«Se l’è cercata». Le parole del patriarcato

Le parole del patriarcato

Lo sentiamo dire spesso, se ne fa un gran parlare, soprattutto in questo periodo. Ci affidiamo all’autorevole firma di Beatrice Cristalli per istituto Treccani. Le parole del patriarcato

1. «Se l’è cercata»

Lo sentiamo dire spesso, a volte lo pensiamo pure. Questa espressione è una delle tante formule della cosiddetta “vittimizzazione secondaria” (victim blaming) e indica la tendenza a colpevolizzare le vittime di violenza, in quanto corresponsabili del reato e/o dei trattamenti subìti. Adottare questa prospettiva linguistica ha forti implicazioni sul nostro modo di percepire tutti i gradi della piramide della violenza. Rafforza pertanto già alcune spie presenti nel nostro linguaggio, cioè nelle nostre idee sul mondo e sulle persone. «Se l’è cercata», di fatto, evidenzia un sottile compiacimento in chi lo dice. Ci assolve, ci deresponsabilizza, ma soprattutto giustifica chi ha commesso violenza, sminuendo, di fatto, la condizione di vittima, che vive un’umiliazione “raddoppiata”. La vittima, in questo stereotipo, diventa non una delle cause del reato, ma la causa, per un comportamento o per un abbigliamento («Chi ha subito violenza sessuale poteva tranquillamente evitare di uscire svestita e anche di bere») ma anche per ingenuità («La vittima di violenza domestica si è cacciata da sola in quella situazione, perciò se l’è cercata»). È la stessa legge mentale che domina anche i casi di bullismo: l’inizio di una rissa viene attribuita a chi, dopo aver stuzzicato il can che dormiva, è stato morso. Segue… LEGGI L’ARTICOLO

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