Tuscia in pillole. Giulia dei misteri

di Vincenzo Ceniti*

mausoleo paolo III-TIP

Bella. Tutta sua madre Giannella Caetani, moglie di Pierluigi Farnese. Paliamo di Giulia, la loro figlia terzogenita. Statura media, con petto e fondo schiena accattivanti e ben proporzionati, carnagione perlata, capelli lunghi e biondi, occhi neri e seducenti, portamento regale. Gli appunti sono di tale Stefano Infessura, attento cronista contemporaneo della “Bella” cui non sfuggiva nulla, autore tra l’altro di un minuzioso “Diario della città di Roma”. Per la consegna ai posteri, bisogna però ricorrere a Rodrigo Borgia (1431-1503), che  in tempi già sospetti  prima di diventare Alessandro VI, condivise con lei, appena quindicenne, il talamo, i piaceri e una figlia, Laura.

In assenza di  immagini ufficiali, e c’è una ragione, dobbiamo accontentarci di coloro che l’hanno vista e continuano a vederla nella Venere armata di Francesco Salviati a palazzo Farnese di Roma, nella Trasfigurazione di Raffaello alla Pinacoteca Vaticana, nella statua della Giustizia ai piedi del mausoleo funebre di Paolo III a San Pietro, o nella Madonna con Bambino del Pinturicchio nell’appartamento Borgia al Vaticano.

Di lei s’è fatta damnatio memoriae, una sorta di oblio forzato per non complicare la vita al fratello Alessandro senior che dopo la sua nomina a cardinale da parte di papa Borgia, dovette  digerire la nomea di “cardinal gonnella” o “cardinal fregnese” (scegliete voi)  proprio per le intercessioni della sorella Giulia. Dei Farnese, amati e odiati come la politica comandava e comanda, son pieni i borghi, le campagne e le memorie della Tuscia viterbese, regione primigenia della casata, dal capostipite Ranuccio (fine XIII sec. ), all’ultima discendente  Elisabetta, regina consorte dal 1714 del re di Napoli e Sicilia Filippo V di Borbone.

Tra le varie postazioni farnesiane nella Tuscia il posto di riguardo è  per Capodimonte dove Giulia probabilmente è nata tra il 1474 e il 1475  in un palazzo con vista da favola sul  lago di Bolsena. A  seguire, l’isola Bisentina dove voleva essere sepolta, i palazzi di Marta, Caprarola, Gradoli, Fabrica di Roma, Viterbo  e le rocche-castelli di Carbognano, Valentano, Nepi, Ronciglione, Ischia di Castro, Latera, Canino, Cellere. Tutti assemblati dall’accorto Paolo III nel Ducato di  Castro, strategico ma di breve durata.

Fino a trent’anni  Giulia se l’è spassata senza troppi  rimorsi, tra un salotto e l’altro, sempre a stretto giro di posta con Alessandro VI  con cui chattava di frequente, secondo il ricco epistolario agli archivi vaticani. Il  pontefice non le risparmiava però rimbrotti  anche pesanti, quando se li meritava, come in occasione della sua lunga assenza a Pesaro con Lucrezia Borgia. In una lettera la qualificò “ingrata e perfida”. Non poteva fare a meno delle sue grazie.

Va ricordato che come dono per le sue nozze con l’accecato Orsino Orsini (orbo di un occhio) papa Borgia regalò agli sposi il castello di Carbognano con annessi e connessi: signoria, vassalli, giurisdizioni, introiti, vigne, campi ed altro. Un modo come un altro di mettersi a posto la coscienza. In questo piccolo borgo del Viterbese,  Giulia decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita come claustrum di redenzione. Vi arrivò intorno al 1506, ormai stagionata e appesantita all’età di trent’anni (a quel tempo già si facevano sentire) e vi restò fino alla morte avvenuta a Roma cinquecento anni fa il 23 marzo 1524.

A Carbognano  ebbe modo di far valere in piena autonomia abilità di governo e inclinazioni culturali. Adattò  i restauri della rocca alle sue esigenze, trasformandola in un castello, simbolo dei fasti di casa Farnese. Non resta molto di quei lavori, ma per fortuna sopravvive  uno sbiadito graffito col suo volto, firmato Iulia Farnesia, unica testimonianza che accresce il mistero della sua figura.  Leggiamo pure con qualche difficoltà gli affreschi della sua camera privata la “camera di Giulia” con frequenti rimandi al liocorno simbolo della casata.

Finanziò, sempre a Carbognano, la costruzione della chiesa di S. Maria della Concezione, promosse molte attività agricole e commerciali. Con la sua condotta morigerata di buona governatrice, assennata amministratrice e dama di carità, si conquistò il titolo autorevole di “Signora di Carbognano” che aggiunge un asterisco al suo pedigree e alla sua femminilità tanto cara agli uomini di oggi.

Aveva a cuore le sorti dei poveri che aiutava sostenendo le loro famiglie e trovando loro un lavoro.  Sapeva  investire, metteva a frutto campi e boschi, gestiva attività creditizie, organizzava la vendita dei prodotti agricoli. Aveva uno spiccato senso per gli affari, tanto che nel suo testamento redatto nel 1524 pochi giorni prima di morire, raccomandava ai suoi eredi la riscossione dei crediti già certificati.  Chiese anche di  essere sepolta nella chiesa di famiglia nell’isola Bisentina, ma la sua tomba non è stata mai ritrovata.

 

Nella foto, la parte inferiore del mausoleo di Paolo III nella basilica di San Pietro a Roma. Nella  figura a sinistra, “La Giustizia”, viene riconosciuta Giulia Farnese.

 

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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