Tuscia in pillole. La voce grandiosa di Fausto Ricci

di Vincenzo Ceniti*

Fausto Ricci con la moglie

La “pillola” di questa settimana è dedicata a Fausto Ricci, baritono viterbese (1892-1964) che nella prima metà del Novecento fece onore alla nostra città con la sua voce, giudicata da Arturo Toscanini grandiosa e di una bellezza incomparabile. L’”Omaggio” che il Touring Club gli dedicò nel 2012, nel 120° anniversario della nascita, ebbe l’effetto di riproporlo all’attenzione dei suoi concittadini, tanto che un anno dopo, nel 2013, gli venne dedicato un Concorso di canto lirico internazionale che festeggia oggi il decimo anno di attività. Se ne è interessò Giuliano Nisi alla guida dell’associazione “XXI Secolo” con la direzione artistica di Fabrizio Bastianini e il sostegno della stesso Touring Club.

Quel desiderio di rapportarsi con i giovani, che Ricci sostenne nell’ultima stagione della sua vita, è stato ampiamente ripagato ogni anno da centinaia di iscrizioni al Concorso da ogni parte del mondo, dovute anche ai nomi di giurie prestigiose, presiedute di volta in volta da Vip della lirica, come Fiorenza Cossotto, Alfonso Antoniozzi, Desirée Rancatore, Luciana Serra, Fiorenza Cedolin e Josè Carreras. Quest’anno alla guida della giuria è il soprano Raina Kabaivanska, presente alla serata finale del prossimo 16 ottobre al Teatro Unione di Viterbo.

Dal 1916 (debutto ufficiale in Aida al Costanzi di Roma nel ruolo di Amonasro), Fausto Ricci ha calcato i palcoscenici di molti teatri italiani ed europei (Vienna, Berlino, Madrid, Londra), non dimenticando mai la sua città dove ritornava appena possibile. Fu a Viterbo nel 1919 nel Faust di Gounod, una delle opere a lui più congeniali insieme ad Andrea Chenier di Giordano. Nel 1924 sposò Rosina Quatrini da cui ebbe due figli Gloria e Agostino. Ancora a Viterbo nel 1931 nella parte di Marcello ne la Boh[ème di Puccini. Memorabili il concerto per beneficenza in piazza del Plebiscito a Viterbo nel 1938 e nell’anno successivo l’esibizione ne La forza del destino di Verdi. Va ricordato che sulla scena era anche un bravo attore (qualità rara in quei tempi), data l’amicizia con Ermete Zacconi e Ruggero Ruggeri da cui apprese i fondamentali della recitazione. Nel 1938 dette anche la voce nel film “Fiori senza primavera” ispirato ad un episodio della vita di Johann Strauss. Negli anni Cinquanta lo vediamo insieme a Beniamino Gigli nel convento di Sant’Angelo presso Vetralla in una rimpatriata tra amici.

Ebbe anche modo di cantare alla fine degli anni Venti del secolo scorso in alcuni teatri del sud America, come il Colòn di Buenos Aires, anche per festeggiare il volo transoceanico di Francesco De Pinedo. Fu proprio in quella circostanza che ricevette dalla critica uno dei complimenti più graditi “Di fronte alla voce di Ricci – scrisse un giornalista argentino – quella degli altri cantanti non è adatta neppure a chiamare un taxi all’uscita del teatro”. Ma l’apprezzamento più ruspante fu quello che gli lanciò dal loggione dell’Unione di Viterbo un suo concittadino durante la Forza del destino del 1939: “Ammazzate che pornelle”. Ma c’è dell’altro. “Chi ha più polvere spari” avrebbe detto a Lina Pagliughi dietro le quinte, prima di entrare in scena.

Fu uno spirito libero, ribelle ad ogni sopruso e per questo poco gradito al regime fascista. L’etichetta di “anti” gli cadde addosso per caso, in seguito al diverbio con un impresario che voleva imporgli un contratto capestro. Al suo rifiuto, come per vendetta, gli venne attribuito il marchio di nemico del regime. Nel 1944 si rese protagonista di un episodio a dir poco singolare. Era rifugiato con la sua famiglia in una grotta nei pressi di Viterbo. I tedeschi lo scovarono e lui avrebbe detto “Sono il baritono Fausto Ricci ed ho un invito del maresciallo Kesserling per un concerto alle forze armate germaniche di stanza a Roma”. L’ufficiale tedesco non credette a quelle parole e ritenendolo un traditore ordinò la fucilazione immediata. Ricci, vistosi perduto, intonò a gran voce il suo cavallo di battaglia, quel “Nemico della patria” (dall’Andrea Chenier) che proprio in Germania gli aveva creato tanta popolarità, attribuendogli finanche il titolo di “cantante di Dio”. E questo bastò per chiarire l’equivoco.

La sua discografia non è assortita ma di grande qualità. Alcuni suoi vinile, molto ricercati, sono gelosamente custoditi dalla figlia Gloria (96 anni) nella casa di Viterbo insieme ad altri cimeli. Ci ha lasciato un volumetto abbastanza prezioso dal titolo emblematico “Come si canta”. Organizzò pure a Viterbo una scuola di canto per indirizzare i giovani allo studio della lirica. Tra i suoi allievi ricordiamo il baritono italo-americano Ido Mencotti che debuttò a Viterbo nel 1955.
Con lui Fausto Ricci prese parte nel 1960 ad un recital in occasione dell’inaugurazione dell’Auditorium Giovanni XXI di Viterbo, l’attuale teatro San Leonardo. .
“La musica – diceva – è la voce dell’umanità, per l’elevazione e l’affratellamento di tutti i popoli”.
Morì a Viterbo il 4 novembre 1964. Il Comune gli ha dedicato una via e il Touring Club una targa.

Scoprimento della targa nella via di Viterbo a lui dedicata
Scoprimento della targa nella via di Viterbo a lui dedicata
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Fausto Ricci con Beniamino Gigli nel convento Passionisti a Sant’Angelo presso Vetralla

 

Nella foto cover Fausto Ricci con la moglie Rosina Quatrini

 

 

L’autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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