Tuscia in pillole. Omero

di Vincenzo Ceniti*

Gli piaceva sentirsi chiamare Lucumone non solo perché originario di Tarquinia, ma soprattutto perché si sentiva etrusco a pieni polmoni, in testardaggine, pensieri e opere. Omero Bordo classe 1943,  scomparso quattro anni fa a 75 anni, ha onorato la sua città come fece Vincenzo Cardarelli, il nume che immortalò l’antica Corneto con l’aforisma lapidario “Qui rise l’etrusco”.

Omero nasce  in un casale di contadini tra le sterpaglie di Monterozzi chiazzate d’estate  di papaveri e finocchi selvatici, alle porte di Tarquinia. Secondo di una cinquina di figli, a 6/7 anni, anziché a scuola, viene mandato a  governare le capre su un  plateau arido e calcareo nel cui ventre  covavano da millenni i misteri di sepolcreti etruschi allora in gran parte inviolati.

In quegli anni Cinquanta il giovane Omero ne intuiva la presenza raccogliendo e conservando frammenti di vasi dipinti o lacerti di bronzi  sparsi qua e là nei campi tra l’indifferenza e l’ignoranza dei più. “I suoi primi giocattoli – come ricorda Daniela una delle sue due figlie – erano proprio quei cocci che trovava tra le zolle del terreno e che lo incuriosivano. Con l’istinto di un bambino ne  intuiva l’importanza e il valore”.

Una vita avventurosa, la sua,  nel mondo dei  tombaroli che lo porterà inizialmente a commettere qualche errore, ma sempre in buona fede,  tanto da essere inviso agli Uffici e ai vertici della Soprintendenza archeologica di quegli anni. Per la  verità non era  neanche simpatico ai suoi concittadini che lo vedevano come una persona surreale, estranea alla loro cultura contadina e paesana, a parlare di un popolo misterioso dei secoli passati che non dava pane e che pochi conoscevano.

Omero scrutava e studiava le tombe e gli arredi che in quegli anni si potevano avvicinare con relativa facilità senza le precauzioni e i divieti di oggi. Aveva carpito i segreti di quell’impasto arcaico con cui erano fatte le terrecotte che alla fine riuscì ad imitare alla perfezione e ad antichizzare con tecniche segrete. Aprirà un laboratorio (Etruscoludens) frequentato dai giovani del posto per avviarli ad una migliore conoscenza della civiltà etrusca.

Le sue riproduzioni di vasi,  buccheri, monili,  bronzi lo portarono ad ottenere successi insperati a livello mondiale e a diventare un vip nel mondo ufficiale dell’archeologia. Il New York Times gli dedica una pagina, le riviste più accreditate ospitano le sue foto, si ascoltano i suoi consigli sul modo di impastare, lavorare al tornio, cuocere e dipingere. Le televisioni se lo contendono come personaggio del momento, dallo spirito etrusco e dal fare accattivante. La stessa Soprintendenza, un tempo ostile, si avvale delle sue conoscenze  per le campagne di scavi e la localizzazione delle tombe. Quella delle Pantere, una delle più antiche, venne scoperta grazie alle sue indicazioni. Le sue riproduzioni – con il cartellino “falso d’autore”  per non incorrere in denunce  tanto erano perfette –  vengono acquisite dai grandi musei (Metropolitan e Guggenheim Museum di New York),  perfino da uno in Australia. Approfondisce date, notizie e ricerche di archeologia su testi e manuali, malgrado abbia frequentato solo la prima elementare: la cultura non è solo conoscenza di  nozioni, ma è anche esperienza di vita.

Crea a Tarquinia, in una caverna ciclopica (già una cava e una fungaia) ad una cinquantina di metri di profondità, poco fuori le mura, Etruscopolis, una vera e propria città etrusca di oltre 15mila metri quadrati immersa in silenzi e penombre esclusivi. Omero l’aveva pensata  nel 1990, ma l’ha potè inaugurare solo nel Duemila. Un nuovo regno dei Lucumoni con la ricostruzione di tombe da lui fedelmente riprodotte nei dipinti in affresco (della Caccia e della Pesca, dei Tori, degli Auguri ed altre), capanne dotate di attrezzi e suppellettili di vita quotidiana, corredi funerari, defunti sul letto di morte, plastici di templi e palazzi, una raccolta di ceramiche e bronzi di imitazione greca ed etrusca, oggetti d’uso quotidiano, utensili di chirurgia, monili, ex-voto, armi,  che forniscono un quadro esauriente della civiltà e dello spirito etruschi. L’hanno visitata in oltre vent’anni artisti, uomini politici, letterati, attori, cantanti, registi di ogni parte d’Italia e non solo. La figlia Daniela ne ricorda alcuni: Sebastian Matta cittadino onorario di Tarquinia di cui Omero era fervente ammiratore, Vittorio Sgarbi, Yasser Arafat, Enrico Montesano, Gianni Morandi, Silvana Pampanini e molti altri. Uno dei libri più completi su Etruscopolis venne scritto dal suo concittadino Luigi Daga già sindaco della città. Molte guide turistiche fanno menzione di questa realtà monumentale e ne consigliano la visita. Lo facciamo anche noi indicando le info utili: vicolo delle Pietrare tel. 0766.855175.

Per non parlare della riproduzione di collane, bracciali, spille, orecchini, di imitazione etrusca che Omero realizzava con tecniche sopraffine in collaborazione con alcuni artisti e orafi del posto. In qualità di direttore dell’Ente del Turismo di Viterbo, nel 2003 partecipai all’organizzazione di una mostra di monili riprodotti alla maniera etrusca  presso il Museo Archeologico di Monaco di Baviera dove alcune ragazze sfilarono tra il pubblico con i gioielli  di Omero. Fu un’azione promozionale per Tarquinia senza precedenti.

Omero e Sgarbi
Vittorio Sgarbi visita Etruscopolis

  

Nella cover Omero al tornio 

 

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

 

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