C’è chi lascia la propria terra per cercare un futuro altrove e chi, invece, dopo aver girato l’Italia, torna a casa per restituire ciò che ha ricevuto.
Giuseppe Ottaviani, 34 anni, originario di Blera, appartiene a questa seconda categoria. Pallavolista cresciuto in una famiglia in cui lo sport era linguaggio quotidiano, oggi è anche padre, insegnante di scienze motorie in una scuola media nel centro storico di Viterbo e giocatore in Serie B a Civita Castellana.
Un equilibrio nuovo, costruito giorno per giorno, tra passato e futuro, tra campo e aula, tra vita professionale e famiglia.
Le radici e la scintilla dello sport
La pallavolo, per Giuseppe, non è mai stata una scelta improvvisa. «Sono cresciuto in mezzo a questa passione», racconta. Il padre, i cugini, la sorella, lo zio: tutti giocavano. Le partite erano una consuetudine di famiglia, una sorta di educazione sentimentale allo sport. A 14 anni arriva l’esperienza a Viterbo, poi quella decisiva a Roma con l’M Roma Volley, dove vince uno scudetto Under 18 e colleziona le prime soddisfazioni da atleta vero.
Gli anni delle superiori sono un viaggio continuo: lezioni a Vetralla, treni interminabili per Roma, panini mangiati al volo, compiti fatti in piedi nei corridoi dei vagoni, ritorni a casa dopo le 23. «Mi hanno aiutato tantissimo i miei genitori», dice. «Mi hanno insegnato che gli impegni si portano a termine: con organizzazione e sacrificio si può fare tutto».
La carriera e i ricordi più belli
Dopo Roma arrivano Tuscania, Ortona, Spoleto, Castellana Grotte, Siena, Cantù, Macerata. Dodici anni di pallavolo professionistica, palazzetti pieni, ritmi serrati.
Il ricordo più vivido? La finale di Coppa Italia del 2017 con Tuscania. «Quel giorno più di mille persone partirono da Tuscania per seguirci a Bologna. Il paese era vuoto. Perdemmo, ma fu una delle esperienze più belle della mia vita».
Non è un caso se fuori dal palazzetto di Tuscania c’è ancora una grande foto di quella squadra e uno striscione: Vi vogliamo un mondo di bene.
Le priorità che cambiano: la famiglia e il ritorno a casa
Poi qualcosa cambia. Nasce sua figlia, poco più di un anno fa, e la scala delle priorità si riscrive. «Da quando è nata lei, la carriera sportiva passa in secondo piano. La famiglia viene prima di tutto».
Per questo Giuseppe decide di rientrare definitivamente nella Tuscia. Vivere a Viterbo, lavorare vicino a casa, poter contare sull’aiuto dei nonni, tornare ai ritmi che conosce.
Blera, il paese delle origini, resta un punto fermo. «Quello che mi mancava di più quando giravo l’Italia erano le passeggiate in campagna. Abbiamo un’azienda agricola di famiglia: quei sentieri, il casale costruito dal mio bisnonno, i luoghi archeologici sono la mia àncora».
La scuola: la nuova sfida
Nel frattempo arriva anche la chiamata per la scuola.
Laureato in Scienze Motorie e idoneo al concorso del 2020, Giuseppe entra direttamente in ruolo in questo anno scolastico.
«È un’esperienza stimolante. Lavorare con i ragazzi mi piace molto, ma è impegnativo. La scuola di oggi è diversa da quella che ricordavo: forse noi eravamo più maturi. Oggi con i ragazzi bisogna ritrovare un equilibrio. Sono più fragili e più irruenti di noi. A volte mi sorprendo a richiamarli per cose che non avrei immaginato. Ma il loro entusiasmo ripaga tutte le fatiche».
E se dovesse suggerire un “colpo” vincente? «Organizzazione e perseveranza. Nella vita si può fare tutto se ci si organizza. Lo studio è fondamentale, ma anche le attività fuori dalla scuola: sport, musica, passioni. È ciò che forma davvero».
Allenarsi, insegnare, essere padre
Oggi Giuseppe gioca per il JVC Civita Castellana, allenandosi tre sere a settimana, e al tempo stesso insegnando ogni mattina.
«È il compromesso giusto. Posso continuare a giocare e avere una vita familiare stabile. La società è seria, il campionato sta andando bene e io riesco a conciliare entrambe le cose».
La pressione? «Ognuno la gestisce a modo suo. Io mi concentro sul gesto tecnico, su quello che devo fare. Il resto non conta».
Fuori dal campo, resta l’amore per la natura: andare a funghi, pescare, camminare tra i sentieri archeologici, respirare la campagna di Blera.
Sguardo sul territorio e sulla scuola
Da cittadino tornato a casa, Giuseppe osserva la Tuscia con realismo e affetto.
«Oggi quello che manca di più a mio avviso è una prospettiva lavorativa. Sono tanti i giovani che vanno via e anche chi sceglie di vivere qui spesso è costretto a macinare chilometri ogni giorno perché è impiegato altrove. Se si vuole veder crescere un territorio bisogna costruire delle opportunità concrete».
E sulla scuola? «Bisognerebbe dare più strumenti agli insegnanti e migliorare le strutture. Le palestre spesso sono inadeguate. Ma l’entusiasmo e la dedizione di molti fanno sì che le soddisfazioni ci siano».
Il sogno
Il sogno che custodisce con cura nel cassetto è semplice e luminoso: «Giocare un giorno una partita con mia figlia».
Per il resto, la sua vita sembra aver trovato un equilibrio che parla di radici, appartenenza e nuovi inizi. Giuseppe Ottaviani è uno di quei volti che raccontano la Tuscia attraverso la concretezza: chi parte, impara, torna, e sceglie di costruire qui il proprio futuro. Uno sportivo che è diventato docente, un figlio che è diventato padre, un atleta che ha riportato a casa la sua storia.
























