Pavì, il profumo di Parigi che parla al cuore della Tuscia

di Rossella Cravero

Pavì-ILT

Ci sono voluti l’aroma di panettone, un colpo di fulmine per Parigi e l’alleanza familiare per dar vita all’avventura tra burro e dolcezze francesi di Paola Bonavia. Classe 1990, chef di
pasticceria formatasi tra gli arrondissement parigini, questa giovane imprenditrice ha intrapreso un viaggio Viterbo-Parigi e ritorno che oggi ha preso forma in Pavì, la sua pasticceria all’Ellera, dove la fragranza francese incontra il calore della Tuscia.

Liceo a Viterbo, università a Pisa: un percorso comune a tanti ragazzi viterbesi, se non fosse per quella scintilla che un giorno le ha fatto dire: “Non è la strada per me”. A ridarle il sorriso, molti dolci fatti in casa con la mamma. Abituata allo studio rigoroso, anche quel mettere le mani tra zucchero, burro e farina le è sembrato un esercizio da trasformare in passione consapevole.
Così la scelta è caduta sull’Alma, la scuola professionale di pasticceria e cucina di Colorno (Parma), ma prima serviva una vera esperienza di laboratorio.
Si aprono allora le porte della pasticceria Lombardelli, un’istituzione a Viterbo. Era il 13
dicembre 2011: “Con il profumo del panettone è cominciata la mia carriera da pasticcera.
L’impasto del dolce natalizio ha un odore che non ha niente a che fare col prodotto finale: è una fragranza che solo chi entra in un laboratorio può conoscere. Ancora oggi, se chiudo gli occhi, è il primo profumo che sento”.

L’amore per Parigi
Il destino cambia quando la sorella si trasferisce a Parigi per un dottorato. Paola la raggiunge e in pochi giorni capisce che quella è la sua strada. Alle spalle aveva già una solida esperienza: uno stage a Montechiari con lo chef Maurizio Colenghi, poi il lavoro in un hotel a cinque stelle a Jesolo e, successivamente, in un ristorante stellato in Toscana.

L’inizio parigino è stato in una boulangerie nel quartiere dove abitava, la Boulangerie
Thomann, nella prima periferia della capitale. In un anno e mezzo impara le basi della
pasticceria francese, poi approda alla pâtisserie del Panthéon di Sébastien Degardin, nel V arrondissement. “Quella è stata una grande scuola: due anni tosti, di fatica e rigore. Degardin mi ha preso sotto la sua ala, mi ha chiesto tanto ma mi ha insegnato molto. Con lui ho imparato a organizzare il lavoro e a gestire più produzioni insieme. Oggi, se riesco a mandare avanti il laboratorio da sola, è grazie a quell’esperienza. La fatica è grande, e senza passione non sarebbe possibile fare questo lavoro: la mattina alle 3.45 io sono già qui in laboratorio, e il lavoro va avanti fino al pomeriggio”.

Il ritorno a Viterbo
Il pensiero di casa restava sempre tra le pieghe del cuore. Poi arriva il Covid e, dopo il
lockdown, Paola trova un posto da chef in una boulangerie del XII arrondissement, la
Boulangerie Cozette. Un ragazzo ancora più giovane di lei seguiva la parte di panificazione, lei la pasticceria: “Per la prima volta ho potuto proporre un menù mio, ho gestito fornitori. È stato molto formativo e sono rimasta lì tre anni. Ero partita con l’idea di stare fuori un paio d’anni e invece ne sono passati otto”.

A quel punto la lontananza si fa più pesante e il richiamo di casa più forte. “Aprire a Parigi
sarebbe stato forse più facile: c’è tanta gente e tanta richiesta. Ma io volevo costruire qualcosa di mio, in un posto che sento casa. A Viterbo ho la mia rete familiare, i miei amici, le mie radici”.

La scelta dell’Ellera non è casuale: “Ha la dimensione di quartiere che mi piace. C’è ancora il negozietto sotto casa, ci si conosce tra commercianti, ci si saluta. Qui ho trovato accoglienza e calore. Il centro storico mi sarebbe piaciuto, ma non ha più la vitalità di una volta. La nuova amministrazione so che si sta impegnando, ma ci vuole tempo. Intanto inizio ad avere clienti habitué. L’idea di diventare un punto di riferimento è importante, e il passaparola sta funzionando bene. Cercavo un locale con laboratorio a vista e questo lo era già: negli anni ’50 qui c’era un forno, e infatti c’era la canna fumaria. Quando sono entrata la prima volta ho sentito che era il posto giusto”.

Le specialità di Pavì
Oggi Paola propone i dolci che hanno conquistato Parigi, adattati al gusto viterbese. “I prodotti che vanno per la maggiore sono i croissant, semplici o alla crema, e gli choux alla vaniglia. L’impasto base degli choux è simile al nostro bignè, ma con una crosticina tipo pasta frolla che dà una consistenza diversa. Li preparo con diverse profumazioni. Ho creato il paristozzo, un incontro tra maritozzo e brioche francese, quindi un impasto di
brioche farcita con crema alla vaniglia. Piace molto anche la tartelletta, che propongo in forma ovale: base di pasta frolla alle mandorle o mandorle e cacao, poi farciture diverse. Ce n’è una con ganache al cioccolato al caramello aromatizzato al caffè, chantilly al caffè e noci pecan caramellate che sta riscuotendo successo; oppure una tartelletta di frutta, apparentemente più semplice, ma arricchita con crema frangipane alle mandorle e crema pasticciera alla vaniglia. Non mancano linee dedicate a chi ha esigenze particolari: senza lattosio e vegana. E c’è anche una piccola proposta salata, come il croque monsieur rivisitato con ingredienti italiani”.

Il legame con la Tuscia si ritrova nelle materie prime: “Per le nocciole mi affido a Mariotti di Carbognano. È una ricerca continua: voglio che Pavì parli di me ma anche del territorio”. Il burro e il cioccolato ancora arrivano dalla Francia: non è facile trovare un prodotto analogo, ma l’impegno di Paola è rivolto proprio a questa ricerca.

Tradizione e innovazione
Portare la pasticceria francese a Viterbo non era una sfida semplice: “Temevo resistenze.
Invece ho trovato un pubblico curioso, pronto a sperimentare. C’è chi entra e dice: ‘Non lo
conosco, ma lo voglio provare’”.
Certo, i prezzi possono sembrare più alti rispetto alla pasticceria tradizionale, ma Paola ci tiene a spiegare: “Il nostro croissant non è un cornetto: è un prodotto artigianale, fatto con burro francese e lavorazioni lunghe. Dietro c’è qualità, e i clienti lo riconoscono”.

Santa Rosa è alle porte
Per la festa della patrona di Viterbo, Paola ha voluto creare un omaggio speciale: “Ho preparato le Rose di Rosina – spiega –: brioche vanigliate e agrumate che all’interno nascondono una crema al burro. In cottura si scioglie e rende l’impasto ancora più morbido e profumato. Appena sfornate le bagno con uno sciroppo agli agrumi e le servo con una crema inglese intensa alla vaniglia. È il mio modo per celebrare la città”.

I sogni di domani
Il futuro? Paola lo immagina sempre a Viterbo: “Vorrei crescere con il mio team (oggi ho solo un ragazzo che mi aiuta ed è molto appassionato di pasticceria, quindi sono fiduciosa), assumere più personale e ampliare la proposta. E poi, se le cose andranno bene, il sogno è aprire un piccolo caffè in stile parigino accanto al laboratorio”.

Ed è proprio in questa fusione che sta la forza di Pavì: dolci francesi preparati con passione
viterbese. Un ponte tra due mondi, che racconta una storia di ritorno, di radici e di amore per la propria terra. “Pavì è il mio modo per restituire qualcosa a Viterbo – dice Paola –: un laboratorio che profuma di Parigi, ma parla con il cuore della Tuscia”.

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