All’Unitus si laurea il primo studente rifugiato politico. L’appello della relatrice: “Parla sei lingue, aiutiamolo a trovare lavoro”

Di Paola Maruzzi

Nihal Moses Yien

Da oggi, 11 luglio, Nhial Moses Yien è ufficialmente il primo laureato dell’Università degli Studi della Tuscia ad aver conseguito il titolo come studente rifugiato. Arrivato in Italia dal Sud Sudan con un passato travagliato e una laurea triennale in sociologia, Nihal si è immatricolato al corso magistrale in Security and Human Rights, discutendo brillantemente una tesi sull’impatto del Covid sui rifugiati e sui richiedenti asilo nell’Unione Europea.

Una scommessa, umana e formativa, resa possibile grazie al progetto Unicore di Unhcr, un’iniziativa che ha l’obiettivo di aprire corridoi universitari tra l’Africa e l’Italia mettendo a disposizione fondi e borse di studio.

“Nel 2020 l’Unitus ha siglato il Manifesto dell’Università inclusiva, rispondendo all’appello di Unhcr e offrendo un canale formativo, completamente in lingua inglese, dedicato a studenti con un passato di persecuzioni e privazione dei diritti fondamentali – spiega Mario Savino, professore ordinario di diritto amministrativo e presidente del corso di laurea in Giurisprudenza –. Ad oggi, oltre a Nihal, contiamo altri due studenti rifugiati politici e ci auguriamo che il numero possa crescere in futuro”.

L’inclinazione ai diritti umani nasce ben prima del patto siglato con Unhcr: è il 2018 quando l’Università degli Studi della Tuscia fonda l’Accademia di diritto e migrazioni (ADiM), oggi la principale rete italiana di studiosi (ne raccoglie quasi 500) del diritto dell’immigrazione. Un primato viterbese che merita di essere menzionato.

A rimarcare il successo di Nhial è soprattutto la professoressa Daniela Vitiello, relatrice della tesi: “Si è dimostrato uno studente brillante. Ha una formazione spendibile in qualsiasi campo delle risorse umane e del terzo settore, parla sei lingue, è umile e determinato. Da adesso si apre per lui la sfida più dura: trovare un lavoro in Italia, unica condizione che gli consentirebbe di far arrivare nel nostro Paese la sua famiglia. Faccio quindi appello alle realtà virtuose del territorio affinché possano valutare la possibilità di un’opportunità lavorativa per questo ragazzo meritevole”.

In Africa Nhial ha una giovane moglie e una figlia che attualmente vivono nel campo profughi di Tsore, in Etiopia. “Il mio progetto per il futuro – racconta – è trovare un lavoro qui in Italia e poter sostenere la mia famiglia. Sono il loro unico punto di riferimento”.

Sentendolo parlare, così elegantemente a suo agio con la corona d’alloro sulla testa, si capisce come Nhial non sia un neolaureato tra i tanti: oltre al titolo, il curriculum vanta il coraggio di gettare il cuore oltre l’immobilismo, oltre gli ostacoli che la vita gli ha messo dinanzi: “Ho cominciato a viaggiare lasciando il mio villaggio nel Sud Sudan nei primi anni della mia infanzia per trasferirmi a Kakuma, in Kenya. Poi ho vissuto diversi anni in Etiopia, nel campo profughi di Gureshembola, dove ho continuato a studiare, laureandomi in sociologia. Due anni fa ho vinto una borsa di studio che mi ha permesso di approdare a Viterbo. Ringrazio l’Unitus e la Caritas di Viterbo per avermi dato questa opportunità”.

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