L’Itis Midossi protagonista di un progetto pilota sull’inquinamento del Tevere: rabbia e speranza nei giovani

di Paola Maruzzi*

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Uscire dall’aula per spalancare gli occhi sulla cura dei territori fluviali, per toccare con mano un pezzo del nostro “paese guasto”, citando i versi ecologici del poeta Giorgio Caproni: è questo l’obiettivo dell’istituto U. Midossi di Civita Castellana che, assieme a una corposa rete di scuole, ha preso parte al progetto internazionale “Piccoli e grandi scienziati e cittadini crescono”. L’iniziativa pilota, promossa da Citizen Science, vede tra i partner istituzionali coinvolti anche il Dipartimento di scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr.

Armati di stivali, mante e strumentazione per il campionamento lo scorso gennaio un gruppo di studenti dell’Itis si è recato per la seconda volta presso le sponde del fiume Tevere, a nord del Lazio, per contribuire a mappare lo stato di salute delle acque.

“Si tratta di un’iniziativa di respiro europeo – spiega la professoressa Federica Montanucci, tra i referenti del progetto –. Stiamo raccogliendo campioni di macro e microplastiche che poi verranno analizzate al microscopio da un laboratorio di Genova. Il Midossi si sta occupando di una porzione del Tevere mettendo a frutto un interesse nato nell’ambito del Contratto di Fiume che si occupa appunto di riqualificazione ambientale e paesaggistica”.

In tale ottica gli studenti entrano in gioco non come muti spettatori ma diventano braccio operativo di una filiera d’analisi che arriva al cuore dell’Europa. L’iniziativa, infatti, coinvolge nove dei principali affluenti del Mediterraneo e, mettendo in comunicazione i dati provenienti dai rispettivi Paesi, ha lo scopo di vagliare i tratti fluviali più critici, contribuendo a sviluppare una presa di coscienza ecologica tra i giovani europei. “A maggio, a conclusione del progetto, avremo un confronto diretto con il Cnr che ci comunicherà i risultati dell’indagine e sarà interessante per i nostri ragazzi poter ipotizzare possibili scenari per trovare soluzioni”, aggiunge la Montanucci.

“Il valore aggiunto di questa esperienza sta nel far emergere in modo diretto le problematiche legate all’impatto ambientale occulto, quello difficilmente tangibile nella vita quotidiana – spiega il professor Marco Oliveri –. Grazie ai monitoraggi eseguiti sul campo, i nostri studenti stanno prendendo via via coscienza dei comportamenti scorretti. Mi auguro che i ragazzi possano portarsi nel loro bagaglio umano una nuova consapevolezza ambientale e, soprattutto, che possano trovare lo slancio per contagiare altri adolescenti. Sensibilità di questo tipo si espandono a macchia d’olio, non ha importanza se si parte in pochi. D’altronde qualcuno ha iniziato con dodici adepti”.

Meno ottimisti sono gli studenti della 2C ITT, una delle classi coinvolte che, al rientro dalla seconda uscita, hanno aperto in classe un amaro dibattito mettendo l’accento sulla rabbia paralizzante, sul disgusto per ciò che le nuove generazioni hanno ereditato in fatto di rispetto per l’ambiente. “Non riuscivo a credere che un fiume così importante potesse avere un così alto grado di inquinamento – racconta Tommaso, quindici anni – sono rimasto sconvolto nel trovare di tutto in quelle acque, dalle bottiglie di vetro a pezzi d’auto. Agli adulti dico: ci avete lasciato un mondo pieno di immondizia, a noi tocca ripulirlo ma non so se faremo in tempo. È come far girare una ruota senza fine”.

Gli fa eco Leonardo: “In un’ora abbiamo estratto dalle acque del Tevere oltre 50 chili di spazzatura. Più che stupore ho provato ribrezzo. A pochi metri dalla riva ci siamo imbattuti in un cespuglio che nascondeva una quantità incredibile di bottiglie di birra vuote, messe lì volontariamente, eppure il cestino dei rifiuti era lì, a pochi passi”. A dare man forte è Alessio: “Sono arrabbiato e deluso dall’uomo e da tutto ciò che sta provocando. Facciamo qualcosa, ora”. A chiudere il cerchio sono le parole di Diego: “L’essere umano non si rende conto che distruggendo l’ambiente sta distruggendo se stesso”.

Dai reciproci racconti si intuisce quanto piccolo sia lo spazio per immaginare un cambiamento immediato, per credere alle belle parole che campeggiano negli slogan delle politiche ambientali. Emerge netto il senso di sconfitta, un colpo basso che i ragazzi decidono di mettere nero su bianco, scrivendo ognuno un frammento di poesia dedicata al grande tema dell’inquinamento. Un piccolo messaggio in bottiglia che, nonostante tutto, apre un varco dopo l’arresa.

Tevere e dintorni

L’aria odora di carburante,
cose bianche galleggiano in quel prato triste.

Il mare è come catrame,
il cielo è come un inferno.

Il cinguettio tenuto al caldo
dei motori cigolanti
vive morente
nella scia del vento.

Coltelli per difendersi,
bottiglie per confortarsi

fiumi come vene.

Il Tevere è un museo,
un museo per gli errori.

Grigio di fumi,
si soffre in silenzio,
lo splendore è ridotto.

Il cielo piange per noi,
noi piangiamo per il mondo,
senza avere braccia e mani.

Siamo senzatetto malconci

Siamo il segno, la cicatrice, la ferita

Siamo la firma sul foglio pulito.

Sento l’aria sporca entrare dentro di me,
la sento corrodermi nel buio accecante,

sento la plastica far parte del mio corpo

e la terra sanguina dentro,
ha una lama di rabbia conficcata.

E io non faccio nulla,

sto male

lascio la batteria a scaricare

e anche il mio dolore è un lento accumulo.

E tu ipocrita del buon senso

che tanto urli contro l’inquinamento

non ti accorgi che tutto questo non ha senso.

Fermati uomo, guardati intorno:

patriottico dalla testa alla punta dei piedi
sputi nel piatto in cui tutti mangiamo.
Impressionante, vero?

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Mar4

La classe 2C ITT dell’istituto U. Midossi di Civita Castellana

*Docente Istituto U. Midossi di Civita Castellana

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