Giulia Maggini, nella mia Culla vivo la terra come una poesia

di Donatella Agostini

Giulia Maggini_cover

C’è una poesia del grande poeta dialettale viterbese Emilio Maggini. Narra di un torrente limpido che scorre tra canneti rigogliosi e spalliere di viti, e di un luogo raccolto a pochi passi dal cuore storico della città. Di una terra che ha accolto e protetto fino ad oggi il susseguirsi di cinque generazioni di Maggini, che con il sudore, la fatica e la speranza, l’hanno vissuta e lavorata. Protettiva, materna: una culla, che è il titolo della poesia. Qui c’è quel silenzio che silenzio non è, perché pervaso dalla musica discreta della natura: le “serenate di grille”, l’abbaiare festoso di un cane, il gorgogliare tranquillo di quel torrentello, che “‘ncora sempre scurre”, a simboleggiare il corso inarrestabile del tempo. Quando la sua bisnipote Giulia ha ripreso in mano l’azienda agricola di famiglia, ha pensato a quella poesia, e a quel concetto di accoglienza materna e avvolgente. E ha scelto di chiamarla “La Culla di Giulia Maggini”.

Giulia, trent’anni, ha lunghi capelli castani che tiene sciolti, un gran sorriso e mani che non si fanno spaventare dal lavoro dei campi, né dalle lunghe attese delle stagioni. Ci accompagna a visitare la tenuta, che si stende tra boschetti, terrazze e tagliate di tufo. A poca distanza, la storia riemerge con il ponte Camillario, la cava di Sant’Antonio, pozzi e ville romane. Alla Culla vengono coltivati ortaggi, olivi, frutta, erbe aromatiche e spontanee. «Ma anche frutta antica, come le pesche di vigna, fiori eduli e micro ortaggi, per far fronte alle più innovative richieste dei ristoranti». I prodotti possono essere acquistati direttamente in azienda o nei mercati di Campagna Amica, Tuscia in Bio e Slow Food, oppure consegnati a domicilio. Mentre visitiamo l’azienda, Giulia racconta con semplicità il suo percorso. «La passione c’è sempre stata, perché sono cresciuta qui, nella Culla, in compagnia di mio nonno Paolo, al ritmo delle stagioni. Dopo il liceo mi sono iscritta ad Agraria, e per preparare la tesi di laurea sono andata in Amazzonia a studiare la coltivazione del cacao. Mi mancherebbero solo pochi esami, ma con tutto il lavoro che c’è qui, non ho avuto più molto tempo per terminare gli studi». Nel 2018 la passione per la natura, per i prodotti della tradizione contadina viterbese, e il desiderio di rafforzare le radici familiari l’hanno portata ad aprire, in questo luogo così denso di ricordi, la sua azienda, giovane come lei, e come lei in crescita. La giovane imprenditrice sta cercando di riaccorpare la superficie originaria di terreno che nel corso del tempo era stata suddivisa tra i vari membri della famiglia. «Attualmente siamo nel processo di conversione biologica: dal prossimo anno contiamo di avere il certificato bio ufficiale. Questo periodo serve alle aziende che si convertono al biologico per “depurarsi” di tutti i residui chimici anche se, in realtà,  fin dall’inizio abbiamo sempre seguito quella linea, non utilizzando mai concimi chimici, né prodotti alterati artificialmente», ci spiega. «Il periodo di transizione serve soprattutto per imparare a destreggiarsi nella burocrazia: c’è una mole allucinante di carte da gestire, che di certo non semplifica le cose». Scegliendo il biologico si va  incontro alle mutate sensibilità dei consumatori, che sempre più spesso vogliono per la loro tavola prodotti più sani. «Nella nostra provincia infatti il biologico si sta affermando sempre di più. Ma quello che più conta per noi è il rapporto che si crea con i nostri clienti. Vengono giù, ci conoscono, vedono com’è l’azienda, si crea un rapporto di fiducia».

Nel frattempo, il gioioso border collie di Giulia sfreccia nei campi e finisce a rincorrere pesciolini nel “rrigarello d’argento”, il ruscello che costeggia le coltivazioni. In questo strano inverno che si maschera da primavera, molte piante osano fiorire anzitempo, le api ronzano affaccendate, e farfalle gialle svolazzano incuranti del calendario. «Queste temperature rappresentano un problema», afferma Giulia. «Gli alberi da frutto stanno mettendo le gemme. Ma il gelo rimane comunque in agguato, e potrebbe fare brutti scherzi anche ad aprile». Dalle sue parole traspare un filo di preoccupazione, e tanto amore per ciò che la circonda. Nella pagina social dedicata alla Culla ci sono tante bellissime fotografie da lei scattate, che ritraggono fiori, piccoli frutti, foglie dalle strane forme, gocce di rugiada che imperlano un ortaggio. Ma ci tiene a sottolineare di non essere un caso unico. «In questa zona ci sono molti ragazzi che hanno ripreso in mano le aziende agricole: producono olio d’oliva di qualità, miele, lavanda… è un settore che si sta espandendo. Ma non è sempre facile per un giovane volenteroso mettere in piedi un’azienda agricola. Se non disponi di un capitale sufficiente, e soprattutto, se non hai alle tue spalle una famiglia che ti supporta». A collaborare con lei in azienda ci sono infatti il papà Alessandro e il compagno Fabrizio, che appoggiano Giulia anche nella sua sensibilità nei confronti del sociale. «Finito il liceo sono andata in Ecuador per un anno di volontariato con i bambini delle favelas», prosegue. E alla Culla sono arrivate recentemente alcune casette delle api, che fanno parte di un progetto nazionale. «L’associazione Soroptimist International, che si occupa di sostenere la condizione femminile nel mondo, ci ha inserito nel progetto “Oasi delle api”. Speriamo che ne possano nascere tante altre nella nostra Tuscia». Favorire l’incessante lavoro delle api significa concepire la natura come un grande sistema dove tutto è interconnesso, da guardare con ammirazione, ma soprattutto da preservare, nella sua biodiversità e stagionalità. Come facevano i nostri nonni e bisnonni, con la loro fede semplice e ingenua, che parlava di duro lavoro, dignità, e rispetto per il creato. Sopra l’entrata di una grotta scavata nel tufo occhieggia una piccola edicola antica. «È la Madonna della Spiga, che benediceva le messi. In questa grotta si riunivano i membri della Tuscia Dialettale, l’associazione di poeti viterbesi che il bisnonno Emilio aveva contribuito a fondare». Originario di Pianoscarano, contadino da sempre, Maggini era rimasto vedovo presto con una nidiata di bambini a cui badare. Si sedeva sotto un ulivo o al riparo del tufo e scriveva poesie, malinconiche e nostalgiche. «Si riunivano alla Culla per un pranzo o una cena in allegria, il bisnonno con Edilio Mecarini, Ezio Urbani, Franco Turchetti, Vittorio Galeotti… si facevano ispirare dal cielo stellato». La Tuscia Dialettale è stata recentemente riscoperta e rivalutata da poeti e intellettuali di oggi, come Antonello Ricci e Pietro Benedetti. «Sarebbe bello poter ripetere queste occasioni conviviali con chi ha preso l’eredità dei poeti dialettali viterbesi», conclude Giulia. Di progetti futuri ce ne sono tanti, com’è giusto che sia per una ragazza tanto giovane. «Allargare la nostra offerta, magari con le uova biologiche, e con la trasformazione dei nostri prodotti… Realizzare un piccolo museo della civiltà contadina, per raccogliere gli antichi attrezzi che ancora abbiamo qui. E organizzare attività didattiche e formative per grandi e piccoli». Sarebbe bello riuscire a trasmettere lo stupore che le piccole sorprese della natura sanno regalare. Qui, dove una ragazza in compagnia della sua famiglia e del suo cane felice, ha scoperto il modo migliore di vivere la terra: come una poesia.

 

 

www.laculladimagginigiulia.it – www.facebook.com/LaCullaDiMagginiGiulia

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