Sabrina Bertini , il lunguaggio dei segni nel primo laboratorio di Reborn Dolls della Tuscia

In questa storia convergono due tangenti: quella macroscopica delle Reborn Dolls, le bambole-surrogato che stanno diventando un fenomeno anche in Italia, e quella microscopica di una giovane donna sordomuta, mamma di tre figli, che ha trovato il modo di rinascere come imprenditrice.
Sabrina Bertini, di Montalto di Castro, è l’ideatrice di Reborn Baby Amor, un e-commerce sui generis dove vende i suoi bambolotti talmente realistici da sembrare veri.
Grazie all’aiuto della figlia Noemi, riusciamo a parlare con lei. “La mia passione per le bambole Reborn nasce dieci anni fa, alla fiera dell’hobby a Roma. Lì comprai il mio primo kit, con tanto di tutorial in cd-rom, per imparare i rudimenti di tecniche che poi negli anni, grazie a tanta pratica, ho fatto mie, evolvendomi e perfezionandomi. Viso e corpo sono in vinile e li dipingo con colori Genesis. La bambola viene riempita di ovatta e microsfere di vetro. Per i capelli utilizzo il mohair, una fibra tessile, oppure capelli veri. Il busto è in stoffa ma, su richiesta, può essere anche dello stesso materiale delle altre parti del corpo. All’interno della bocca viene inserita una calamita per far sì che il ciuccio possa aderire e rimanere attacato”.
Sabrina impiega circa una settimana per realizzarne una Reborn Doll e, a quanto pare, le richieste non mancano. Sulla pagina Facebook di Reborn Baby Amor è tutto un fioccare di commenti di donne interessate all’acquisto o semplicemente compiaciute dall’estrema verosimiglianza con i bambini in carne e ossa. Davide, Lisa, Filippo, Ramsey, vestiti di tutto punto e corredati di autentici pannolini, sono le ultime “creauture” ad essere state adottate.
“Lavoro anche su commissione, spesso mi chiedono di riprodurre un bambolotto partendo da una foto. Tra le richieste più bizzarre ci sono quelle per elfi, avatar e dolci scimmiette”.
Nata negli Usa, dove c’è chi è disposto a spendere diverse migliaia di euro per manichini che simulano il pianto e il battito del cuore, la moda del collezionare Reborn Dolls non manca di suscitare preoccupazione.
In Italia tra i primi a parlarne è stato Vincenzo Maisto, autore del blog “Il Signor distruggere”, che si è infiltrato nel gruppo Facebook “Il mio bimbo speciale“, svelando tutta l’inquietudine di un “gioco” surreale (tra le testimonianze raccolte ci sono donne che hanno contattato tate o portato il proprio bambolotto dal pediatra).
Ma per Sabrina, che vive il fenomeno dall’interno, non c’è nessuna sfumatura patologica. “In fondo sono solo bambole con qualche caratteristica in più – spiega –. È vero, esistono delle community social, di cui faccio parte anch’io, in cui ci scambiamo consigli sui materiali e sulle tecniche di reborning, ma nulla di più. Da quello che mi risulta nella Tuscia non ci sono altri artisti di reborn”.
L’impressione è che le Reborn Dolls siano da un lato una forma giocosa del collezionismo estremo, dall’altro siano l’eco di un vuoto difficile da colmare. “A scrivermi sono mamme che desiderano regalare ai loro figli un bambolotto ma ci sono anche donne che non riescono ad avere figli. Sono le persone che mi stanno più a cuore”.

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