“Per fermare lo scempio servirebbe una muraglia come quella cinese”. Più che un auspicio sembra una chiamata alle armi anche se arriva da un sincero pacifista. Ma il momento è quello che è: storico, perché può essere decisivo per la Tuscia che corre il concreto rischio di ritrovarsi a fare da pattumiera radioattiva di metà del Paese. Famiano Crucianelli, medico chirurgo, è presidente del Biodistretto della via Amerina e delle Forre, già parlamentare di sinistra, ma soprattutto è uomo che ama il territorio e che da anni combatte contro il progressivo e sistematico attacco al biosistema, attraverso l’incontrollato proliferare del fotovoltaico, il massiccio conferimento dei rifiuti, l’ampliamento abnorme delle monocolture. Tuscia sotto assedio. I nemici arrivano da fuori, ma sono presenti e numerosi anche all’interno del territorio. Da qui a qualche mese potrebbero arrivare 100.000 (centomila, sic) tonnellate di scorie nucleari, come dire una tonnellata per ogni tre abitanti dei trecentomila viterbesi. La nostra provincia è stata scelta dalla Sogin (la società incaricata della gestione degli impianti e dei rifiuti radioattivi) per ospitare 21 dei 52 siti della penisola. Quasi la metà del totale e questa metà si trova interamente nella Tuscia. Non nel Lazio, tanto per essere precisi.
“Uno scenario di estrema gravità”, denuncia Crucianelli. “Noi abbiamo già una situazione complicata per almeno due ragioni: la discussione sulla monocoltura del nocciolo e il tentativo portentoso di scaricare sulla Tuscia pannelli solari e pale eoliche a iosa. Se ci mettiamo anche le scorie nucleari avremo una gigantesca discarica. E’ veramente inaccettabile. Hanno occupato l’intero viterbese, manu militari. Siamo all’emergenza a cui tutti dobbiamo far fronte: forze politiche, sociali, culturali. Il deposito di scorie nucleari sarebbe una cosa gravissima. Perché l’immagine del territorio sarebbe quella di una discarica radioattiva. Una devastazione contro la quale siamo chiamati a combattere una battaglia vitale”.
Quanto tempo c’è e se ce n’è ancora per evitare questo scempio?
“Se ci sarà un’unità di intenti che va dalla popolazione alle sue rappresentanze politiche e istituzionali riusciremo a impedirlo. Non ci sono più margini di manovra, e non li prendo neppure in considerazione. Penso a una muraglia come quella costruita dai cinesi per bloccare l’arrivo dei barbari. Per essere più chiari, non credo a una manovra, ma una opposizione intransigente contro un colossale imbroglio”.
Di che tipo ?
“In realtà, di imbrogli ce ne sono tanti. Il primo è che nella scelta dei siti figurano cinque regioni e una sola provincia, quella di Viterbo. Assurdo”.
La battaglia da dove comincia ?
“La prima cosa da fare è sensibilizzare i cittadini perché la gente immagina che questa roba sia al di là da venire e che alla fine non si realizzerà mentre invece il rischio è reale. Aggiungo che è una cosa vergognosa che da nove mesi il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, si rifiuti di incontrare 35 sindaci che rappresentano questo territorio. E’ un atteggiamento fazioso, di parte. C’è un galateo istituzionale che va rispettato. O questo signore non capisce niente di politica o è troppo furbo e pensa di utilizzare questa vicenda per scopi personali. I 35 sindaci hanno il diritto di parlare con lui e spiegargli le loro ragioni”.
Dopo una prima fase di sensibilizzazione che si fa ?
“Bisognerà portare le nostre istanze dinanzi alle sedi istituzionali. La Tuscia e Roma sono separate da 70 chilometri”.
Ma in tutta questa situazione non è che qualche colpa l’abbiamo anche noi….
“Penso proprio di sì anche se in questa fase vorrei evitare di aprire discussioni. Certo è che la Tuscia ha dimostrato, non da oggi, una chiara debolezza. Come del resto avvenuto sulla questione delle nocciole: è inaccettabile che la Ferrero venga nel nostro territorio, si prenda l’80 per cento delle nocciole che noi produciamo e non trasformi un solo barattolo a casa nostra. Siamo trattati come una miniera del cioccolato, dove si viene, si prende la materia prima e poi il valore aggiunto si realizza nei paesi europei”.
Questo vale anche per il fotovoltaico ?
“Certo. Noi siamo stati i primi ad aprire il discorso sulle rinnovabili, ma occupare militarmente il territorio con pale eoliche di oltre duecentocinquanta metri non va bene”.
Le cose stanno cambiando? O no?
“Be’ ricordo che quando si cominciò a parlare della discarica nucleare qualcuno manifestò delle remore magari pensando a una rendita economica mentre oggi non sento alcuna voce che stia a testimoniare una qualche possibilità di accoglimento. Oltre tutto non ci sono le condizioni tecniche e sociali”.
I prossimi passi?
“Sogin e gli altri aspetteranno due mesi per accogliere eventuali candidature. Cioè che ci sia qualche comune in giro per l’Italia che si renda disponibile ad ospitare il sito di scorie. Operazione non semplice, l’esempio viene da Trino Vercellese dove l’amministrazione ha dato il benestare, ma la Regione Piemonte ha subito detto no. Noi saremmo pronti a mandare un dono al sindaco di Trino se queste scorie se le prendesse lui”.
E se questo comune non saltasse fuori?
“Comincerà un confronto tra governo e regioni. Quella del Lazio si è pronunciata in modo chiaro per il no. Se tutte le regioni non dovessero essere disponibili, come è al momento, la decisione finale spetterebbe al governo. A quel punto non so immaginare cosa potrà succedere. La prima cosa però da ribadire con chiarezza è che non accetteremo mai un deposito di scorie nucleari. La misura è colma”.