I Papi e la Rosa di Evaldo Cipolloni, un racconto per immagini sulla Viterbo che non t’aspetti

Di Laura Pasquini

I Papi e la Rosa di Evaldo Cipolloni, raccolta di fotografie e testi autobiografici, scattate nel cuore della nostra città nell’ immediato pre-covid, periodo 2016 – 2019, non solo testimonia una raffinata sensibilità dell’autore, ma è un atto di generosità nei riguardi degli animali indifesi;  il ricavato delle vendite andrà infatti interamente all’ Associazione Amici Animali Onlus di Viterbo.

Come sempre accade, la Bellezza si accompagna con la Bontà.

Ed è proprio vero che quando si ha la Bellezza sotto gli occhi tutti i giorni, si finisce col non accorgersene più. Gli scatti di Evaldo, nello stile della streetphotography, rivelano una Viterbo  “struggente” perché intrisi di “sentimento intenso, tormentoso e dolce nello stesso tempo” (Treccani).

In questo Evaldo Cipolloni,centra il suo scopo, quando dice che, in fondo, lui, che non è un professionista della fotografia, ma un cittadino che aspira a  ”cercare di far muovere la mano col fiammifero per accendere “quella miccia”, cioè “la buona volontà del viterbese e la curiosità storica del turista” per far esplodere completamente tutte le potenzialità di questo piccolo capoluogo della Tuscia Viterbese.

Incontriamo l’autore de  I Papi e la Rosa in un afoso pomeriggio di fine giugno a piazza del Plebiscito, o meglio ancora, del Comune, una delle protagoniste del suo libro. Evaldo, cinquantacinque anni, figlio del compianto giornalista Mario, è un  figlio doc di questa città.

La sua passione nel cercare insoliti punti di vista degli angoli più vecchi della città, è un passatempo che fa di lui un eterno ragazzo viterbese, come quando quelle vie le girava col suo vespone color carta da zucchero (a cui rivolge un tributo nella foto 116)

Il suo è un libro per gli occhi nato per comunicare con le immagini. Con quale criterio ha scelto le fotografie da pubblicare?

La selezione è avvenuta scartando tantissime fotografie … io non sono un professionista, mi piace andare in giro per la città ad immortalare attimi della vita urbana con protagonisti  inconsapevoli, passanti o animali, che rendono il senso della quotidianità della città. Anche in questo periodo di isolamento che tutti abbiamo subito, durante il quale gli angoli del centro erano immersi nel silenzio, essi sembravano comunque rivelare tutta la densità della loro storia. Credo sarebbe interessante lavorare in futuro ad un progetto simile, illustrando una Viterbo durante questa terribile parentesi, per documentare, testimoniare e per non dimenticare, quando saremo tornati alla normalità.Poi, sempre per non prendersi sul serio, mia figlia mi dice che, non essendo io capace a fotografare, sono spesso assistito dalla fortuna! Credo abbia ragione.

 Parliamo di Viterbo un set ideale naturale che non riesce a risplendere come meriterebbe….

Lo  scrivo anche nel libro che Viterbo è una “bomba inesplosa”. C’è  una foto, la n.173,  uno scatto che non è venuto benissimo e che forse avrei dovuto scartare, ma che ho voluto pubblicare  perché esprime compiutamente il mio pensiero e anche la risposta a questa domanda: la mano del gigante di Valle Favl che sembra stia per prendere la luna, ma quella luna è sfocata, incompiuta come la mia Viterbo che ha bisogno di mani coraggiose e realmente volenterose che l’aiutino a “mettersi a fuoco” e a farla finalmente brillare della sua luce propria, tutto l’anno.

Quale potrebbe essere il carburante che fa esplodere la miccia?

Ci vorrebbe un profondo cambio di mentalità cittadina, ma soprattutto amministrazioni più coraggiose e indipendenti che inizino a prendersi cura della città con più amore, altruismo, senso civico. Ci sono zone in degrado, il verde pubblico trascurato, problemi di sicurezza civile, di manutenzione strutturale, ma anche evidenti sprechi e forse anche di  “bolle di ingiusto privilegio”. Le risorse turistiche che abbiamo fanno invidia al mondo, eppure sotto tanti aspetti mi sembra non sia cambiato niente da quando ero un ragazzino e se qualcosa è cambiato non è certo in meglio. Viterbo non è solo il 3 Settembre, è molto di più. Noi viterbesi dovremmo promuoverla con maggior passione, abbiamo le carte in regola per farla splendere, alla stregua di altre storiche città italiane.  Quando usciremo da questo torpore? Quando ci scrolleremo dal vecchiume mentale e ci vestiremo del nostro miglior coraggio. E allora saremo in grado di scegliere amministratori slegati da qualsiasi vincolo politico e amicale, liberi di spendere e investire per ciò che è davvero utile e funzionale per Viterbo e i viterbesi tutti.Personalmente ancora ci spero.

Lo sguardo di Evaldo su Viterbo è come quello di un innamorato quando contempla l’oggetto del suo amore, riesce a cogliere quello che gli altri non vedono, anche le sue ombre e la sua oscurità, come nel suo libro la foto 90, dove i vecchi muri di una via Cairoli trasfigurata dalla luce del crepuscolo, riflettono gigantesche figure nere, quasi ultraterrene, che osservano il viavai dei passanti.

Quasi una  Viterbo magica, a tratti esoterica.Il contrasto fra luce e ombra.

 

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