La dottoressa Naima Abdulkadir Hassan, dalla Somalia fino a Viterbo con l’Africa nel cuore

di Laura Pasquini

Naima Abdddulkadir Hassan

Naima, in arabo “benedizione di Dio”, evoca il nome di una donna di grande dolcezza e  grazia. E alla sua bellezza, la dottoressa Naima Abdulkadir Hassan aggiunge un grande amore per gli altri, che esprime quotidianamente nella sua professione di Medico Gastroenterologo nella ASL di Viterbo, dove fa parte anche dell’équipe dello screening oncologico e dell’ambulatorio per gli immigrati.

La sua pacatezza e la sua gentilezza non lasciano trapelare i grandi dolori che ha conosciuto e non ci soffermeremo sulle atrocità che i suoi occhi di giovane ragazza hanno dovuto vedere. La sua forza viene dalla sofferenza, ma anche da una nuova consapevolezza. In una calda mattina di fine ottobre ci racconta di sè e del suo operato in ambito umanitario, della volontà e della forza per costruirsi un futuro, per affermare i valori del diritto internazionale per i suoi fratelli africani.

Naima, cominciamo degli inizi della sua storia…

“Sono dovuta fuggire dalla mia terra, la Somalia, negli anni ’90 a causa della guerra civile che ci ha portato via tutto. Arrivo a Torino, dove già abitava una delle mie sorelle e riesco a terminare gli studi di Medicina che avevo appena iniziato a Mogadiscio. Poi mi trasferisco a Roma per la specializzazione e qui conosco l’amore, Andrea, anche lui medico gastroenterologo come me. Sono anni di grande studio e tanta fatica, ma anche pieni di entusiasmo”.

E’ stata vittima di discriminazione?

“Si, è capitato. Ma qui in Italia ho anche incontrato persone che mi hanno trattato come una figlia, che mi hanno voluto bene”. La dedizione al lavoro è stata ed è  piena, lavorando tutti i giorni senza saltarn nemmeno uno. Nessun Natale a casa, nessuna domenica in famiglia; baby sitter, assistenza agli anziani, tanti sacrifici insieme alle mie sorelle per far mangiare tutta la famiglia in Italia e anche i parenti rimasti in Somalia, con i pochi soldi della borsa di studio umanitaria con cui riescire a mantenere nove persone.

Il suo quadro famigliare oggi?

“Vivo accanto a mio marito, Andrea Masini, anche lui medico, abbiamo costruito una bella famiglia e una vita serena, senza scordare la mia Africa e le persone che ogni giorno lottano anche solo per un sorso d’acqua”.

Nel suo Paese, la Somalia cosa succede?

“La Somalia vive da anni in una situazione di grave arretratezza e instabilità: non c’è un governo, anche se dal 2012 è una Repubblica Federale divisa in cinque Stati autonomi. E’ un Paese dimenticato che sta attraversando un’emergenza catastrofica a causa della più lunga e grave siccità mai vissuta nella sua storia, quasi quarant’anni. L’ONU ha parlato di ‘acuta insicurezza alimentare’. Persone e animali muoiono stremati dalla debolezza e dalle malattie”.

E’ tornata recentemente nel suo Paese?

Sì, nel 2021 alcuni di noi sono tornati in Somalia, a Garowe precisamente, capitale della regione del Puntland e, visitando quei villaggi sperduti, siamo rimasti colpiti in particolare dal villaggio di Awr Culus, dove vivono 5400 persone in condizioni estremamente drammatiche. Sono circa 700 famiglie, ognuna con anche sei figli, che si sostengono principalmente solo con la pastorizia. Manca il denaro per far studiare i bambini e i ragazzi. Non esiste assistenza sanitaria, molti di loro non hanno mai visto un medico, scarseggia l’acqua potabile… Lo Stato è assente e si vive dei sussidi inviati dall’estero. E’ da quel viaggio chè è nato il progetto Riempiamo la Scuola“.

Ci spieghi meglio..

“Quando siamo tornati a casa, grazie all’aiuto dei nostri amici e colleghi (medici e avvocati) abbiamo creato il progetto Riempiamo la scuola e raccolto donazioni che ci hanno permesso e ci permettono di pagare la retta della scuola a 105 studenti dall’inizio del 2021. Poi nel 2023  insieme a mia sorella Alia abbiamo fondato l’Associazione Nadifo Odv“.

Da chi è composta e di cosa si occupa?

“La Nadifo Odv è formata da otto soci italiani e somali, sette donne e un uomo, siamo gli effetti della diaspora somala, emigrati trent’anni anni fa e arrivati in Italia, in Svizzera, negli USA, in Gran Bretagna… Anche in Svezia e in Canada. Abbiamo studiato e siamo diventati medici, infermieri, mediatori culturali. Abbiamo lavorato sodo, senza mai dimenticare le nostre origini, aiutando le nostre famiglie, sperando un giorno di poter tornare e sostenere la nostra amata e sofferente Somalia. Il successo del progetto Riempiamo la scuola ci ha spinti a occuparci del villaggio intero”.

Quali sono le urgenze?

Partiamo dalle più gravi: la siccità, con il progetto Mai Senza Acqua, grazie al quale è stato scavato un pozzo, ma per farlo funzionare mancano la pompa, il generatore, i serbatoi, le tubature e le opere edilizie di servizio. La situazione abitativa, progetto Casa Per Tutti, poiché molte famiglie sono costrette in  situazioni di sovraffollamento e in pessime condizioni igieniche. Il Progetto salviamo Awr Culus e dintorni che affronta la malnutrizione e le malattie infettive. Manca qualsiasi presidio medico e un’adeguata rete stradale: il più vicino ospedale è a 60 km di distanza. In questa situazione le donne in gravidanza e i neonati perdono spesso la vita per l’impossibilità di essere trasportati in ospedale. Abbiamo realizzato un piccolo locale di primo intervento e una sala travaglio con quattro culle per i neonati e quattro letti per le puerpere”.

Chi sono i vostri finanziatori?

Nella regione di Puntland non arriva nessun aiuto umanitario, siamo completamente soli. Ci autofinanziamo con le donazioni che ci arrivano dagli amici dell’associazione, creando eventi per farci conoscere e con le nostre sole forze sosteniamo 117 persone e 322 scuole in Somalia. Il progetto Riempiamo la scuola mi sta particolarmente a cuore perché l’istruzione, imparare un mestiere, è alla base della dignità di ogni vita umana e il porto sicuro che permette di sfuggire alla fame e alla devianza. In un posto dove è così difficile anche sopravvivere, l’abbandono scolastico è in aumento. Il nostro desiderio ora è di costruire una residenza scolastica per permettere ai giovani di vivere accanto alla scuola e anche acquistare un autobus per garantire la frequenza ai ragazzi dei villaggi vicini”.

Ci indichi il progetto più coinvolgente per i donatori…

Certamente il pranzo conviviale  nella mia casa a Viterbo dove cucino personalmente insieme a mia sorella… Dal 2023, nel mese di  maggio, a casa mia a Viterbo organizzo un’intera giornata di incontro dove si mangia insieme in allegria… Io cucino tantissimo, cibo buono e di grande qualità. Lo abbiamo ripetuto anche a Roma il 4 ottobre, un momento speciale, una vera festa tra amici che porta del bene a tante persone.

Quali sono le modalità di sostegno per aiutare il suo popolo?

L’Organizzazione no profit Nadifo prevede queste opzioni: con una donazione di 15,00 euro si sostengono i costi di studio per un bambino per un mese, con 180,00 euro, i costi di studio per un bambino per un anno. Una donazione minima di 20,00 euro è sufficiente per l’acquisto di materiale didattico per 4 alunni, con 30,00 euro si può acquistare l’abbigliamento scolastico standardizzato per un bambino per un anno e con 100,00 euro si sostengono i costi per un bidello/guardiano per un mese e con la stessa cifra si assicurano le pulizie per un mese”.

NADIFO

Un gesto libero adeguato alle tasche di ognuno.

Oggi la dottoressa Naima è una voce che lancia le sue grida nel deserto, senza nessuna intenzione di fermarsi perchè consapevole che il primo bene di un popolo è la salvaguardia della sua dignità. E una maggiore stabilità in Africa non è solo nell’interesse degli africani: è un vantaggio per il mondo intero.

In occasione del VII vertice tra l’Unione africana e l’Unione europea che si terrà il 24 e 25 novembre a Luanda, in Angola, è doveroso rendere giustizia al popolo africano. E’ così che i leader europei possono aprire una strada.

Naima Abdddulkadir Hassan_d

“L’Istruzione è l’arma più potente che si possa utilizzare per cambiare il mondo”. (Nelson Mandela)

In Somalia è emergenza siccità - Osservatorio Diritti

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