Il professor Pietro Tamburini ,dedizione e amore per Bolsena e il lago per tutelarne la storia

Luciano Costantini

Una laurea in Lettere e Filosofia, storico, archeologo. Ma, soprattutto, un innamorato perso del lago di Bolsena e del suo comprensorio. Il curriculum del professor Pietro Tamburini è esteso per quanto variegato, a dimostrazione degli interessi dell’uomo che dell’etrusco porta gli inconfondibili tratti somatici. Viterbese di nascita, maturità classica conseguita ad Orvieto, laurea in Etruscologia e Antichità Italiche presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia. E poi la Scuola Nazionale di archeologia all’università di Roma, direttore scientifico del museo territoriale del lago di Bolsena, coordinatore infine del Simulabo, cioè il sistema museale del lago di Bolsena che raggruppa i siti storici di una dozzina di paesi rivieraschi . “Sono viterbese, ma soltanto perché sono nato in ospedale dove sono rimasto tre giorni. Sono bolsenese da sempre e attualmente pensionando”.

Il suo lunghissimo percorso di vita e di esperienze dice che lei si è laureato in Lettere e Filosofia….
“Eh sì perché in Italia non esiste una laurea in archeologia. Dopo il dottorato mi sono iscritto alla Scuola di Specializzazione di Archeologia della Sapienza dove sono rimasto due anni prima di rinunciarvi per partecipare e vincere il dottorato di Ricerca sempre in Archeologia nell’87”.

Archeologo e storico, dunque.
“Lo scopo dell’archeologia non è altro che ricostruire la storia antica. Non c’è mica contraddizione. Anche se, per la verità, nella mia professione almeno una contraddizione c’è stata. Appena uscito dal liceo mi sono iscritto a Scienze Politiche, ma alla prima lezione di economia politica, non riuscivo a capire neppure ciò che diceva l’insegnante. Così, prima della fine dell’anno, nel ’72, mi sono iscritto a Lettere Classiche”.
E ora è coordinatore del sistema museale del Lago di Bolsena…
“Una precisazione, sono un dipendente comunale regolarizzato nel 2007 come direttore del museo territoriale e dal 2000 sono coordinatore del sistema museale. Incarico che mi è stato rinnovato quattro volte. A luglio andrò in pensione. Non timbrerò il cartellino, ma non cambierò mestiere”.

Anche perché del lago lei è un inguaribile innamorato.

“Diciamo che ho provato più volte a lasciare e andare a lavorare altrove, ma alla fine ho dovuto trovare un’occupazione qui. Questo è un posto che non si può abbandonare per troppo tempo”.
Un sistema museale, formato da tanti paesi, tra i quali manca Capodimonte. Come è possibile?
Capodimonte ha già un museo della Navigazione, ma non è mai voluto entrare nel consorzio in quanto la partecipazione costerebbe l’astronomica cifra di 400 euro all’anno. Capisce? Sembra, per la verità, che in Comune vi sia qualcuno che si opponga all’entrata nel sistema. Posso solo dire che Capodimonte sbaglia perché noi ogni anno gestiamo progetti per oltre 100.000 euro. Non vorrei andare oltre, se non sottolineare che in compenso abbiamo ammesso Castiglione in Teverina. E’ tutto dire. Siamo partiti con dieci musei e presto arriveremo a quindici.
Il sistema museale magari è in crescita, ma il lago rischia di morire per avvelenamento.
“Noi rappresentiamo un baluardo che si sta opponendo a questo avvelenamento. Con scarsi risultati, ma l’associazione lago di Bolsena sta combattendo strenuamente contro la diffusione dei noccioleti e la geotermia. Oltre tutto con la crisi economica che si aggraverà dopo il Coranavirus i noccioleti avranno via libera totale. E si sa che i noccioleti inquinano perché per rendere devono essere inquinanti e trattati con sostanze chimiche tossiche che inevitabilmente finiscono nel lago. Il ricambio delle acque che prima era di 120 anni adesso è di 250 perché da Campo Molino, l’altopiano che sale verso Acquapendente, viene sottratta acqua per irrigare la pianura sottostante. E poi il Cobalb, il consorzio bacino lago di Bolsena, invece di depurare le acque le scarica nel lago. Tutto ciò che producono i paesi finisce nel Marta così come arriva, con il risultato che a 150 metri di profondità non c’è più ossigeno. E un’acqua senza ossigeno è un’acqua senza vita.

Professor Tamburini, ce l’ha un sogno, un progetto che vorrebbe veder realizzato?
La salvaguardia del lago, ovviamente. E vorrei che il sistema museale di Bolsena da ente, che oggi vive grazie alla buona volontà dei paesi consorziati, diventasse una istituzione regionale, sul tipo dei parchi. Con personale stabile e pagato adeguatamente. Oggi siamo praticamente dei volontari. Anzi no, io sono fortunato perché sono part-time con uno stipendio di 840 al mese.

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