La città di Musarna a Viterbo

di Francesca Pontani*

«Se il passato appare ancora vivo per noi è anche perché il tempo della storia può sempre nuovamente incarnarsi nello spazio delle cose e, quindi, riprendere una qualche forma di esistenza terrena» (A. Carandini, Storie dalla terra. Manuale di scavo archeologico).

Il sito di Musarna si sviluppò soprattutto sotto l’influenza della città di Tarquinia quale centro etrusco-romano tra l’età ellenistica (IV secolo a.C.) e l’età imperiale.

Dopo questa fase storica l’abitato di Musarna cadde in rovina e fu abbandonato. Le prime menzioni sono datate al XIII secolo, e fu proprio grazie alle descrizioni di questi cronisti medievali che nella metà del XIX secolo gli studiosi viterbesi Orioli e Bazzichelli giunsero alla scoperta di Musarna sull’altopiano tufaceo in località “Macchia del Conte”.

 

Una rete viaria

La città di Musarna si estendeva per diversi ettari e per mezzo di una efficiente rete viaria era collegata ai più importanti centri abitati della  zona (Norchia, Tarquinia,Viterbo, Castel d’Asso,Tuscania, Bolsena).

 

La città di Musarna

Il piano urbanistico è caratterizzato da isolati divisi da strade ad angolo retto, da una grande piazza per lo svolgimento della vita pubblica, da due tempietti, dei quali uno riutilizzato in età ellenistica come teme pubbliche, da una fitta rete di cunicoli, cisterne e pozzi, da una grande domus (II secolo a.C.) dotata di spazi privati.

Musarna era protetta da una cinta muraria in grandi blocchi squadrati rinforzata da un fossato largo 12 metri.

 

Nel 1983 gli scavi archeologici

Nel 1983 la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale, in collaborazione con l’Ecole française de Rome, iniziava una campagna di scavi sistematici nell’intera zona di Musarna a seguito di un casuale rinvenimento, avvenuto nel 1982 da parte della Società Archeologica Viterbese “Pro Ferento”, di un mosaico presso il “Calidarium” di un complesso termale di età tardo-repubblicana.

 

Un mosaico eccezionale

Il rinvenimento si dimostrò subito di eccezionale importanza perché conteneva una iscrizione in lingua etrusca, con i nomi di due personaggi, certamente magistrati, della famiglia ALETHNA. Pavimento in mosaico oggi conservato e visibile al museo nazionale Rocca Albornoz di Viterbo.

Foto Francesca Pontani

Nel prossimo articolo, il 19 marzo, andremo a Farnese

 

*Francesca Pontani – www.francescapontani.it – Archeologa del comitato scientifico del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano. Egittologa, conoscitrice di lingue antiche come i geroglifici, la lingua sumerica e accadica, la lingua etrusca, lavora nel mondo del web. Nel blog e sul canale YouTube ArcheoTime sono visibili le sue camminate archeologiche on the road. Innamorata della comunicazione e della scrittura, guida i lettori di TusciaUP nella conoscenza del nostro territorio attraverso Tour di Archeologia in Tuscia.

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