Luciana Vergaro, così Clarice Tartufari ha saputo condurmi a “scavare” a Civita e a valorizzare la figura femminile

di Carolina Trenta

Nel settembre 2017, quando è andata in pensione come insegnante presso il Liceo Ginnasio Mariano Buratti di Viterbo, nessuno ha pensato che la prof.ssa Luciana Vergaro si sarebbe fermata nel suo buon ritiro con la vista più bella del mondo, la sua Bagnoregio e i meravigliosi calanchi.

La cultura è stato sempre il suo baricentro, l’ha vissuta da docente e da politica con la carica di sindaco, proprio in quel di Bagnoregio. Per lei il senso di essa è sempre stato abbastanza importante perché potesse dedicargli la sua vita, avallato da un percorso esemplare: titolare della cattedra di Italiano e Latino presso il Liceo ginnasio Mariano Buratti di Viterbo, responsabile organizzativa del Certamen Viterbiense della Tuscia, docente all’Università della Tuscia, nel dipartimento Disucom, sindaco del Comune di Bagnoregio con delega alla cultura 1995-1999, insegnante impeccabile di quella cultura antica che ha fatto della parola parlata, fin dalle origini, un veicolo di comunicazione del sapere, trasmessa a intere generazioni. Dal 2017 è in pensione, ma è rimasta l’indispensabile prosecutrice della divulgazione di un sapere oggi in corsa per essere riconosciuto come “patrimonio dell’umanità”.

 

La comunità bagnorese, andando verso il riconoscimento Unesco, ha scelto la strada della memoria, del ricordo, dell’omaggio ai suoi personaggi illustri, tra cui Bonaventura Tecchi, scrittore, giornalista, saggista, germanista e narratore italiano, uno dei più grandi del 900. E’ un atto dovuto?

La strada verso il riconoscimento UNESCO, intrapresa dall’Amministrazione comunale di Bagnoregio, guidata dal sindaco Luca Profili, e da Casa Civita, diretta da Francesco Bigiotti, a Bagnoregio trova testimonianza in una tradizione culturale straordinaria che ha i suoi vertici in San Bonaventura e in Bonaventura Tecchi, che, tra i numerosi incarichi ricoperti, annovera anche quello di membro del Comitato per l’UNESCO. Con le sue opere Bonaventura Tecchi ha fatto sì che Bagnoregio, Civita e la Valle dei Calanchi acquisissero la dignità di luogo letterario.

 

È stato quindi Bonaventura Tecchi a conferire a Civita Bagnoregio quell’aura di sacralità che la circonda e che oggi attrae così tanti turisti?  

Per gran parte sì, infatti Tecchi aveva le sue radici a Bagnoregio, da cui l’intonazione memorativa di parte della sua narrativa. Va detto, inoltre, che nel 1965 Civita è stata restituita alla vita grazie alla realizzazione della passerella pedonale, oggi ponte Fellini-Sordi, e questo è avvenuto grazie al suo interessamento. Sua è anche la celebre definizione di “Paese che muore”, con la quale lanciò un grido di allarme alla comunità internazionale per il recupero e la salvaguardia del Borgo minacciato dai crolli e dalle frane. Da quel momento è iniziata una continua campagna di sensibilizzazione, alimentata dai più importanti media, ispirati da Tecchi, presidente del Comitato di vigilanza della Rai.

 

Arriviamo all’oggi, con Civita  scoperto come un luogo di pura emozione…

Non è passato molto tempo poi perché Civita diventasse meta di artisti ed intellettuali ed iniziasse anche l’opera di ricostruzione, soprattutto ad opera di privati, e di consolidamento, che l’ha portata ad essere tra i borghi più belli d’Italia. Un atto dovuto, imprescindibile ricordare l’operato di Tecchi e valorizzarne la memoria e la produzione letteraria.

 

La sua operazione di recupero memoriale e documentario ha comunque un valore di testimonianza, è la vera radice di quello che siamo… 

Bagnoregio ha una secolare tradizione di storici e ricercatori di storia locale, un lavoro prezioso che ci permette di conoscere avvenimenti, usi, costumi, tradizioni di un passato che ci appartiene, in cui affondano le nostre radici comuni e che ci restituisce il senso di essere una comunità. Una comunità ha una sua storia  e recuperarne la memoria e documentarla, dunque, non è soltanto una pura e semplice operazione culturale, ma anche civile e sociale.

 

Il suo libro su  Clarice Tartufari riabilita una scrittrice da molti dimenticata e ci consegna un carteggio inedito proprio nelle lettere a Bonaventura Tecchi…

Un libro scaturito da un lungo lavoro di ricerca e approfondimento…L’idea nasce da un interesse prettamente locale: un suo romanzo, Il mare e la vela (1924), è ambientato tra Bagnoregio, Civita e Roma. Di qui, la curiosità di scoprire come mai la scrittrice avesse scelto questi luoghi come teatro della vicenda narrata e i suoi eventuali legami con i personaggi del luogo. Il reperimento di alcune lettere e cartoline nell’archivio Tecchi mi ha aperto nuovi campi di interesse e di ricerca, fino a raccogliere materiale per una pubblicazione.

 

Per chi non la conoscesse chi è Clarice Tartufari?

 E’ stata una scrittrice  importante che ha esordito nel 1887 e ha lasciato una ricca produzione, in versi, teatrale e narrativa, ma che ha avuto anche un’intensa attività giornalistica. Una personalità molto spiccata che ha scelto varie cittadine della Tuscia, e non solo, a sfondo delle vicende narrate e che ha lasciato una testimonianza dello spaccato della vita italiana  tra fine Ottocento e gli anni Trenta del Novecento.

 

Che significato ha per lei questa pubblicazione?

E’ un lavoro che restituisce un frammento di storia locale e del territorio che ho ritenuto valesse la pena di far conoscere; inoltre, ho voluto ricordare una scrittrice coraggiosa, che si è impegnata nel rivendicare i diritti delle donne all’interno della famiglia e nella società.

 

Candidare un luogo a sito Unesco significa individuare, riconoscere e organizzare la narrazione di un’identità che contiene elementi importanti di unicità?

Certamente, l’Amministrazione Comunale e Casa Civita stanno lavorando in questa direzione. Per quello che riguarda le attività del Centro Culturale Comunale Bonaventura Tecchi, che ho l’onore di presiedere, va detto che il recupero memoriale di questo paesaggio unico e straordinario trova nell’opera di Tecchi tutti gli elementi che ne caratterizzano l’eccezionalità.

 

Di questa “antica terra” Tecchi  cosa ha saputo cogliere?

Ne ha colto l’essenza, ogni vibrazione dell’aria, ogni variazione della luce, la precarietà e il dramma, lasciando una testimonianza straordinaria della vita e del paesaggio di Civita e della sua Valle, perfettamente in linea con i criteri contemplati dall’Unesco. Con questo luogo dell’anima, Tecchi sentiva una perfetta sintonia, sia etica che estetica: un contesto ambientale inviolato e incorrotto, in cui possano affermarsi valori come l’onestà, la dirittura morale, in una comunione perfetta tra l’uomo, la natura e le sue creature.

 

Secondo Lei che vive il luogo nella sua pienezza qual è il tratto di Civita che esprime  l’esempio straordinario di identità territoriale?

La sua unicità è resa dal particolare contesto geologico – ambientale e urbanistico, ma vorrei rispondere più precisamente con le parole di Tecchi: “…appollaiato sul tufo, circondato da tutte le parti solo dall’aria, come un uccello sulla punta più alta inaridita di un paesaggio morto”…un giro largo di “scrimi” bianchi, di punte secche di creta, di cavoni paurosi, al cui fondo lavorano due torrentelli paurosi… che resista ancora, sbranato dai terremoti, corroso dalle acque, finito ultimamente dalla guerra, è più un miracolo che cosa vera più leggenda che realtà”.

 

Qual è invece la specificità che cattura le centinaia di migliaia di visitatori che arrivano a Civita?

Per la sua stessa conformazione, Civita ha la peculiarità di suscitare nell’osservatore il senso della tragedia e di accenderne la fantasia con i suoi scenari fiabeschi. Un luogo di pura emozione.

 

La resilienza è il concetto alla base della candidatura Unesco: la coincidenza con questo tempo sospeso dalla pandemia facilita spontaneamente l’immagine straordinaria del luogo?

Civita è una sfida secolare tra l’opera dell’uomo e della scienza, da una parte, e le forze della natura, dall’altra; un laboratorio a cielo aperto, in cui il borgo combatte la lotta contro l’azione divoratrice del tempo. E a questo senso di precarietà e di lotta per l’esistenza, oggi, in tempi di pandemia, ci troviamo a essere particolarmente sensibili e esposti.

 

Proprio a Bagnoregio nel febbraio di questo anno è iniziato il suo percorso del Centro Culturale Bonaventura Tecchi. Come si trova a condividere impegno e responsabilità con un’ amministrazione giovane nel promuovere la cultura e l’identità?

Nel settembre 2020, esattamente un anno fa, la Giunta Comunale ha deliberato la costituzione del Centro Culturale Comunale Bonaventura Tecchi, conferendomene la presidenza. Il Centro, inaugurato nel febbraio successivo, ha iniziato la collaborazione con l’Amministrazione comunale. Va detto che nei paesi ci si conosce tutti e, quindi, questo facilita i rapporti. Quanto al fatto che si tratti di un’amministrazione giovane, in realtà ci sono assessori e consiglieri di età differente, ugualmente attenti e interessati alla cultura e all’identità del territorio; avendo poi trascorso una vita tra i giovani, questo non sarebbe certo per me  un problema, semmai un valore aggiunto e un’occasione di stimolo e di confronto. L’importante in ogni collaborazione è l’apertura al dialogo, la disponibilità al confronto e al rispetto dei ruoli.

 

Ci indichi progetti e programmi prossimi…

In questo primo anno di attività, il Centro Culturale Bonaventura Tecchi ha collaborato con l’Amministrazione comunale, con Casa Civita e con l’Associazione Juppiter nell’organizzazione delle Celebrazioni del VII Centenario della morte di Dante, culminato il 14 luglio scorso nella concessione della Cittadinanza onoraria a Dante Alighieri da parte del sindaco Luca Profili. Contestualmente, si sono aperte le celebrazioni per il Centenario del cambio di denominazione da Bagnorea a Bagnoregio, che si chiuderanno il 14 luglio 2022.

 

L’anno che verrà sarà un anno sul filo della memoria e dell’identità?

Il 2022 attraverserà gli ultimi 100 anni della storia bagnorese, in cui saranno ricordati fatti e personaggi che ne hanno segnato il percorso. Per quanto riguarda la valorizzazione dell’opera di Bonaventura Tecchi è  stata avanzata la proposta di istituzione di un parco letterario – naturalistico, dedicato allo scrittore, che si spera di poter realizzare nel medio termine, oltre a convegni e mostre documentarie.

 

Il concetto del tempo è vissuto oggi per lei in maniera diversa? Nei suoi scritti, nei suoi studi, cosa ha portato alla superficie che possa essere godibile o su cui riflettere?

Dopo anni frenetici vissuti tra famiglia, scuola e altri impegni aggiuntivi, oggi sicuramente ho ritrovato il valore di una vita dai ritmi più lenti, più silenziosa e raccolta. La lettura, la scrittura, la traduzione sono le attività a me più congeniali. Credo anche che sia importante lasciare spazio alla propria creatività, ideare, progettare qualcosa e vederne, possibilmente, la realizzazione, come è anche gratificante il prendersi cura di qualcuno o di qualcosa. Ognuno, secondo la propria personalità, scopre dentro di sé gli ambiti di interesse in cui impegnarsi, per migliorare la qualità delle proprie giornate, soprattutto quando si è giunti a vivere una “tarda estate” della propria esistenza… si tratta di recuperare la lentezza della vita per prendersi cura dell’ anima.

 

 

 

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