Un piatto pieno d’amore, il racconto breve di Cristiana Vallarino

di Cristiana Vallarino*

termoli

Il racconto breve, la sintesi e narrazione cercando di  condensare una trama in uno spazio ridotto, ma soprattutto una forma narrativa che sappia cogliere immediatamente l’attenzione di voi lettori. Ve ne propongo tre.  Inizio con una storia d’amore fatta di culture diverse che s’incontrano….

UN PIATTO PIENO D’AMORE
Virginia aspetta che Adelina torni dal mercato. E’ seduta sulla veranda della villetta
dove si è trasferita da poche settimane con suo marito Alberto. Da quando si sono
sposati, nel municipio del paese dove lui è nato e dove lei viene in vacanza fin da
bambina.
Chissà come mai la sua famiglia, per metà inglese – il padre Arthur -, per metà
australiana – la madre Wendy -, si erano ritrovati a possedere una bella casa di
campagna con annessa tenuta appena fuori Termoli, ridente cittadina affacciata nel
breve tratto di mare molisano.
Non lo aveva mai capito realmente: forse suo padre, bancario, aveva trovato lì un buon
investimento, forse era stato un capriccio della madre, un’attrice arrivata da Sidney
per calcare le scene europee. O forse entrambe le cose.
Ci venivano sempre tutti, da giugno a settembre. Partivano da Londra dove vivevano
nella splendida collina di Hampstead per far prendere il sole italiano alle tre figlie,
oltre a Virginia, la piccola, c’erano Anita e Carla. Con loro, varie nannies ed istitutrici,
che seguivano le sorelle man mano che crescevano. Erano i primi anni ‘50 e molte
signorine di buona famiglia inglesi non frequentavano le scuole pubbliche. Studiavano a
casa, educate per diventare delle vere Ladies, che avrebbero gestito belle case e
relativa servitù.
Virginia aveva compiuto da poco 21 anni. Era davvero bella, un po’ genere Veronica
Lake, la diva coi capelli tutti da un lato. Alquanto timida, soprattutto rispetto alle
sorelle maggiori scatenatissime, piene di amici e sempre presenti a feste.
Lei aveva molto sofferto la morte del suo primo grande amore, un giovane pilota della
Raf che, purtroppo era stato abbattuto dai tedeschi, proprio negli ultimi giorni di
conflitto. Non che fossero davvero fidanzati: lei era poco più che sedicenne, lui, figlio
di amici dei suoi, le era sempre piaciuto e, crescendo, anche il ragazzo si era
innamorato. Di Roger le rimaneva solo la foto in divisa, scattata poco prima di salutarla
per l’ultima volta, e la teneva dentro al cassetto del suo comodino, per rimirarla quasi
ogni sera.
Poi era successa una cosa strana. L’estate del 1951, appena arrivati alla tenuta in
Molise, le sorelle l’avevano letteralmente trascinata a una festa in paese.
Saranno state le musiche allegre – tanto boogie woogie -, il vino fresco e leggero e
Virginia si era lasciata andare. Ma soprattutto si era trovata a fronteggiare la corte
serrata di un ragazzo del posto: non altissimo, moro, con gli occhi scuri e sempre
ridenti. Lui, figlio di una famiglia del posto, di origine contadina, l’inglese proprio non lo
parlava. Virginia con l’italiano aveva un po’ di problemi, ma riuscirono a capirsi.
Ballarono e ballarono tanto. E nel giro di pochi giorni erano fidanzati.
Alberto probabilmente era rimasto affascinato proprio da quell’aria eterea di Virginia,
così diversa dalle ragazze del posto. E ugualmente lei era stata ammaliata da quel
giovane deciso e sanguigno. Altro che Roger, alto, magro, biondo, con gli occhi azzurri!
Appena un paio di mesi di fidanzamento e, a fine settembre, la coppia aveva detto “sì”
in una cerimonia discreta, lei con un vestito bianco ma niente di che: erano ancora
tempi duri, nonostante entrambe le famiglie fossero abbastanza agiate, non era il
momento di sprecare soldi.
La casa della nuova coppia era una villetta in affitto, non grande, ma con un piccolo
giardino e una bella veranda. C’era un problema però: come Alberto scoprì subito,
Virginia non era per niente abituata alle faccende domestiche. Era davvero diversa
dalle ragazze del paese e soprattutto dalla sua mamma…
Del resto le piaceva proprio per quello, quindi le cercò qualcuno che potesse aiutarla in
casa. Ma lui, che non guadagnava granché lavorando nell’azienda del padre, non poteva
permettersi di spendere troppo. Così la scelta cadde su Adelina, una sedicenne al suo
primo servizio, venuta in cerca di lavoro da un paese vicino, in collina.
Virginia, fresca sposina, ce la metteva tutta per accontentare il marito. Aveva
imparato a caricare la moka, lei che sorseggiava solo tea, anche se il più delle volte il
caffè che usciva faceva storcere la bocca ad Alberto che lo beveva più per
compiacerla che altro. Cucinare i pasti era però davvero più complicato. Durante la
settimana Alberto mangiava fuori, ma c’erano le sere. E i giorni di festa.
Lei era abituata a nutrirsi con sandwich, roastbeef, patate e piselli lessi, e a cena,
soup o poco più. Cibi che peraltro non cucinava certo lei. Lui, da bravo figlio di mamma
italiana, si sedeva a tavola aspettandosi un bel piatto di pasta – possibilmente le
taccozze al ragù oppure un bel brodetto di pesce -, un secondo con contorno e magari
la domenica pure un dolcetto.
I primi tempi, tra inviti a casa di parenti e amici, il problema non s’era presentato ma
adesso …
Adelina, pure se alle prime armi, grazie al suo dna molisano, almeno un piatto di pasta e
una fettina di carne in padella riusciva a prepararla. Niente roba di mare, però, lei era
di campagna…E quando lei non c’era, era un trionfo di insalata, pomodori, formaggio,
salumi; tutta roba che da quelle parti non mancava ed era buonissima.
Un giorno, addentando l’ennesimo panino al prosciutto, Alberto si era lasciato scappare
“Quanto mi andrebbe un bel piatto di spaghetti ai frutti di mare!”. A Virginia la frase
era sembrata non del tutto casuale e aveva cominciato a rimurginare. “Bene – aveva
pensato – lo farò contento”.
Ma lei non possedeva nessun libro di ricette, non conosceva nessuno che avrebbe
potuto aiutarla. I suoi erano a Londra, ma tanto… figurarsi…, che ne sapevano di
spaghetti! Certo, ci stava la suocera, non lontano, ma quella donna in carne, sempre
vestita di nero, le incuteva così tanta soggezione! Allora chiese aiuto ad Adelina. La
servetta mai aveva cucinato roba di mare in vita sua, però sapeva che al mercato del
giovedì veniva un pescivendolo.
Il giorno è arrivato, Virginia le dà i soldi, mandandola a comprare i frutti di mare. Già,
ma quanti ne servono per due porzioni? “Direi che una manciata basterà”, pensa,
ordinando alla ragazza di prendere delle vongole.
E quelle chiede Adelina a un perplesso pescivendolo che naturalmente accontenta la
curiosa cliente, non riuscendo però a trattenersi: “Ma sono per il gattino?”, il
commento sornione.
Adelina corre a casa, tenendo in mano il minuscolo pacchetto. Virginia l’aspetta in
ansia: deve fare bella figura con Alberto quella sera. Anzi, gli ha già preannunciato una
bella sorpresa.
Eccole entrambe in cucina. Virginia guarda le vongole: belle, lucide…e chiuse. Come
fare ad aprirle? Adelina non lo sa proprio. Restano lì a pensare entrambe, finché quasi
all’unisono hanno la stessa idea: useranno il martello.
Potete immaginare l’impresa: prendere a martellate ogni singola vongola, che scivola
via sul tavolo di marmo, senza acciaccarsi le dita… Alla fine, incredibilmente, dopo
oltre un’ora di colpi forsennati, è stata aperta (si fa per dire..) una manciata di
vongole. Con cui Adelina cucina il sughetto, quello lo sa fare, a istinto, con tutti i
crismi: soffritto d’aglio, peperoncino, appena una spruzzata di vino bianco, poi
spaghetti scolati al dente da ripassare in padella con una manciata di prezzemolo.
Quando Alberto entra a casa quell’odorino lo mette di buon umore, si siede a tavola
speranzoso, si versa un bicchiere di vino bianco freddo e appena arriva il piatto, non
molto abbondante per la verità, inforca gli spaghetti. Un bel boccone….Ed è tutto uno
scrocchiare!
La faccia di Alberto allarma Virginia che pensa: “What a mess! Gli spaghetti fanno
schifo… Adesso chissà quante me ne dirà mio marito…E soprattutto cosa racconterà
alla madre su questa strana moglie inglese che si è voluto prendere…”.
Ma, si sa l’amore, soprattutto quando si è giovani, è cieco, sordo e in qualche caso
perfino il gusto ne fa le spese… Alberto continua imperterrito a masticare..E, tra un
“crunch” e l’altro, a sorridere dolce alla bella e svampita mogliettina….
Che, poi, si impegnò e imparò a cucinare abbastanza bene. Per il marito e il figlioletto
Riccardo che arrivò di lì a poco. Anzi, gli spaghetti con le vongole diventarono il suo
piatto forte… Quello con cui fare bella figura a ogni festa in cui si ritrovava con la sua
famiglia inglese.

 

L’autrice*

Cristiana Vallarino è nata a Roma, ma è cresciuta a Civitavecchia, dove ha frequentato il liceo classico e dove, giovanissima, ha mosso i primi passi nella locale redazione de “Il Messaggero”. Qui, dopo un paio di anni come vice caporedazione a Latina, ha proseguito la sua carriera di giornalista nella testata, spostandosi poi a Roma, nella sede centrale, e nella redazione di Viterbo, fino alla sua pensione. Si è laureata in lingue e letterature straniere a La Sapienza di Roma, con una tesi su Alfred Hitchcock, e, grazie all’ottima conoscenza dell’inglese, ha vissuto a Londra, collaborando con la BBC Italiana Section, e ha trascorso lunghi periodi anche negli Usa, a Washington e in California. Qui è stata uditrice al Communication Department della Santa Clara University. Al momento collabora con due testate online Tusciaup e Terzobinario. Ora vive a Tolfa, con il marito Giuseppe e la figlia Giulia (che, seguendo la strada materna, studia comunicazione digitale a La Tuscia) e molti gatti. Le piace la lettura, il cinema e la cucina. Unendo le sue passioni e la sua professionalità, da qualche tempo si dedica alla scrittura, prediligendo il racconto.

 

Prossimo appuntamento con il secondo romanzo breve il 27 Aprile

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