Mecarini: “La parola d’ordine dei Facchini: ripartenza”

di Arnaldo Sassi

Parola d’ordine: ripartenza. E’ la prima che pronuncia Massimo Mecarini, da ben 14 anni presidente del Sodalizio dei Facchini di S. Rosa, ovverosia l’orgoglio di Viterbo e dei viterbesi.

“Sì – esordisce – quest’anno è molto importante perché, dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia, finalmente si ricomincia. Nel segno dell’Unesco e del bene immateriale dell’umanità. Cosa che dovrebbe spingere a una maggiore valorizzazione della manifestazione. La speranza è che questa nuova amministrazione comunale riesca a farlo”.

 Quest’anno ci saranno anche novità nel trasporto…

“Sì, torneremo a sfilare in via Marconi. Non è stata una nostra decisione, ma dell’amministrazione comunale. Per varie ragioni. Intanto quest’anno il 3 settembre cade di sabato e questo farà prevedere un maggior afflusso di persone. Poi ci sono stati i due anni di stop. E infine, ma non ultime, anche ragioni di sicurezza”.

Per voi però, uno sforzo in più…

“Noi ci siamo messi a disposizione perché ne abbiamo compreso le ragioni. Certo, faremo uno sforzo in più, ma via Marconi l’abbiamo già fatta tre volte. Non sarà un problema farla per la quarta volta. L’importante è che tutti riescano a vederla nel suo splendore”.

Sono previsti dei cambi tra i Facchini?

“In teoria no. Poi, se qualcuno chiede di essere sostituito allora la cosa si fa. Negli anni passati, in verità, è anche accaduto che qualche Facchino ha ceduto il suo posto a qualche debuttante per fargli provare l’ebbrezza del trasporto”.

Ma in via Marconi la Macchina non perde quel suo effetto magico che si può ammirare quando attraversa le strette vie del centro storico?

“Su questo ci sono pareri contrastanti. Ognuno, ovviamente, la può vedere dal suo punto di vista. A me piace perché la vista è più panoramica. Anche quando arriva in piazza del Sacrario”.

Ci sono dei problemi da risolvere?

“Beh, bisognerà potare gli alberi, che potrebbero dare fastidio. Ma già abbiamo preso contatti col dirigente comunale del settore per un accurato sopralluogo. Il fatto è che via Marconi è fatta a schiena d’asino. Quindi, verso il Sacrario viaggia sulla sinistra e quando torna verso piazza del Teatro sulla destra. Poi, anche se non si nota, c’è un bel dislivello. Al ritorno il percorso è tutto in salita. Per questo invertiamo la formazione: quelli più bassi davanti e quelli più alti dietro. E poi aggiungiamo le corde”.

La formazione?

“Fatta. Quest’anno ci saranno ben nove Facchini debuttanti, e non solo. Ci saranno anche tre nuovi infermieri, di cui due donne, e due nuovi medici. Insomma, noi siamo pronti”.

E adesso parliamo di Massimo Mecarini…

“Beh, io non ho una tradizione familiare su Santa Rosa. Mio padre, abitando al Pilastro, era molto amico di Nello Celestini. Ma la Macchina ha sempre preferito vederla da spettatore. Io invece avevo voglia di fare il Facchino e nel 1979 ci provai. Mi ricordo che quell’anno le prove si svolgevano nel palazzo Borgognoni, perché la chiesa della Pace era in ristrutturazione. In quell’epoca facevo il bagnino alle terme e così mi presentai con gli zoccoli. Trovai Nello Celestini, Marcello Moneti e Rosario Valeri, perché quello era il primo anno di Spirale di fede. Dissi che volevo fare la prova, ma che non potevo perché non avevo le scarpe. E Nello, di rimando: ‘Falla scalzo’. Così fu e andò bene. Allora chiesi se potessi considerarmi arruolato, ma Nello mi gelò: ‘No. Torni domani con le scarpe e la rifai’. E così dovetti fare il bis il giorno successivo”.

E’ una prova dura?

“All’epoca la cassetta pesava 160 chili. E prima nessuno faceva prove. I giovani di oggi invece si sono organizzati e cominciano a provare con cassette realizzate da loro stessi anche un mese prima”.

A proposito di giovani, quanti si avvicinano al Sodalizio per portare la Macchina?

“Oggi abbastanza. Sentono la tradizione. Il periodo critico invece c’è stato proprio quando ho cominciato io. Si sentiva ancora l’onda lunga del ’68 e si contestavano i valori tradizionali. C’era pure chi diceva che la Macchina l’avrebbero dovuta portare preti e monache”.

Quale è stato il suo percorso?

“I primi due anni mi misero alle corde. Poi un giorno incontrai Giorgio Rossetti in piazza delle Erbe, che mi annunciò: ‘Quest’anno starai a ciuffo’. Un posto che ho lasciato solo nel 2008, quando sono diventato presidente”.

Sono ben 14 anni…

“Sì, sono pure troppi. Tanto è vero che alle ultime elezioni avevo annunciato che non volevo più ricandidarmi. Poi ci si è messa di mezzo la pandemia e in tanti mi hanno chiesto di fare questo ulteriore mandato”.

Tra tutte le Macchina che ha portato, quale le è rimasta nel cuore?

“Senza dubbio Spirale di fede. Perché è stata la prima. E perché con Rosario Valeri eravamo entrambi debuttanti. Poi è stata la Macchina dei trasporti straordinari. Quello del luglio 1983 per il 750° anniversario della morte di Santa Rosa, e quello del 27 maggio 1984, alla presenza di Giovanni Paolo II. Mi ricordo che per tutto il pomeriggio venne giù il diluvio universale e smise solo quando la Macchina arrivò in piazza del Comune. Il Papa scese tra di noi e ci salutò uno per uno. Un ricordo indelebile”.

Ci saranno le classiche cene in piazza San Lorenzo?

“Quest’anno no. C’è ancora il rischio del contagio Covid. Stiamo ragionando se farle dopo il Trasporto”.

E di Gloria cosa ne pensa?

“Per la prima volta ho visto una Macchina più bella del bozzetto. In genere accade il contrario. Penso che Raffaele Ascenzi sia un genio”.

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI