Marta, Antonella, Carla con Penelope affinché nessuna donna sia lasciata sola

Giulia Benedetti

Nasce al civico 4 di via della Pettinara a Viterbo il Centro antiviolenza tanto atteso per il contrasto alla violenza di genere. A ridosso di piazza della Rocca e poco più in là, le Scuderie Sallupara, quelle disegnate dal Bramante i cui lavori sono fermi ormai da tempo. Proprio in quello slabbro di via, nell’aprile 2019, si consumò uno stupro contro una trentaseienne a opera di due giovani uomini. Penelope nasce per essere il punto di ascolto delle donne e arriva proprio qui nel quartiere popolare della città dei Papi l’8 marzo, una data non scelta a caso che segna un grande risultato per tutte le donne di Viterbo e della provincia che finalmente avranno un luogo fisico a cui rivolgersi.

La referente per il nostro territorio è Marta Nori, battagliera fondatrice dell’associazione Kyanos, sempre in prima linea nella tutela dei diritti delle donne, che oggi con Penelope diviene il punto di riferimento del soggetto aggiudicato dal Comune di Viterbo gestito da tre associazioni: Prassi e Ricerca con Antonella Panetta, Ponte donna con Carla Centioni e Kyanos con Marta Nori che copre un ampio territorio in cui collaborano 14 comuni incluso Viterbo, (Bomarzo, Celleno, Soriano, Vitorchiano, Bassano in Teverina, Oriolo Romano, Vetralla, Acquapendente, Canepina, Orte, Capranica, Blera, Bassano Romano).

Il progetto è risultato vincitore di un bando emanato dalla Regione Lazio in cui salgono a 27 i punti di ascolto. Il gruppo, provvederà alla gestione della nuova struttura, garantendo ascolto, accoglienza, assistenza psicologica, sociale e legale alle donne vittime di violenza, supporto ai figli minori delle donne ospitate, orientamento al lavoro attraverso i servizi sociali e i centri per l’impiego, nonché l’orientamento all’autonomia abitativa. La struttura dovrà operare in modo integrato con la rete dei servizi socio sanitari e assistenziali del territorio, dovrà garantire protezione, ospitalità, e servizi educativi ai figli minori delle donne ospitate.

Per avere una visione di Penelope a 360 gradi, a poche ore dalla inaugurazione, abbiamo rincorso Marta Nori totalmente presa dai preparativi e le abbiamo posto alcune domande.

Qual è il suo ruolo in Penelope?

Attualmente la responsabile del progetto è Carla Centioni, presidente di Ponte Donna, mentre io in quanto presidente di Kyanos sono la referente per il nostro territorio. Da marzo ad oggi ho gestito il numero della reperibilità che abbiamo iniziato ad utilizzare a marzo 2020, poi ho gestito gli interventi sul territorio nel periodo in cui non avevamo una rete fissa. Questa responsabilità ha comportato anche una creazione e gestione della rete di rapporti con il territorio e le sue istituzioni, un elemento che è indispensabile nel nostro lavoro di operatrici antiviolenza.

Ci spieghi la struttura operativa, il suo team e il centro di ascolto

Da un anno circa abbiamo attivo questo numero di reperibilità, 24 ore su 24, dove le donne ci contattano per emergenze e per prendere appuntamento (tel.392647380) per la presa in carico nel centro di accoglienza. Oppure possono direttamente negli orari di apertura: lunedì, mercoledì e venerdì dalle 15.00 alle 19.00 e il martedì e il giovedì dalle 9.00 alle 13.00. Abbiamo uno spazio baby, concepito per accogliere i bambini durante i colloqui delle loro madri, e gli spazi per i colloqui, in cui si alterneranno diverse figure professionali: l’assistente sociale, la psicologa, l’avvocata e l’operatrice antiviolenza. Le operatrici sono tutte donne formate che provengono dalle varie associazioni che cooperano al progetto: l’assistente sociale, la psicologa e l’avvocata provengono da Kyanos, la responsabile è di Ponte Donna, mentre io e un’altra operatrice e coordinatrice proveniamo da “Prassi e Ricerca”.

Accoglienza, sensibilizzazione, ricerca, costruzione di reti, qualità. Come si fa a rendere duttile tutto questo in un periodo di pandemia?

La richiesta è maggiore. Veniamo in un periodo in cui il lockdown non ha aiutato le donne vittima di violenza: il “restate a casa” non è sempre sinonimo di nido o di sicurezza. La quarantena a noi ha cambiato poco, i contatti con le donne li abbiamo avuti anche in questo periodo, perché alcuni interventi non possono essere fermati. Il tutto nel completo rispetto delle norme antivirus. La presa in carico viene portata avanti a prescindere, anzi, soprattutto in un momento come questo, in cui c’è ancora più bisogni di noi. Ce la stiamo mettendo veramente tutta e risultati si vedono: ogni donna che intraprende un percorso di fuoriuscita dalla violenza o di autodeterminazione è una donna che ha scelto di salvarsi e per me è una vittoria. Ed è importante che passi il concetto che è la vittima in primis che sceglie di salvarsi con l’aiuto di professionalità, ma deve sceglierlo lei.

Quali sono i progetti su cui state lavorando?

Come centro antiviolenza pensiamo che sia fondamentale un’opera capillare sul territorio a livello di prevenzione, quindi attualmente la nostra progettualità ha come obbiettivo principale la formazione degli operatori e l’informazione nelle scuole. Quindi la creazione di incontri ed eventi incentrati sui pregiudizi e la violenza di genere che spesso non viene riconosciuta, andando ad analizzare anche il linguaggio che viene utilizzato nei media. Un esempio che mi è rimasto particolarmente impresso è quando chiesi ad un bambino che lavoro volesse fare da grande e lui, dopo aver risposto “hostess”, s’imbarazzò e cambiò immediatamente con “pilota”. Sì tirò completamente indietro rispetto al suo desiderio per colpa di un pregiudizio. Fondamentalmente, viviamo in un società dove ha sempre regnato una forma più o meno velata di patriarcato e questo è palese nel nostro linguaggio: quanto ci siamo interrogati se chiamare o meno l’avvocata “avvocato”? È un background che ci portiamo dietro da secoli e si ripercuote sui nostri pregiudizi.

Ci dica la prima emergenza a cui dovrà fare fronte

Abbiamo 6 donne prese in carico sul territorio da circa 3 mesi e finalmente potremo ospitarle in un luogo che sentiranno loro. La prima emergenza è imprevedibile: riceviamo telefonate quotidianamente, sia da donne che seguiamo da tempo sia persone che hanno appena sporto denuncia. Spesso le donne che si rivolgono in caserma non hanno una lucidità o un rapporto tale da raccontare tutto al momento, quindi noi le aiutiamo spesso a fare un’integrazione delle denunce.

L’otto marzo è la festa della donna: che messaggio vuole trasmettere alle donne della Tuscia?

Si deve purtroppo constatare che l’importanza di questa festa e il numero di femminicidi e violenze non camminano di pari passo. Io vorrei soltanto che le donne del territorio sappiano che non sono sole, , sapere che c’è da oggi una sede prestabilita che risponde ai canoni di fruibilità e accessibilità a cui rivolgersi costituisce non solo un simbolo di civiltà per il territorio, ma  una tutela per le donne, senza alcuna discriminazione. Questo rende più facile la possibilità di elevare quella richiesta di aiuto, per la quale in molti casi non si trova la forza. Un primo grande passo avanti.

L’appuntamento è per lunedì, in via della Pettinara, 4 a Viterbo (traversa di piazza della Rocca).

Buon otto marzo, in particolare, alle tante donne che hanno necessità di aiuto per ricostruire la propria vita e la propria dignità e, in molti casi, anche per tutelare i propri figli.

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