Gianni Ambrosini e gli Sfollati, il teatro amatoriale un viaggio nel cuore della tradizione

di Donatella Agostini

L’immagine identificativa  è una valigia gialla demodé, dall’aria vissuta e un po’ acciaccata, ma ancora pronta a contenere esperienze e ricordi di quel viaggio appassionante che è la vita. E se è vero che il teatro è la forma di arte che rispecchia meglio tutte le sfaccettature della nostra esistenza, allora quella valigia può diventare il simbolo vincente di una nuova compagnia teatrale amatoriale: un gruppo di amici, innanzitutto, tutti con un’esperienza decennale di palcoscenico alle spalle e pronti ad affrontare nuove sfide. Gianni Ambrosini è uno dei fondatori: sorriso contagioso e grande comunicativa, ci parla con entusiasmo della nascita del “Gruppo Teatro Gli Sfollati”, l’ultima iniziativa che ha contribuito a realizzare come tributo di amore nei confronti del suo paese, San Martino al Cimino. «Durante la nostra prima riunione ci guardavamo tutti un po’ spaesati. Ho detto: ragà, sembriamo degli sfollati! Il nome è piaciuto a tutti e abbiamo deciso di adottarlo. E la valigia gialla del logo esiste davvero: era uno dei bagagli che i miei genitori utilizzarono per il loro viaggio di nozze».

La compagnia teatrale degli “Sfollati” è nata da poco, ma ha già in programma date e attività. «Stiamo preparando “Il vizio di papà”, commedia divertente conosciuta grazie al film “Il vizietto”, con Tognazzi e Serrault. Il 12 luglio la porteremo a Ombre Festival, a Viterbo. Poi andremo a Pitigliano, Soriano e altre località della Tuscia. E la valigia gialla ce la porteremo appresso: vorrei che tutti gli attori ci mettessero un portafortuna personale, e che sia posizionata di lato, sul palco. A ricordarci chi siamo, da dove veniamo e le strade che ci aspettano». Oltre all’attività teatrale vera e propria, Gianni e gli altri “Sfollati” gestiscono l’associazione Borromina, che cura le visite guidate teatralizzate a Palazzo Doria, la sontuosa dimora seicentesca della principessa Donna Olimpia Pamphili. «Prima che il palazzo fosse chiuso per lavori di manutenzione, accompagnavamo i visitatori vestiti in abiti d’epoca, per visite guidate immersive e coinvolgenti. Speriamo che il palazzo possa riaprire presto, così da poter riprendere anche questa attività».

Vero figlio dei Cimini, con papà sanmartinese e mamma canepinese, maestra nel realizzare il mitico fieno, Gianni ha tatuati nel cuore i frammenti di vita trascorsa nelle vie del paese dov’è nato e cresciuto. «Il ricordo di mia nonna, degli amici d’infanzia… di un tempo in cui la qualità della vita e i rapporti umani erano migliori. Per me San Martino è ancora questo. E nel 2012, nel tentativo di promuovere e far conoscere meglio il paese, ho fondato la Proloco. Oggi è guidata da Elisa Turchetti: è in gambissima, ha una bella squadra di giovani, organizzano eventi di successo. Sono molto contento di questo e del generale risveglio culturale di San Martino». Borgo da lui così amato da essere spesso protagonista dei suoi scatti fotografici: Ambrosini è anche un ottimo fotografo. «C’è una foto che ho scattato due anni fa, durante la processione del Cristo morto: un’immagine del Vicolo di Lungo, con i tetti delle case digradanti, la statua, la gente in processione, una luce particolare. Ecco… mi emoziona ogni volta che la guardo». In fondo, amare il proprio luogo di origine significa anche non abituarsi mai alla sua bellezza. «Io abito fuori san Martino. Ma tutti i giorni ho la necessità di farmi un giro dentro il paese, perché mi dà l’idea di entrare in un ventre materno. Mi dà l’idea di un abbraccio». La stessa sensazione che provano i sempre più numerosi turisti che affollano la suggestiva piazza principale. «Arrivano tanti pellegrini della Francigena, da quando hanno ripristinato il percorso. Ci sarebbe da valorizzare l’accoglienza con delle strutture, per esempio realizzando un ostello. Mi viene in mente il vecchio monastero delle suore, ormai chiuso e abbandonato, proprio all’inizio del paese, che sarebbe perfetto».

Come perfetta è la scenografia naturale data dalle piazzette raccolte, dalla mole dell’Abbazia che sembra un gigante buono: dotato di una precisa e orgogliosa identità, tanto da essere chiamato anche “Il Principato”, San Martino al Cimino è esso stesso un prezioso palcoscenico, pronto a ospitare rappresentazioni divertenti e interessanti nelle prossime serate estive. «Il teatro è spesso vittima del pregiudizio di chi lo ritiene sorpassato e noioso. Noi per esempio facciamo commedie brillanti: ci piace far divertire la gente», afferma Gianni. «Ma poi a teatro si fa cultura, si fa letteratura… è un manuale di vita. Tu vai, ti diverti, impari, immagazzini e porti a casa. E, a differenza del cinema, il teatro non è mai uguale a se stesso, come ogni buon prodotto artigianale. Magari un attore si dimentica una battuta, e rimedia mettendoci del suo… il teatro è un pezzo di artigianato che viene plasmato dagli attori in tempo reale, e ogni spettacolo è diverso dall’altro. Poi, se ti trovi in un bel gruppo di attori che si trova in sintonia… la sintonia è fondamentale, come pure la sincerità nei rapporti. Ho sempre considerato il teatro una seconda famiglia. Ci si confida, ci si aiuta, si va a cena insieme, senza limiti di età». Insieme ad Ilaria Posati, Gianni cura anche della scuola di teatro per i più giovani che frequentano l’oratorio. «Con il sostegno di don Fabrizio Pacelli, parroco di San Martino, facciamo fare teatro ai bambini dalla quinta elementare fino alla terza media. Stiamo preparando una commedia, “Nella veglia raccontiamo”, tre atti brevissimi in cui si parla del paese, delle tradizioni, dei soprannomi. Facciamo riscoprire ai bambini la storia e il dialetto di San Martino: è importante. Ed è altrettanto importante che i ragazzi facciano teatro, perché ti apre un mondo. Quando ho iniziato ero un diciannovenne timidissimo, non spiccicavo parola. Il teatro mi ha fatto diventare più socievole e curioso nei confronti degli altri, mi ha aperto la mente. Sono diventato il Gianni di oggi, come mi conoscono tutti». Il teatro inoltre sviluppa nei ragazzi le capacità empatiche. «Certamente, perché ti devi calare nel personaggio, pensare come quel personaggio, e hai la possibilità di impersonare qualcuno di tanto diverso da te. Riesci in qualche modo ad assumere un altro punto di vista, e questo ti permette di avere mille volti… uno, nessuno e centomila, no?».

 

I componenti del “Gruppo Teatro Gli Sfollati”:

Stefano Cenani (presidente), Gianni Ambrosini (vicepresidente), Simone Morucci (regista e direttore artistico), Marisa Asia Delle Monache, Sebastian Serafini, Elena Tatananni, Rosita Posati, Federico Genova, Elena Fornai, Antonio Marcucci.

San Martino al Cimino. Festività a Palazzo Doria Pamphilj tra storia e golosità nella tradizione | TusciaUp

il piccolo principato di San Martino al Cimino il vero palcoscenico

 

 

www.facebook.com/Gruppo-Teatro-Gli-Sfollati

 

 

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