Valentino D’Arcangeli: un vulcano che erutta cultura

di Arnaldo Sassi

Valentino D'Arcangeli

Si potrebbe definire l’Alberto Sordi di Soriano nel Cimino. Non perché sia stato un mattatore del grande schermo; bensì perché, al pari dell’amatissimo attore romano, è stato sindaco per un giorno. L’Albertone nazionale ricevette l’onore dal sindaco di Roma dell’epoca Francesco Rutelli, il 15 giugno 2000, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Lui invece, Valentino D’Arcangeli, 90 anni suonati (è nato il 29 dicembre 1932), fu primo cittadino il 5 giugno 2012, per volere del sindaco Fabio Menicacci, in occasione della ricorrenza di uno dei bombardamenti di cui la cittadina dei Cimini fu vittima durante la seconda guerra mondiale.

Lui si definisce un lazzarone, un perditempo inutile e un impiccione. Ma in realtà è un vero e proprio vulcano del sapere e della cultura, soprattutto riguardo alla storia, all’arte e all’archeologia. Lettore insaziabile, scrittore, pittore e anche fotografo, ha dedicato tutta la sua vita alla conoscenza, spinto da una curiosità insita nel suo Dna, che lo ha guidato su questa strada sin dai suoi primi anni di vita.

“Ho fatto il maestro – racconta – ma non in una scuola elementare. L’ho fatto nel carcere di Soriano (chiuso nel 1990) fin quando non sono andato in pensione. Nel corso degli anni ho avuto anche la possibilità di cambiare sede, ma sono voluto rimanere sempre lì”.

Come è nata questa sua passione?

“Ho letto sempre. Da quando ero bambino. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia dove i libri non mancavano. Mio padre, morto purtroppo quando avevo solo 13 anni, era uno scrittore e mio fratello un pittore. E anche mia madre si dedicava allo studio. I discorsi che si facevano in casa riguardavano per lo più la storia, la letteratura e l’arte”.

E da bambino che faceva?

“Quando avevo pochi anni le mie passeggiate preferite non erano quelle di andare in piazza, bensì di andare a visitare la torre di Chia (quella poi acquistata da Pier Paolo Pasolini), la faggeta dei Cimini o le catacombe di Sant’Eutizio”.

Ha qualche ricordo particolare?

“Sì, uno. Una volta i miei genitori mi portarono a visitare Viterbo. Avevo poco più di tre anni. Al ritorno vollero fermarsi a La Quercia per visitare la basilica. Mia madre mi disse che il soffitto era stato fatto con l’oro portato dall’America da Cristoforo Colombo. E così a quell’età scoprii l’esistenza di questo navigatore”.

Ancora?

“Beh, a 13-14 anni andavo in bicicletta alla ricerca di tombe etrusche. Ma mica per fare il tombarolo! Solo per vedere come erano fatte. Qualche anno dopo, sempre in bicicletta, sono arrivato fino a Terni o ad Amelia, o a Piediluco. Mi piaceva scoprire. Andai a vedere anche le famose mummie di Ferentillo, quelle che si sono formate in una chiesa per una specie di fenomeno naturale, che ha conservato i corpi, mummificandoli”.

Insomma, tante scoperte. Fin da ragazzetto…

“Sì, e ce n’è uno in particolare che mi è rimasto sempre nella mente. Andammo con la famiglia a Tagliacozzo, in Abruzzo, dove c’è una chiesa dedicata a San Francesco, in stile romanico abruzzese. Dopo qualche tempo andammo a Canepina e io mi accorsi che la facciata della chiesa del paese era perfettamente somigliante a quella di Tagliacozzo. Dunque, in stile romanico abruzzese. Ne parlai con i miei compagni di scuola, che mi dettero del matto. Poi, una ventina d’anni fa, lessi su una rivista di storia dell’arte che la chiesa di Canepina è un tardo esempio di stile romanico abruzzese. Insomma, ci avevo azzeccato!”.

Quali sono le sue letture preferite?

“Passo dalla storia all’archeologia e alla storia dell’arte. Sono le materie che mi interessano”.

Ma di libri ne ha scritti anche. Quanti?

“In verità non li ho mai contati. Ma dovrebbero essere una ventina, compresi opuscoli e opuscoletti. Cominciai nel 1967, con un libro su Soriano. Poi, l’anno dopo partecipai insieme ad altri alla stesura di due volumi, dal titolo ‘Tuscia viterbese’. Nel primo volume scrissi la sezione dedicata all’arte: un centinaio di pagine, aggiungendo anche miei disegni. Nel secondo, che riguarda tutti i comuni della provincia, mi sono dedicato a quelli che conosco meglio (sono 17), ossia quelli che stanno a est dei Cimini, con notizie di carattere storico sui monumenti, sulle feste e sulle tradizioni”.

Come è riuscito a conciliare lavoro e passione?

“Dedicando alla seconda quasi tutto il mio tempo libero. Mi sono dedicato anche alla fotografia e alla pittura. Ho fatto una ventina di mostre”.

E ha fatto anche il sindaco per un giorno…

“Sì, lo ha voluto il sindaco dell’epoca Fabio Menicacci. Poi, quando hanno inaugurato il museo, hanno voluto nominarmi direttore onorario”.

E adesso che ha superato i 90, come passa le sue giornate?

“La mattina leggo, studio e scrivo. Sto scrivendo un libro sulla chiesa di Sant’Eutizio. Il pomeriggio invece, lo dedico all’ozio. Ma penso di meritarmelo”.

Valentino D'Arcangeli_1

Palazzo Chigi Albani

 

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