Tuscia in pillole. Vota Antonio, campagna elettorale d’altri tempi

di Vincenzo Ceniti*

Vota Antonio

Il titolo ci rimanda al film di Totò “Gli Onorevoli” (1963) di Sergio Corbucci e, di rimbalzo, a “Il vigile” di Alberto Sordi (vota Otello Celletti) di Luigi Zampa (1960). Dal dopoguerra ad oggi, la liturgia delle campagne elettorali s’è nutrita di modi di comunicazione, tempi, slogan e neologismi in continua evoluzione che vale la pena di appuntare.

Negli anni Cinquanta-Sessanta a Viterbo (ma non solo) i nomi dei candidati e le sigle dei  partiti (scudo crociato, falce e martello, sole nascente, fiamma tricolore, foglia d’edera, stella e corona ecc) venivano dipinti senza scrupoli con calce e pennello sulle pareti delle case, sull’asfalto, sui tronchi d’albero, perfino sulle mura castellane. Ricordo che nei pressi di porta della Verità ancora campeggiava fino ad alcuni decenni fa un grande scudo della Democrazia Cristiana con tanto di croce disegnato a mano e vernice bianca sui conci della torre. I manifesti dei vari partiti si affiggevano dappertutto.

Una legge del 1956 provvederà a mettere ordine, proibendo le iscrizioni murali e quelle su fondi stradali, rupi, argini, palizzate e recinzioni. Ma con scarsi risultati. Grande impiego  di volantini che nei giorni di punta coprivano letteralmente le strade e le piazze. Poco usate, come avviene oggi, le foto dei candidati; meglio i disegni e le caricature dal linguaggio grafico più immediato.  Diffusi i messaggi veicolati da altoparlanti gracchianti, sistemati sulle auto o su variopinti furgoni che attraversavano le vie della città come accadeva per Totò e Alberto Sordi.

E c’erano soprattutto i comizi. A Viterbo i luoghi deputati restavano piazza delle Erbe e soprattutto piazza del Plebiscito sul cui palco sono saliti in vari anni i big di allora, De Gasperi, Almirante, Nenni, Togliatti, La Malfa, Malagodi (ma non solo) davanti a centinai di fans e curiosi.

Frequenti le cene elettorali in vari ristoranti con il candidato a capotavola circondato dai suoi sodali. Non erano ancora diffusi i social e  i talkshow televisivi e non c’erano le emittenti  private. L’unica trasmissione ufficiale era “Tribuna politica” avviata nel 1960 da Gianni Granzotto.  Rari nei programmi politici i riferimenti a cultura, ecologia, turismo ed inquinamento.

A distanza di oltre mezzo secolo a Viterbo ancora si fa ancora notare  un reperto di archeologia elettorale su un tratto di muro di cinta dell’Istituto San Pietro in viale A. Diaz segnato in vernice bianca con il nome di Caradonna. Un vero cimelio. Giulio Caradonna, classe 1927, romano, deputato del Movimento Sociale Italiano dal 1958 al 1994. Personaggio piuttosto fumino guardato a vista  dai Carabinieri per le sue intemperanze durante i comizi. Nelle elezioni del 1953 aveva attaccato pubblicamente a Canepina il parroco del paese, don Mariano Belardinelli. A Barbarano Romano si fece sentire per le chiassose interferenze durante il comizio dell’avversario  democristiano Ildo Santori.

Il dossier di questi battibecchi è nutrito e colorito. A Ronciglione il democristiano Paolo Bonomi durante un comizio di quegli anni venne coinvolto in una vivace polemica con il missino Renzo Lodoli, vice segretario provinciale del Msi di Roma, sedata dai carabinieri. A Vasanello l’allora ministro delle Difesa Randolfo Pacciardi  entrò in chiassosa competizione con due disturbatori che vennero allontanati dalle forze dell’ordine.

Ma ci sono anche annotazioni d’atro tipo che rendevano i comizi spettacolari e da non perdere. A Viterbo, alle comunali del maggio 1956, in un’affollata piazza Fontana Grande (foto collezione Silvio Cappelli), il democristiano Annibale Salcini nella sua storica arringa da un balcone sopra il tabaccaio, prometteva di rimuovere i selci nelle strade per evitare che le donne  inciampassero con i tacchetti a spillo.

Disordini e folclore non solo nei comizi. A Monte Romano il rifiuto del sindaco di concedere la banda comunale per la processione del Venerdì Santo provocò reazioni e proteste da parte dei fedeli che organizzarono un generale fracasso con campanelle, bidoni e latte vuote. La scena ci ricorda i film di don Camillo e Peppone. A Tre Croci ci pensò una suora a mettere in fuga due giovani esuberanti di Vetralla che stavano sistemando un cartellone elettorale sul muro del convento. A Tarquinia durante un comizio democristiano, tre comunisti issarono un cartello con scritte polemiche. Subito denunciati a piede libero e allontanati dai Carabinieri.

E poi le denunce per brogli elettorali. A Caprarola,  secondo la denuncia di alcuni esponenti del Pci, un’anziana degente dell’Ospizio avrebbe votato al posto di un’altra. A Piansano i comunisti fecero una denuncia per la propaganda svolta dal parroco in chiesa durante le funzioni e per l’abuso nel rilascio dei certificati medici per l’accompagnamento dei malati in cabina. Oggi la situazione  non è molto cambiata. Noi continuiamo a tifare per Antonio e Otello Celletti.

Caradonna

Annibale Salcini_comizio

Nella foto cover: Totò nei film “Gli Onorevoli” ; nella gallery: la scritta “Caradonna”, ancora visibile a Viterbo sul muro dell’Istituto San Pietro e piazza Fontana Grande nel comizio di Annibale Salcini.

 

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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