Loretta Biaggi: la bambola è una forma d’arte

di Carolina Trenta

Les bebè di Emile Jumeau

Si può dire che il XIX secolo rappresenta il “secolo d’oro” per l’evoluzione, l’affermazione e la diffusione della bambola che, da semplice e ristretto fenomeno artigianale, si avvia a diventare vera e propria industria, in perfetta sintonia con le esigenze dei “tempi moderni” che si profilano all’orizzonte.

Le raffinate caratteristiche tecniche e costruttive, nonché l’impiego di materiali innovativi quali la porcellana lucida e il biscuit, unitamente all’alto numero di oggetti prodotti, hanno fatto sì che molti esemplari di bambola ottocentesca siano giunti in buono stato fino a noi, favorendo così la nascita di molteplici interessi, tra i quali emerge quello collezionistico.

La viterbese Loretta Biaggi di questa collezione ne è l’emblema, per la signora gentile e raffinata che ci troviamo di fronte rappresenta molto di più: “Amo le bambole in biscuit del XIX secolo, i loro abiti e gli oggetti di complemento. Mi piace ricreare il loro mondo”.

Nella sua casa a Viterbo ha costruito un ambiente tutelato dedicato agli oltre 60 esemplari, il più antico dei quali, datato 1860, è attualmente in restauro nel laboratorio Tessili Antichi  diretto dalla prof.ssa Barbara De Dominicis all’interno del monastero di santa Rosa a Viterbo.

C’incuriosisce scoprire come per Loretta tutto sia iniziato. E allora proviamo a entrare nel magico mondo, in quella che la collezionista ha definito “la stanza delle bambine”.

 

Le bambole risvegliano in lei emozioni e ricordi?

Sì, molti. Questa mia grande passione è nata quando ero bambina, più o meno all’età di cinque anni. Un giorno una mia zia, quando ero sua ospite, per distrarmi tirò fuori da un cassetto una bellissima bambola di porcellana, non rigorosamente da collezione ma molto pregiata. La mia attrazione per la delicatezza dell’oggetto toccò mia zia che si lasciò scappare una promessa: me l’avrebbe donata per il mio diciottesimo compleanno, e così fu.

 

Fu quella la sua prima bambola? Sicuramente conserva lo spazio più importante …

Fu la prima, è vero, ma purtroppo quando mio figlio era piccolo la ruppe accidentalmente causandomi un grande dolore. Oggi comunque la conservo in una scatola come ricordo.

 

Quando in effetti inizia la sua collezione?

Nel 1987 feci un viaggio a Parigi e al mercato delle pulci scoprii un mondo. Soprattutto capii  che  la Francia  era all’avanguardia con innovatori come Emile Jumeau, tra i più grandi (le sue iniziali E.J. erano impresse sulle bambole dal 1885 per tutelare il prodotto di alta qualità che veniva già imitato da molti fabbricanti). In pochi potevano permettersi di acquistare una bambola Jumeau perché costava tanto, quanto lo stipendio di un operaio. La grande fabbrica, sita a Parigi in rue Pastorelle 8, contava numerose operaie divise tra i vari reparti, ognuna specializzata nelle singole fasi di lavorazione del prodotto, dalla preparazione dell’impasto fino alla vestizione. Fu lì che  per me scoccò la scintilla che ha marcato la passione della mia vita. In quegli anni la bambola non era un prodotto così tanto ricercato e collezionato, oggi lo è molto di più.

 

Quali sono i suoi canoni di scelta?

Amo ricercare i pezzi ed i complementi girando molto, più volte sono andata in Inghilterra nel periodo in cui mio figlio era studente. Ciò che mi ha sempre spinto è il momento d’incontro con l’oggetto, l’emozione che mi suscita nel contatto. Alla praticità delle bambole tedesche continuo a prediligere la raffinatezza delle bambole francesi, dei veri e propri capolavori di artigianato, ma confesso di adorare il loro corredo e tutti quegli oggetti in miniatura che le caratterizzano, come calze, scarpe, guanti, borse, ombrellini, gioielli. Li trovo di una bellezza unica.

 

Entriamo realmente nella stanza delle bambine…

Un luogo protetto all’inverosimile da luce e umidità. Nella stanza una intera parete è dedicata alle bambole, piccoli divisori definiscono ogni ambientazione rappresentata con il suo nome: “Festa per il cuginetto guarito dalla febbre”, “Dalla sarta prova dell’abito per la prima comunione”,  “Girotondo intorno al mondo”, “Un tè da madame Crisanteme”, “La nascita del piccolo Jean Baptist” e così via. Mi piace creare storie di vita quotidiana tra le bambole e gli oggetti, servono a creare le ambientazioni, proprio come se fossero dei quadri.

 

Ha mai fatto mostre?

Si una sola volta, in occasione della mostra dell’antiquariato a Viterbo, ma creare gli allestimenti di queste minuzie così delicate è davvero impegnativo e in fondo non è questo il mio obiettivo. La mia è una scelta che mi ha permesso di custodire il mio tesoro, cui riversare passione e dedizione.

 

La sua ricerca di bambole continua? Oggi dove si indirizza?

Ci sono diverse case d’asta con cui ho tessuto un rapporto che mi inoltrano i loro cataloghi, e internet ci permette di arrivare ovunque. Quando mi è possibile continuo a cercarle anche viaggiando, recarmi sul posto è anche il punto d’incontro con nuove lingue e nuove culture.

 

Per pura curiosità, qual’è stata la quotazione massima per una bambola?

Al Drouot di Parigi, il 19 marzo 1982 una bambola francese dell’ultimo scorcio dell’Ottocento, alta 56 centimetri, di fabbricazione Jumeau, con testa di bisquit modellata dallo scultore Albert Marqué, è stata acquistata per 50 milioni di lire, mentre nel 1983 a Los Angeles, in un’asta, una bambola simile ha fatto registrare una valutazione di 60 milioni di lire.

 

 Le sue bambole sino a che periodo coprono?

Dal 1860 la prima (in restauro), ai primi del ‘900. Sono circa 60 esemplari, mi posso ritenere la più importante collezionista di bambole del territorio.

Prima di darci commiato Loretta aggiunge: “Amo i gatti e ne accudisco molti, così come amo l’antiquariato”, a sottolineare come il suo sia un sentimento singolare con una pluralità di declinazioni.

Bambola antica
Il pezzo più antico della collezione

Le ambientazioni

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