La transumanza, patrimonio immateriale dell’Unesco

La candidatura della transumanza come patrimonio immateriale dell’Unesco è un passo importante che va accompagnato da un impegno concreto per salvare i pastori in Italia, che contano su 60mila allevamenti, spesso concentrati nelle aree più marginali del Paese, per un patrimonio 7,2 milioni pecore, la cui maggioranza si trova in Sardegna, ma che interessano anche gran parte della Tuscia. E’ quanto afferma la Coldiretti di Viterbo, in riferimento alla presentazione della candidatura transnazionale de “La Transumanza” come patrimonio culturale immateriale dell`umanità Unesco da parte dell`Italia come capofila insieme alla Grecia e all`Austria. Occorre garantire – sottolinea Mauro Pacifici, presidente di Coldiretti Viterbo – un equo compenso ai lavoro dei pastori, oggi minacciato dai bassi prezzi pagati per latte e carne anche per effetto delle importazioni di bassa qualità dall’estero, ma anche salvare i greggi di pecore che stanno subendo una vera e propria strage per gli attacchi dei lupi, con il rischio concreto dell’abbandono e dello spopolamento. Ma anche i cittadini – continua la Coldiretti – possono fare la propria parte, portando a tavola, a partire dalla Pasqua, i formaggi di latte di pecora nazionale e la carne di agnello italiana compresa quella delle aree colpite dal sisma di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria dove la pastorizia e fortemente presente. L’agnello – prosegue Alberto Frau, direttore di Coldiretti Viterbo – è una presenza antica della tradizione gastronomica italiana, come dimostrano anche i piatti della transumanza tramandati da secoli (in Abruzzo agnello cacio e ova, il molisano agnello sotto il coppo, nel Lazio l’abbacchio allo scottadito), con l’effetto di consentire la sopravvivenza di un mestiere antico ricco di tradizione che consente la salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della biodiversità del territorio.

Coldiretti, il direttore
Alberto Frau

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