attività della pesca a mosca come l’ha organizzata?

Cercai e presi i primi contatti con gli allora rarissimi pescatori locali interessati o incuriositi da questa tecnica: fu così che nacque il Tuscia Fly Club di Viterbo, con sede a Soriano nel Cimino, recentemente trasformato in Tuscia Fly Club ASD. Ormai è conosciuto in zona, si è evoluto negli anni ed oggi può vantare una discreta fama; qualche anno fa ottenne l’istituzione di un tratto del fiume Treja libero a tutti ma con l’obbligo di pescare solo a mosca od a spinning, con amo singolo senza ardiglione e rimettendo in acqua il pescato.

C’è un pubblico amatoriale che segue questo sport?

Sì ed è in crescita perché la pesca – quella a mosca in particolare – non è assimilata ad uno sport, ma ad uno stile di vita. L’unica attività sportiva che riteniamo accettabile sono le gare di lancio tecnico con attrezzatura per la pesca a mosca ed in questa ottica abbiamo chiesto ed ottenuto di aderire ad AICS, di cui ho conseguito il Diploma di Istruttore Nazionale.

Cosa fate per avvicinare soprattutto le nuove leve, i giovani?

Attualmente con il Tuscia Fly Club ASD siamo impegnati in un programma di divulgazione per cercare di rendere la pesca a mosca quanto più fruibile agli interessati organizzando corsi di lancio propedeutici e avanzati, che mirano alla semplificazione dell’approccio e della tecnica ed a fornire le conoscenze pratiche e teoriche per poter affrontare il fiume con utilità, riscontrando un particolare interesse per i giovani. I corsi si concludono con un “esame” finale ed uscita sul fiume. Ma in realtà continuano “ad libidum” poiché le uscite collettive sono aperte a tutti i soci.

Progetti presenti?

Oltre ai corsi di lancio e costruzione mosche artificiali riservati agli iscritti ed alle uscite collettive, proponiamo ed organizziamo incontri serali presso la sede in occasione dei quali vengono trattati gli argomenti più specifici sulla pesca a mosca che vanno dalla costruzione di mosche di ogni genere all’analisi dei lanci, dei vari materiali e delle varie tecniche. Non ultimo, lo studio dell’entomologia e delle dinamiche legate ai corsi d’acqua e specchi lacustri.

Quali sono i punti forti di questa passione non sportiva ma ambientalistica?

Quelli di far vivere alle persone una bellissima esperienza di pesca immersi nella natura, tra acque cristalline e pesci spontanei. In fiumi, laghi, corsi d’acqua nella bellissima Tuscia, e non solo; il corso d’acqua non è soltanto la casa dei pesci ma anche  parte della fauna avicola e terrestre.  Dunque andare a pesca racchiude tante materie varie, che vale la pena scoprire e conoscere.

Chi viene contaminato da questa accogliente passione cosa deve fare?

Completare la sua curiosità visitando il sito: www.tusciaflyclub.it e la pagina FaceBook (www.facebook.com/TusciaFlyClub), i due mezzi approfondiscono la divulgazione della tecnica “stile inglese” (ossia con coda di topo ed esche proiettate con apposita canna), di entomologia, di gestione delle acque, di idrologia, meteorologia, storia e cultura alieutica e tutto quanto gli giro intorno.

Ebbene avevamo premesso che l’incontro con Osvaldo Velo raccontava una storia inusuale. Già, perché questa riflessione sulla pesca a mosca nel suo racconto autobiografico come afferma Raul Montanari,nel suo libro «Più grande di noi. Confessioni di un pescatore a mosca» (Hopefulmonster editore, 2022) è neanche troppo velatamente una metafora della vita.

 

pesca a mosca

L’attrezzatura di base

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI