TFF : sold out per Marco Bellocchio e Pierfrancesco Favino

di Donatella Agostini

Una serata speciale quella di venerdì 5 luglio al Tuscia Film Fest, rassegna cinematografica in pieno svolgimento a Viterbo. Piazza San Lorenzo sold out per accogliere Marco Bellocchio, maestro indiscusso del cinema internazionale, e Pierfrancesco Favino, attore amatissimo dal pubblico italiano, e per assistere alla proiezione del film “Il traditore”, pellicola incentrata sulla controversa figura di Tommaso Buscetta. Grazie alla collaborazione di questo ambiguo e contraddittorio personaggio, il team antimafia capitanato dal giudice Giovanni Falcone riuscì ad assicurare alla giustizia ben 366 appartenenti alle cosche mafiose. Il film è una rappresentazione a più voci nella quale appaiono personaggi noti alle nostre cronache recenti; un grandioso affresco sul mondo mafioso, nel quale i codici morali sono sovvertiti, culminante nelle scene del maxiprocesso di Palermo, che terminò nel 1992 con condanne epocali. “Il traditore” è un film sul senso di appartenenza ad una famiglia, che sia quella degli affetti che quella mafiosa; rifugge dal glamour degli stereotipi preferendo lo scavo psicologico. A introdurre la visione del film il giornalista e critico cinematografico Enrico Magrelli, che prima ha chiamato sul palco i due protagonisti della serata, per procedere alla consegna del premio “Tuscia Terra di Cinema” intitolato all’avvocato Luigi Manganiello. A consegnare il premio a Marco Bellocchio i figli Antonio e Paolo Manganiello e Marco Santoni, consigliere di Banca Lazio Nord, della quale Manganiello è stato presidente. Subito dopo la visione del film, che ha tenuto incollati alle sedie i numerosissimi spettatori, un’intervista a tre voci intervallata dalle domande del pubblico. «Per un autore è sempre bello vedere una platea così numerosa», ha esordito Marco Bellocchio, tra gli applausi scroscianti del pubblico. E poi, a proposito della sua scelta di rappresentare la vita di Tommaso Buscetta: «Prima di realizzare questo film sapevo poco di lui. Quello che era stato pubblicato dai giornali. Un personaggio molto intelligente, carismatico, anche simpatico. Voleva essere un protagonista, ma non avrebbe mai voluto diventare un collaboratore di giustizia. Lui credeva ad una mafia antica, in cui certi valori venivano rispettati, e in questo si contrappose ai feroci Corleonesi. Ma non si deve pensare a Buscetta come un eroe. È stato un personaggio complesso, ma l’eroismo è un’altra cosa». E Pierfrancesco Favino ha aggiunto: «Sono orgoglioso di aver fatto parte di questo film e di essere stato nelle mani di un artista. E sono contento di vedere tra di voi tanti ragazzi, perché il film narra una pagina della nostra storia che non è così nota. Vale la pena di conoscere di più, per capire quali possono essere state le ragioni di eventi tragici che ci riguardano tutti. Buscetta era un uomo scaltro. Nel film emergono aspetti che lo riguardano: gli affetti familiari, che appartengono a tutti, ma anche un’idea di assoluta lealtà a un mondo a cui Buscetta sceglie consapevolmente di appartenere, non provenendo da una famiglia mafiosa. Non ho mai creduto alla sua redenzione. E sono convinto che almeno il sessanta per cento di quello che sapeva se ne è andato con lui. Il film mi ha permesso di avvicinarmi in maniera diretta e disturbante a tutto ciò che noi della nostra storia ignoriamo e che ancora oggi è meglio che sia così. I mafiosi sono soldati che vivono in guerra costantemente. Hanno regole differenti, vocabolari particolari: ciò che si stanno dicendo non è come sembra. Comunicano per accenni, allusioni. Quello messo in scena da Bellocchio è un teatro greco, ampliato ad una civis molto più ampia e profonda di quella palermitana».

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