Belli, di padre in figlio per lo sviluppo di Viterbo

di Arnaldo Sassi

Fabio e Domenio Belli

Una vita dedicata all’edilizia. Una vita dedicata alla sua città d’origine: Viterbo. Una vita spesa a migliorarla, a favorirne lo sviluppo, a renderla più funzionale. Lui è Domenico Belli, splendido novantenne, ma con lo spirito di un giovanetto.

“Prima di intraprendere questa strada – esordisce – ho fatto tante cose: ho lavorato in Rai, poi all’Ente per la protezione degli infortuni, poi anche all’Inps. Spesso mi mandavano in missione e questo mi ha permesso di mettere da parte un bel gruzzolo, col quale ho cominciato l’attività che è stata poi quella principale della mia vita”.

Costruttore qualche volta è il sinonimo di cementificatore…

“E’ vero. Ma io ho sempre costruito all’interno di piani particolareggiati. Osservando alla lettera il piano regolatore. Insomma, nel mio ormai lungo percorso ho sempre rispettato le regole. E questo, talvolta, mi ha creato problemi e spesso ritardi nella realizzazione dei manufatti”.

Allora partiamo dall’inizio…

“Ho cominciato dal Murialdo, realizzando quello che oggi è il centro commerciale. Ma poi ho costruito l’attuale caserma dei Vigili Urbani, che ho regalato al Comune di Viterbo, insieme al verde circostante e ai parcheggi. Insomma, ho tenuto sempre presenti anche gli interessi della città. Quello è stato un lavoro che è durato circa dieci anni”.

E poi?

“E poi ho preso in mano la problematica del Riello, dove sono riuscito a sventare un vero obbrobrio”.

Cioè?

“All’epoca c’era un progetto, approvato da ben due giunte comunali e finanziato con un mutuo di due miliardi dalla Cassa Depositi e Prestiti, che prevedeva l’interramento di una parte di via della Palazzina per sfociare su via Garbini. In questo modo tutto il traffico si sarebbe spostato su via Garbini e avrebbe provocato un vero e proprio caos. Così presentai il progetto della rotatoria, quello che è stato poi realizzato e che oggi è esistente. Tra l’altro prevedendo una corsia preferenziale per chi deve andare su via della Palazzina e una bretellina per chi viene dalla Tuscanese, che consente di evitare la rotatoria stessa e permette alle auto di immettersi direttamente sulla tangenziale. Penso che la soluzione adottata sia molto più funzionale di quella prevista all’inizio”.

Lei ha realizzato anche l’edificio che oggi ospita il centro commerciale Tuscia e l’Ipercoop…

“Sì, anche quello è stata una bella faticaccia, perché mi hanno fatto molti ricorsi al Tar, ma io ho sempre dimostrato che era tutto regolare. Anche in quel caso ho fatto molto più del necessario: ho realizzato il capolinea del Cotral e anche quello l’ho regalato al Comune. Poi ho raddoppiato gli standard dei parcheggi, costruendo quello sotterraneo e ricavando anche altri 400 posti auto all’aperto. In questo modo è stato liberato viale Trento dall’inquinamento. Poi c’è anche una chicca…”.

Quale?

“Dove adesso c’è il monumento ai caduti dell’Aeronautica, a fianco della rotatoria, il terreno non era comunale, ma privato. E c’era un’azienda di caravan, quella che adesso sta sul lato opposto. In Comune nessuno aveva il coraggio di trattare col proprietario, ma io riuscii a convincerlo a spostarsi sulla parte opposta. E così il monumento si è potuto fare”.

Da circa due mesi l’azienda Belli ha aperto anche le Terme della Tuscia, situate all’incrocio tra la vecchia Cassia e la Trasversale. Anche qui una lunga via Crucis, durata più di vent’anni, della quale parliamo col figlio di Domenico, Fabio. Il quale ha seguito la strada del padre, dimostrando la stessa passione.

“Sì, è stato un lungo percorso, cominciato il 5 agosto 2002, quando fu presentato il progetto nell’ambito del piano particolareggiato”.

Un percorso molto lungo, anzi quasi infinito…

“Beh, più volte lo abbiamo dovuto modificare. Comunque nel 2005 ottenemmo la concessione mineraria, ma la realizzazione dell’opera si rivelò subito complessa”.

Perché?

“Perché, dovendo costruire su una miniera, erano necessarie una marea di autorizzazioni. Pensi che gli enti competenti erano sedici o diciassette. Comunque, tra una modifica e l’altra, siamo arrivati al 2016 quando finalmente il Comune ha adottato il piano, ma con alcune prescrizioni”.

E allora?

“E allora abbiamo dovuto modificare alcune tavole. Insomma, un vero e proprio tira e molla che non finiva mai. Ma alla fine il piano è approdato a Roma per la valutazione ambientale strategica, che si è chiusa nel marzo 2019”.

Ma sono trascorsi altri cinque anni…

“Già, perché nel gennaio di quell’anno la Soprintendenza inserì un vincolo paesaggistico che, partendo da valle Faul, arrivava fino ai terreni indicati dal nostro progetto. Che a quel punto non andava più bene. Bisognava fare un nuovo piano”.

E voi che avete fatto?

“Di tempo se n’era perso già troppo. E allora, dal momento che le vasche per l’acqua già c’erano, abbiamo elaborato un piano minimale, con spogliatoi, bagni e un chiosco che funge da bar. Così lo scorso 16 marzo abbiamo potuto aprire, anche se non con il progetto originario”.

Ma state già pensando al futuro…

“Per adesso siamo in fase di rodaggio, poi si vedrà. Attualmente ci sono cinque vasche con temperature dell’acqua diverse. In totale sono circa 1.000 metri quadrati. Ma stiamo pensando a qualche miglioramento. Però siamo orgogliosi di aver creato un parco termale immerso del verde. A disposizione dei viterbesi, e non solo”.

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