Adrian Moss Italia Nostra, la Tuscia un capolavoro paesaggistico identitario da proteggere

Di Nicoletta Di Luigi

Adrian Moss è il presidente di Italia Nostra Viterbo, risiede a Tuscania ma sull’intera Tuscia riversa il suo sguardo nella tutela ambientale. L’interesse è naturalmente rivolto ad un paesaggio che, oltre alla suggestione scenica, rappresenta la matrice storica dell’insediamento e della infra strutturazione antropica locale.

Mai come in questo momento non bisogna abbassare la guardia. Piansano Tuscania sono terre appetibili per nuovi insediamenti …

 

Associazioni come Altura, Amici della Terra, Assotuscania, Forum Ambientalista, GRIG,Lipu, Mountain Wilderness, hanno presentato al Ministero dell’Ambiente le osservazioni del no ell’ eolico nella Tuscia, contro il progetto che mira ad installare nel comune di Tuscania 16 mega pale eoliche alte 250 metri, le più alte mai viste in Europa, destinate a stravolgere per sempre il paesaggio di tutto il comprensorio. Dove sono i veri rischi?

Questo (gli areogeneratori industriali di Tuscania) è solo uno dei tanti progetti di produzione da fonti dette rinnovabili nella Tuscia. Ci sono 4000ha di fotovoltaico a terra richiesti su più di 50 progetti ed è solo l’inizio. Ci sono la pletora di progetti geotermici, il deposito di scorie radioattive, le discariche, i progetti di eolico che si moltiplicano – uno adesso tra Montefiascone e Bagnoregio che vede una forte opposizione. I 4000ha di fotovoltaico a terra richiesti, disseminati sull’intero territorio, pale eoliche dappertutto, centrali geotermiche cavidotti/elettrodotti e sottostazioni ovunque, discariche… Credo che avete la vostra risposta. Si tratta di una trasformazione di un territorio rurale e naturale in una distesa industriale in pochi anni. Un’aberrazione ambientale, contraria allo scopo stesso delle rinnovabili che sarebbe di salvare l’ambiente, contraria agli obiettivi europei di tutela del suolo e della biodiversità o del paesaggio.

Come si può sovvertire e armonizzare l’equilibrio ambiente, energie rinnovabili?

Molto semplice. Prima si blocca tutto immediatamente – anche i progetti autorizzati – con una moratoria nazionale, poi si studia seriamente un piano energetico coerente con i parametri ambientali. Questo sarebbe l’obiettivo del green: salvare l’ambiente e non il contrario. Mentre si prepara un piano coerente e circostanziato, si comincia subito a lavorare sul fotovoltaico integrato e la transizione al gas naturale e il carbon capture (Canapa, riforestazione, edilizia low carbon, risparmio energetico, ecc), le biomasse (biometano, biogas da scarti agricoli – non alberi o bosco), cogeneratori idrogeno, un po’ di eolico off shore anche se mediamente l’Italia è una zona di scarsa ventosità – il mar ionio è un po’ meglio. Poi nelle priorità green e i potenziali investimenti per salvare il pianeta non c’è solo il CO2 – anzi!

 Ci spieghi meglio……

 Ci sono priorità forse più importanti come la lotta contro la deforestazione e il degrado del suolo, il consumo di suolo e la frammentazione dell’habitat, la perdita di biodiversità (pensate alle api), l’inquinamento di ogni tipo (plastica, pesticidi, chimica, antibiotici,…). Il grande rischio è la desertificazione e la perdita di fertilità dei suoli e la perdita della sua capacità alla ritenzione idrica, il prosciugamento delle falde – anche qui il risparmio idrico è una priorità della transizione ecologica che in questo momento mi sembra solo una transizione industriale. Poi una volta chiarite le idee si tratta di seguire le regole, rispettare i pareri della soprintendenza, le normative e strumenti di pianificazione che dicono tutti che le rinnovabili vanno fatte nel rispetto di certi criteri.

 A livello locale gli amministratori cosa possono fare?

 A livello locale (per ora) i sindaci hanno in mano diversi strumenti per tutelare il territorio ma spesso non lo sanno. Altri non si rendono conto. Pensano che è energia pulita e non si rendono conto che siamo di fronte ad una richiesta massiccia di autorizzazioni e uno stravolgimento territoriale. Il consumo di suolo non è affatto pulito. Il suolo è una risorsa non rinnovabile. Rinnovabili su risorsa non rinnovabile significa che siamo in presenza di fonti non rinnovabili. Il fotovoltaico su tetti è una risorsa rinnovabile. Non è sempre facile resistere ai meccanismi di insediamento dell’industrializzazione green, e i mezzi dei sindaci per difendersi sono spesso limitati nei piccoli comuni. Devono fare dei piani regolatori e per guadagnare tempo, delle varianti ai piani regolatori. Possono chiedere la VAS ( valutazione ambientale strategica). Per semplificare il lavoro di tutti serve la moratoria nazionale immediata che blocchi le rinnovabili a terra, e da lì si riparte in maniera ordinata per pianificare le zone idonee e non idonee.

 Nella nostra regione è stato fatto?

 Nel Lazio non è stato fatto e a mio parere non si potrebbe autorizzare niente in assenza della definizione di tali aree. Nel caso non si raggiunga una moratoria, tutti i progetti autorizzati finora vanno riesaminati e studiati nell’insieme dell’impatto cumulativo. In particolare nella Tuscia, dove si concentrano molte richieste di progetti. Un altro punto importante è che la Tuscia ha già ampiamente superato la sua quota di produzione da fonti rinnovabili secondo gli obiettivi UE (siamo a 100%). Basta trasformare la Tuscia in centrale elettrica – questo non è green! Questo è graye! Il consumo di suolo e la frammentazione dell’habitat sono la prima causa di perdita di biodiversità, poi, quando (se) si alza il livello del mare dove produrremo cibo se è tutto coperto di strutture industriali?

 Quali sono le vostre battaglie in questo territorio che non avrebbero meritato un diverso epilogo?

Il primo progetto delle pale eoliche intorno a Piansano e la stazione Terna intorno a 2009-2010. Da lì parte l’incubo per il paesaggio della Tuscia. Ma all’epoca non c’era nessuno che si occupava di questi problemi.

Una serie di progetti per realizzare distese di fotovoltaico stanno mangiando il suolo della Tuscia. 101 ettari di pannelli fotovoltaici stanno per coprire terreni agricoli in località Cipollaretta, nelle campagne del capoluogo. Un progetto che per dimensioni è molto simile si vuole realizzare vicino all’antica città di Ferento. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica può essere determinante, viene sviluppata in modo totale sull’intero territorio?

Facciamo quello che possiamo con i mezzi a disposizione. Questo stravolgimento del territorio si sta preparando all’insaputa della popolazione. Non c’è stato dialogo nè informazione  sulla situazione d’insieme Geotermia – eolico – fotovoltaico – discariche -inceneritori – biomasse – infrastrutture di trasporto della corrente e viabilità. Purtroppo molti credono ancora nelle favole dell’energia pulita. Quando si renderanno conto della trasformazione sarà troppo tardi.

 C’è poca divulgazione informativa?

I mainstream non parlano di queste cose. Sono scomode. Non voglio neanche parlare dei danni nei paesi di produzione dei pannelli e batterie ecc,… e di estrazione delle materie prime. La lotta per valorizzare la Tuscia e trasformare la terra in una ricchezza andava fatta dieci o 20 anni fa, in quel modo eravamo più competitivi per resistere alle pressioni economiche.

 La fetta maggiore del Recovery Plan va a Rivoluzione verde e transizione ecologica. Può rivelarsi un’arma a doppio taglio?

Certo. Come premesso ci sarebbero mille modi di spendere bene questi soldi – e non solo,sulla questione del CO2. Mi ripeto, ma industrializzare il territorio rurale e naturale di un valore inestimabile sulla premessa non circostanziata che aumentando la produzione industriale (anche se in parte low carbon) si salva il pianeta mi pare un controsenso.

 Una storia alle spalle lunga 65 anni quella di Italia Nostra, che ha contribuito a diffondere nel Paese la “cultura della conservazione” del paesaggio urbano e rurale, dei monumenti, del carattere ambientale delle città. Quanto la sezione viterbese sotto la sua tutela promuove anche attraverso i nuovi strumenti della comunicazione, la conoscenza e la fruizione dei beni culturali e ambientali?

 La sezione è stata ricreata l’anno scorso dopo molti anni di fermo. Abbiamo subito avuto una  situazione di emergenza con Pian di Vico e il falso Green e non abbiamo avuto la possibilità di  concentrarci su altre cose. Adesso la lotta è più intensa che mai, ma siamo finalmente nelle condizioni di  espandere la squadra di lavoro e le attività della sezione: comunicazione, valorizzazione del territorio, Premio del Paesaggio (ne riparleremo), Mostre, tutela dei beni  architettonici e archeologici, escursionismo, visite guidate…

Nello specifico, per quanto ci riguarda….

Stiamo lavorando sul parco della  Cassia antica per recuperare e valorizzare il tratto da Foro Cassio alle pendici di Montefiascone.

Partecipiamo anche al progetto “Alla ricerca dei beni comuni – La salvaguardia del patrimonio  culturale e ambientale ‘minore’”. Stiamo già lavorando al Parco Agricolo dell’Alta Tuscia in sinergia  con un’amministrazione comunale della zona.

 

Ci paiono progetti concreti…

Ci sono molte cose da concretizzare e servono  persone competenti e motivate, disposte ad impegnarsi per il territorio. Il distanziamento ha  praticamente impedito la realizzazione di eventi e incontri promozionali secondo il modello tradizionale e ci vuole una strategia nuova. Ma adesso la situazione si sta migliorando.

Ci presenti la sezione, ci sono volontari? Perché manca di una sede nella città capoluogo?

La sezione è risorta da poco e nonostante le difficoltà covid è in continua espansione. Nell’intensità  della lotta abbiamo creato molti contatti e le basi per una bella crescita quest’estate/autunno. I progetti per il capoluogo appena elencati ne sono una dimostrazione palpabile.Pensiamo comunque creare una gruppo di lavoro dedicato a Viterbo e alle questioni architettoniche e archeologiche.

 Qual è oggi il nuovo modello di sviluppo su cui lavorare nella Tuscia? L’agricoltura e l’artigianato ma anche i settori della tecnologia o qualsiasi settore nel rispetto di alcuni criteri. Lo sviluppo di strategie agricole intelligenti con ritorno alla canapa e altri settori. La canapa ad esempio è probabilmente la migliore soluzione per la cattura del CO2, visto che assorbe più CO2/ha che qualsiasi altra forma di copertura vegetale (foresta o coltura). Le terre vulcaniche della Tuscia hanno un potenziale agricolo enorme e sono una ricchezza sostenibile e una risorsa non rinnovabile. Un patrimonio agrario che non va lasciato degradare. Ci auguriamo un’ evoluzione verso l’agricoltura biologica e biodinamica ( 15 giorni fa il Senato ha approvato la legge sull’agricoltura biodinamica) e/o pratiche meno invasive e dannose per l’ambiente. Lo sviluppo delle rinnovabili integrate e di comunità energetiche per creare molto lavoro e rendere le città (le periferie) più gradevoli e innovative. Il turismo e lo sviluppo di un agricoltura di qualità sono sempre una ricchezza da non sprecare. Le città che hanno puntato sul turismo sembrano fiorenti, non so se è così anche per le città circondate da impianti energetici.

 E il più grande rischio?

 Dipende dagli obiettivi e interessi che prendiamo in considerazione. Per chi vuole mantenere le caratteristiche del territorio e la qualità di vita rurale (la vera ricchezza e sostenibilità), il più grande rischio è lo sviluppo insensato delle strutture di produzione e trasporto di energia, gli allevamenti intensivi e i noccioleti. Per gli investitori del settore della produzione energetica, e dei settori industriali, il più grande rischio è che i cittadini della Tuscia e sindaci si rendono conto della ricchezza che presenta la terra di questo territorio preservato dall’industrializzazione sfrenata. L’industrializzazione in nome dell’ambiente è una contraddizione evidente. Poi se vogliamo che la Tuscia diventi il nuovo bacino industriale del centro Italia per produrre energia mi pare che è una decisione importante in contraddizione con gli obiettivi dichiarati per le rinnovabili “green”. Una decisione (quella dell’industrializzazione di massa) che va presa in accordo con una popolazione informata sul risultato finale.

 

In buona sostanzala mission di Italia Nostra oggi più che mai persegue un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla valorizzazione dell’inestimabile patrimonio culturale e naturale del Paese capace di fornire risposte in termini di qualità della vita. Per Adrian Moss Presidente di Italia Nostra Viterbo significa  guardare ad  un modello di sviluppo che tocchi la Tuscia  nella tutela e nella valorizzazione dell’inestimabile patrimonio di cui siamo spesso inconsapevoli beneficiari.

Declamava il poeta Andrea Zanzotto: “Un bel paesaggio, una volta distrutto, non torna più”. Ecco perché è fondamentale attivarsi  adesso per salvarlo.

Lago di Vico – il vulcano

 

 

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