Il “Barbiere” di piazza San Lorenzo

di Vincenzo Ceniti

“Barbiere” delizioso e solare, come Rossini comanda, quello di martedì scorso per l’Estate Viterbese in piazza San Lorenzo a Viterbo – senza i clamori di regie tormentate  e angoscianti cui purtroppo siamo abituati –  messo su con parsimonia e sana oculatezza da Ermanno Fasano patron della S.O.L.T. I che ormai ci ha abituato a questi miracoli secondo un gioco di squadra compatto e affiatato come gli azzurri di Mancini.

Lo scenario di pietra della Cattedrale, affiancato dal pluridecorato palazzo dei Papi (quest’anno festeggia i 750 anni del suo eterno conclave) non ha avuto bisogno di quinte ed orpelli di sorta, ma solo di sapienti giochi di luce  per sottolineare i passaggi musicali di un’opera che pretende solo di essere eseguita fedelmente come ha fatto Lorenzo Castriota Skanderbeg (scuola Giuseppe Patanè) alla guida della sorprendente  orchestra sinfonica ungherese di Miskolc. “Non c’è il tradimento dello spartito con effetti speciali e inutili, ma l’adesione semmai alle virtuosità degli interpreti e alla loro espressività”.  Un conto è dirigere una sinfonia, altra cosa è mettere insieme i pezzi di un’opera lirica intrisa di musica, voci, recitazione, coro ed altro.

Presente comunque, pur nell’essenzialità della scena, l’attrezzeria essenziale con spinetta, scrivania, sedie e poltrone, ad inquadrare con sobrietà ed eleganza i segni mutuati dalla commedia francese di Beaumarchais. Così come i costumi, orientati al gusto dell’epoca con un imprevisto abito da sposa per Rosina. Francesca Bruni ha dato prova di una gradevole coloritura di voce e di ottime gestualità teatrali, quasi televisive. Ricordiamo la sua Gilda a fianco di Renato Bruson  Apprezzabile “Una voce poco fa”  quasi sussurrata con gusto e perfetta  intonazione. Abile Francesco Marsiglia (il Conte d’Almaviva) a tenere sotto controllo nei “piano” una voce squillante sempre affidabile e accarezzata. Lo sa bene Riccardo Muti che lo ha diretto in un recente Ifigenia in Aulide all’opera di Roma. Sul fronte dei “bassi”,  Leonardo Galeazzi (don Bartolo) è stato il mattatore della serata. Padronanza assoluta della scena, voce solida e incline all’ironia e un’ ottima coloritura. Ne ha fatto di strada dallo zio Ponzo di Butterfly (debutto alla Scala) ad oggi. Un cavallo di razza  dell’opera buffa. Da parte sua Stefano Rinaldi Miliani (don Basilio) ha confermato   padronanza di voce e teatralità apprese da una lunga carriera e dalla scuola di Bruscantini.

Infine lui, un Figaro nato e cresciuto. Gabriele Nani nelle parte del “factotum della città” si sente totalmente a suo agio dimostrando doti di ottima vocalità unite ad atteggiamenti di autentico istrione  della commedia dell’arte. Coro Lirico dell’Umbria diretto da Sergio Briziarelli…

La regia? A Guido Zamara la nostra gratitudine per la lettura corretta dell’opera e l’abilità nell’aver tratto dal libretto e dalle situazioni descritte da Cesare Sterbini il fiore delle essenze. Simpatico il velato accento partenopeo che ha messo in bocca a don Alonso. Forse poteva fare a meno dei riferimento a Raffaella Carrà e al suo motivo “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù” Ma ci sta. Finalino. Com’è suggestiva l’opera lirica in piazza, tra la gente. Non molta per la verità.

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