Giorgio Pulselli: l’architettura, l’arte e la tecnica, la visione e l’ironia

di Donatella Agostini

“Ho letto, ho pensato, ho fatto”: il titolo di una delle tante mostre di Giorgio Pulselli è la sintesi semplice ed immediata del suo modus operandi. Leggere per accrescere costantemente la sua già vasta cultura; pensare come sinonimo di progettare, ideare, architettare; fare, e lasciare che mani rese abili dal lungo esercizio diano spazio al cuore e creino perfezioni. Architetto, pittore, scultore, vignettista satirico: il suo eclettismo si rispecchia nel fascino della sua stessa abitazione, museo di una vita trascorsa respirando arte. Alle pareti decine di dipinti ad olio ed acquerelli, sculture, presepi, scaldati dal tepore di mobili antichi. E luminose, come sotto piccoli riflettori, centinaia di piccole e leggiadre figure bianche di cartapesta, scolpite in atteggiamenti che sfidano la forza di gravità, aeree ed aggraziate come residui concreti di sogni.

Nato a Viterbo, Giorgio Pulselli ha trascorso buona parte dell’infanzia e della fanciullezza in Toscana, regione di origine del padre. Tutta toscana è la sua ironia sorridente, e scintille di divertimento brillano nel suo sguardo mentre racconta, con piglio di abile narratore, il suo personale percorso di vita e di arte. «Trascorrevo le mie vacanze in casa di zii che non avevano figli», inizia a raccontare. «Per me sono stati dei maestri: ho imparato da loro ad apprezzare il teatro, la cultura, le città d’arte… mia madre poi era della famiglia Falzacappa Benci di Acquapendente, antichi nobili della Tuscia. Sono cresciuto in un mondo dove si respirava cultura in ogni forma, anche quella contadina». Pulselli scopre la sua vocazione artistica grazie alla lungimiranza di una maestra elementare, che si avvede del suo talento. «Da allora non ho più smesso di disegnare». Pulselli frequenta gli studi dei maestri viterbesi Fortunato Del Tavano e Felice Ludovisi. Mentre è studente a Roma si reca spesso in via Margutta, nello studio dell’artista Domenico Mastroianni, amico del padre. Con altri colleghi universitari partecipa a mostre collettive di pittura, ottenendo numerosi riconoscimenti. Invece la sua vita professionale intraprende un percorso apparentemente lontano dall’arte: laurea in architettura alla Sapienza, poi un concorso che lo vede entrare come dirigente al Comune di Viterbo, prima al settore urbanistica e poi ai lavori pubblici. «Trentuno anni di servizio, trentasei anni di professione come architetto», racconta. «Lavorando in un ente pubblico mi sono occupato di tutto, dai restauri dei palazzi comunali all’edilizia scolastica. Ho progettato  il Tribunale, la piscina, la scuola Vanni, la facoltà di Agraria, il cimitero nuovo, l’Orto Botanico… ne ho fatte di cose. Ho ideato una sola palazzina in vita mia, il palazzo Ater di via Matteotti, che poi è stato tanto criticato. L’ho pensato come una sorta di macchina che funziona in maniera ottimale direi… è stato un bell’esercizio».

Malgrado una professione così razionale, Pulselli continua ad esprimere la parte più emozionale e creativa di sé, e lo fa disegnando. «Ho cominciato a fare le caricature dei professori, dei compagni di scuola… un giorno Arnaldo Sassi, caposervizio del Il Messaggero e responsabile della redazione di Viterbo, mi propose di collaborare». Dal 1995 al 2000 Giorgio disegna per il quotidiano caricature e vignette satiriche sulla politica viterbese, che poi confluiranno in tre raccolte dal titolo “Sale e Pepe”. Conclusa la sua attività di architetto presso il Comune, Pulselli può tornare ad occuparsi di scultura e di pittura ad olio, e incontra la cartapesta. «Quando pensiamo a questo materiale ci vengono in mente i carri allegorici, ma è un’associazione di idee molto limitata», afferma, mostrando un antico crocifisso, il corpo del Cristo su cui risaltano mirabilmente vene e muscoli. «Un’anatomia fantastica. Sembra ligneo, è cartapesta. Ci si fa tutto, di ogni dimensione e ad ogni livello. Il fatto di dire “non so disegnare” non è vero: fai quello che ti viene di fare, esprimiti. A imparare un linguaggio artistico grammaticalmente corretto fai sempre in tempo, l’importante è riuscire a capire cosa hai dentro e tirarlo fuori». Pulselli tiene una scuola d’arte presso l’Oratorio della Quercia. «Ho allievi che mi seguono da diversi anni. Si divertono, e quella concentrazione benefica è una specie di cura. All’inizio ci occupavamo di scultura con l’argilla e di mosaico. Nel 2010 un allievo mi ha proposto la cartapesta. Lì per lì mi ha messo in difficoltà, poi abbiamo scoperto un materiale incredibile. Un giorno don Massimiliano Balsi, il parroco de La Quercia, ci ha proposto di realizzare una Natività: da allora abbiamo realizzato diciotto pezzi». Il Presepe di Giorgio Pulselli e dei suoi allievi impreziosisce la magica scenografia della Basilica nel periodo di Natale. Statue ad altezza d’uomo, panneggi ed espressioni naturali: il colore bianco esalta il movimento, i chiaroscuri e i vuoti. Ma come nasce una scultura in cartapesta? «Ho un’idea e la disegno; sulla base del disegno vedo come posso organizzare la struttura metallica di sostegno – deformazione professionale! È un gioco di equilibri: l’ultimo angelo è alto due metri e venti e sta su un piede solo!» aggiunge sorridendo. «Sulla struttura metallica si modella poi la cartapesta. Utilizzo la carta di giornale, poi si dà il gesso vinilico che è duro ed elastico al tempo stesso». Le figurine modellate da Pulselli sembrano mosse da una brezza fresca che gonfia gli abiti e fa volare i cappelli. Palloncini, retini di farfalle, aquiloni. Ma anche buffe caricature: una leggerezza che fa bene. «Una cosa che ho notato alle mie mostre è che la gente entra seria ed esce sorridendo. Qui c’è il mio modo di vedere il mondo… gli aspetti positivi in tutto ciò che ci circonda». Leggerezza ma anche impegno: per la mostra “Ho letto, ho pensato, ho fatto” Pulselli ha realizzato sculture sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. «Ho esposto le mie interpretazioni su uguaglianza di genere, sensibilità ambientale, sicurezza sul lavoro… tutti obiettivi da raggiungere con un gioco di squadra. Il risultato finale arricchirebbe tutti». E per il settimo centenario della morte di Dante, dodici figure ispirate alla Commedia, per la mostra intitolata “Il Dante Avvelenato”, a richiamare ancora la sua connaturata verve di stampo toscano. «Mia moglie mi prende in giro: ti sembra di sapere tutto tu! E allora mi sono autocensurato: nel Purgatorio i superbi camminano con un grande masso sulle spalle. Allora mi sono ritratto seduto a disegnare, e c’è Dante che mi consegna un grosso masso!».

Sempre sospeso tra razionalità ed emozione, tra geometria e arte,Giorgio Pulselli ama incondizionatamente la nostra città e il nostro paesaggio. «La Tuscia è bella come la Toscana, ma più varia, naturale e non costruita», afferma. «Altra cosa eccezionale sono le cristallizzazioni dei paesi: Bolsena, Calcata, Vitorchiano… paesi che nascono come cristalli, affiorano dalle rocce come loro naturale prosecuzione». Giorgio Pulselli ci congeda con una dichiarazione d’amore per Viterbo. «Mi piace la contrapposizione tra i quartieri di San Faustino e Pianoscarano, i loro profferli, le case ponte, il loro tessuto urbano fatto di direttrici ortogonali che creano armonia… Volete vedere quant’è bella Viterbo? Guardatela per una volta allo specchio. Vedrete l’immagine di una città irriconoscibile, a rovescio, e vi accorgerete ancora della sua bellezza».

 

Foto di Maurizio Di Giovancarlo

 

 

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